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17 novembre 1966: nasce Jeff Buckley, artista perfetto e immortale

Creato il 17 novembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

“Dal profondo di se stesso, Jeff faceva scaturire un ululato primordiale dopo l’altro. Strillava, sospeso nel vuoto tra la sofferenza più pura e l’estasi totale”. Queste le parole di Gary Lucas, amico e collaboratore, nel descrivere Jeff Buckley, che oggi avrebbe compiuto 48 anni.
Se con perfezione ci si riferisce a una composizione tecnicamente ineccepibile che rispetti ogni canone precedentemente fissato in campo musicale, Jeff Buckley non era perfetto. Se con perfezione, invece, ci si riferisce a una carica emotiva tangibile e dolorosa che spinge ogni nota sempre più in alto, allora sì: Jeff Buckley era perfetto.

Costantemente teso verso il divino, l’artista americano non vive una vita facile. Nato il 17 novembre 1966 a Anaheim, una città del sud della California famosa soprattutto per aver dato i natali a Leo Fender, è a tutti gli effetti un figlio d’arte: suo padre è Tim Buckley, anche lui cantautore, attivo negli anni ’60 e ’70. Proprio da questa figura scaturiscono i maggiori conflitti interiori di Jeff: Tim abbandona la famiglia prima che il figlio nasca e muore il 29 giugno 1975 per overdose. Jeff lo vede solo due volte: la prima quando ha due anni, la seconda quando ne ha otto e trascorre una settimana assieme a lui, alla sua compagna e alla bambina che hanno adottato. Poi, più nulla. Solo la presenza costante di un vuoto fin troppo solido.

Un vuoto, però, che non gli impedisce di partecipare, nell’aprile del 1991, ad un concerto in memoria di Tim, nella chiesa di St. Ann, a New York. Come lui stesso rivelerà qualche anno dopo durante un’intervista a Rolling Stone, quel concerto rappresentò l’ultimo saluto al padre, l’ultima occasione per dirgli qualcosa, qualsiasi cosa. E, nondimeno, l’occasione di prendere definitivamente le distanze dal “figlio di Tim Buckley” per diventare a tutti gli effetti Jeff Buckley.

Nonostante l’assenza del padre, Jeff cresce circondato dalla musica. La madre è violoncellista e pianista, mentre il patrigno lo introduce all’ascolto dei grandi artisti del rock e della musica classica. È proprio lui a regalargli il 45 giri Physical Graffiti dei Led Zeppelin, che saranno lungo tutta la sua carriera un’enorme ispirazione. Comincia a suonare dopo aver trovato una vecchia chitarra appartenuta alla nonna, quando ha appena sei anni.
La sua è una vita in movimento: la famiglia si trasferisce più volte e lui stesso, una volta preso il diploma, va a vivere a Los Angeles e si iscrive a una scuola di musica. Ascolta tanto, tantissimo, e si fa influenzare dai generi più diversi, dal rock, al jazz, al soul. Vive per alcuni periodi a New York, in una ricerca di fortuna simile a quella che aveva spinto il padre, anni prima, ad abbandonare la famiglia. Ritorna a Los Angeles per registrare quattro brani con l’aiuto di Herb Cohen, ex manager del padre; alcuni di quei pezzi rappresenteranno il nucleo del futuro Grace.

“Greetings from Tim Buckley” ha una vera e propria funzione di spartiacque per la vita di Jeff: divide la gavetta di inizio carriera da una lenta e allo stesso tempo repentina affermazione.
Jeff comincia a collaborare con Gary Lucas, chitarrista conosciuto in occasione del concerto in memoria di Tim. Si fa conoscere nell’ambiente newyorkese, acquisisce una nuova carica e una nuova forza che gli permettono, finalmente, di farsi strada. Il suo talento comincia ad essere riconosciuto come un talento geniale, e non come il talento scialbo e sopravvalutato del figlio qualunque di una rockstar morta per overdose.

E poi arriva Grace. Un album che si impone, che non può essere semplice sottofondo. Le urla e i sussurri di Jeff stregano l’ascoltatore fino a dominarlo con il loro purissimo dolore e la loro emotività straniante. Il successo è enorme. Grace diventa un classico, al livello dei grandi album del passato, tanto che è strano pensare che sia un prodotto dei non molto remoti anni ’90.
Jeff comincia ad essere circondato dalla frenesia del music business; è qualcosa che sopporta poco e dunque inizia ad esibirsi in giro per gli Stati Uniti sotto vari pseudonimi, cercando di recuperare quello che lui stesso definì “il prezioso e insostituibile lusso del fallimento, del rischio, della resa”.

Dopo il tour inizia a scrivere materiale per il nuovo album. Le cose, però, non vanno come previsto.
Il 29 maggio 1997, mentre si sta dirigendo in studio per alcune sessioni di registrazione, Jeff chiede al suo roadie Keith di accostare. Keith accosta. Accanto a loro scorre il Wolf River. Lento, immutabile, maestoso. Jeff scende dal furgone. Ha voglia di farsi un bagno nel fiume. L’ha già fatto in passato e dunque, con aria spensierata, si avvia in acqua canticchiando Whole Lotta Love dei Led Zeppelin. In quel momento, però, un battello sta navigando lungo il fiume; l’ipotesi più accreditata è che il transito del mezzo abbia creato un gorgo e che Jeff ne sia stato risucchiato. Jeff scompare sotto la superficie piatta e silenziosa.
Il corpo viene ritrovato solo il 4 giugno. L’autopsia accerta che nel corpo dell’artista non vi erano nè alcool nè droghe al momento della morte. Un incidente, insomma. Uno di quegli incidenti spiazzanti, che ancora oggi si fatica a capire appieno.
I funerali vengono celebrati il primo agosto nella chiesa di St. Ann, la stessa chiesa in cui, sei anni prima, Jeff era salito sul palco e aveva dato un ultimo saluto al padre. Quel giorno del 1991, tra le canzoni eseguite c’era anche I never asked to be your mountain, scritta da Tim proprio pensando a Jeff e alla madre. Un verso, a posteriori, assume un significato pregnante e inquietante: “I’m drowning back to you”. E in effetti è stato così.

Sono passati ormai diciassette anni da questa morte improvvisa. Come sempre in situazioni del genere, è impossibile non chiedersi cosa’altro avrebbero potuto creare quella mente geniale e quella voce divina.
Una certezza, però, la abbiamo, e basta inserire Grace nello stereo per rendersene conto: Jeff Buckley è, e rimarrà sempre, un artista immortale.

Tags:gary lucas,grace,jeff buckley,music,musica,retròpost,tim buckley

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