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A roma 2000 anni fa...

Creato il 30 maggio 2012 da Francy
A ROMA 2000 ANNI FA...COUNTDOWN  A  ROMA 40 DC - DESTINO D'AMOREDI ADELE VIERI CASTELLANO

- 1 GIORNO ALL'USCITA DEL LIBRO, SIAMO TUTTE IN FIBRILLAZIONE! SCOPRIAMO  QUALCOSA IN PIU' SUL FANTASTICO SETTING DI QUESTO ROMANZO: ROMA ANTICA, LA MEGALOPOLI AL CENTRO DI UN IMPERO DI GRANDIOSE PROPROZIONI: ROMA CAPUT MUNDI...
“Forse uno dei guai dell’Italia e proprio questo: di avere per capitale una città sproporzionata, come nome e come passato, alla modestia di un popolo che quando grida “Forza Roma!” allude soltanto ad una squadra di calcio.”Indro Montanelli, giornalista e storico, (1909-2001)
A ROMA 2000 ANNI FA...Immaginatevi Calcutta, Caracas, Tokio. Insomma una delle nostre megalopoli, multirazziali, affollate, sporche, monumentali. Questa era Roma antica, una città delle iperboli che per numero di abitanti non conobbe eguali: un milione e non solo romani. Iberi, africani, greci, germani, ebrei, cilici, etiopi, mauri, traci, sarmati… non posso elencarli tutti. Sappiate solo che Roma, in epoca imperiale, viveva già gli stessi nostri contrasti, i sintomi di una violenta globalizzazione che nel tempo fece implodere l’Impero dal suo interno.
Grandi dimore private, insule di cinque, sei piani, baracche, tendopoli, templi e monumentali complessi pubblici. Un mosaico difficile da ricostruire poiché i secoli e altri uomini vi hanno costruito sopra un altro tessuto che, man mano che viene scavato, rivela la complessità di un agglomerato urbano senza pari nella storia dell’umanità. Strade anguste, vicoli maleodoranti, vie lastricate a dorso di mulo in cui la pioggia faceva da unico netturbino, vie rettilinee e ampie pullulanti di carri la notte, visto che in centro era proibito transitare di giorno.

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Romani nel Foro, il cuore della città

Il centro erano i Fori, ovvero le piazze circondate da edifici pubblici, basiliche e templi. I Fori non erano solo la sede del governo e della giustizia ma i luoghi dove si concludevano affari, si acquistava e si vendeva, si parlava, si partecipava a cerimonie e manifestazioni. E nelle basiliche, imponenti edifici con decine di ambienti, si tenevano processi, comizi e molti nullatenenti vi trovavano riparo. E i templi dove si adoravano divinità italiche e di origine straniera che proteggevano quella che all’epoca era la più popolosa metropoli della terra.Il concetto di “razza” era pressoché sconosciuto e i quartieri più popolosi erano l’Esquilino e il Viminale, per non parlare poi della Suburra, dove si trovavano le bettole più malfamate, i lupanari più infimi e ladri e fuorilegge di ogni risma.

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Spaccato di una domus, tipica abitazione di lusso
situata all'interno delle mura della città

Per le strade, dopo il tramonto, era una sfida al destino. Ma per centinaia di migliaia di poveracci, ve ne erano altri che vivevano in magnifiche abitazioni immerse nel verde. Magistrati, capi militari, politici, banchieri abitavano al Quirinale, sull’Aventino, sul colle Oppio o sul Celio. Le domus di solito erano circondate da mura, con un giardino interno e ad un solo piano. Con piscine, terme, porticati grandi giardini.E il lavoro? Era un concetto indefinito. Non era una risorsa per vivere questo è certo, almeno non per tutti. Fatica e sudore, lavori umilianti e pesanti erano destinati agli schiavi mentre i più ricchi dedicavano, dopo una mattinata di attività pubblica, gran parte del pomeriggio all’otium, tempo dedicato alla cultura, allo svago.

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Le terme di Traiano(ricostruzione)

Uno dei principali luoghi di ritrovo, di incontro, di trattative politiche e di piacere, erano le Terme, costruite di solito da un facoltoso uomo politico o da un condottiero che avesse ricavato grandi proventi dalle sue campagne militari. In epoca imperiale, nella sola Roma, c’erano ben undici complessi termali pubblici e più di ottocento privati dove per entrare si pagava qualche asse (prima moneta romana in bronzo). Le terme divennero ben presto un A ROMA 2000 ANNI FA...simbolo di Roma e della sua filosofia di vita. A Roma, per far funzionare questi enormi complessi confluivano la bellezza di ben undici acquedotti e ancora oggi la Fontana di Trevi è alimentata dall’Acqua Vergine, un acquedotto di origine romana che dai tempi di
Augusto, quindi da duemila anni, fornisce di acqua pura alcuni quartieri della capitale, compresa l’altra celebre fontana di Roma, la Barcaccia, in Piazza di Spagna.
Dell’acqua corrente usufruivano pochi abitanti di Roma, così come del riscaldamento, ad ipocausto. Ma i romani ci hanno lasciato abitudini, modi di dire, oggetti di cui spesso ignoriamo l’origine. Più che inventare i romani furono scaltri ad adattare e ad approfittare scoperte di altri popoli: la botte di legno dei Galli, o l’arco composito, che veniva dall’Oriente.

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Inventarono anche le toilet pubbliche!

Le serrature di ferro, tanto per cominciare, erano assai complicate e molto simili alle nostre. Un’altra eredità classica è la porta che si apre verso l’interno: era per rispettare il suolo pubblico e non ingombrarlo. Inventori del calcestruzzo (mirabile la cupola del Pantheon), delle condotte fognarie, inventori delle zone pedonali, furono i primi a registrare edifici e proprietà in una sorta di primitivo catasto. I manifesti elettorali sulle mura di Pompei, la bonifica della Pianura Padana, il prosciugamento del lago del Fucino e la Cascata delle Marmore, creata dalla costruzione di un canale che ebbe per scopo lo svuotamento di una palude, quella del Velino.I fondamenti del diritto occidentale derivano dal Diritto Romano, anche se con profonde differenze  e molti nomi di cariche pubbliche sono state riesumate durante la Rivoluzione Francese o da Napoleone (senato, municipio, pretore, repubblica, preside, questore…)
A noi sono rimasti i nomi dei mesi, il giorno festivo introdotto dagli imperatori cristiani, il Ferragosto, ovvero le Feriae Augusti  (riposo di Augusto), che in epoca romana venne istituito  dall'imperatore Augusto nel 18 a.C., festività aggiunta a quelle già esistenti e antichissime, come le Consualia per celebrare i raccolti e la fine dei lavori agricoli. L'antico Ferragosto aveva lo scopo di fornire un periodo di riposo necessario dopo le fatiche profuse durante le settimane precedenti. Nel corso dei festeggiamenti, in tutto l'impero, si organizzavano corse di animali da tiro, cavalli asini e muli che venivano dispensati dal lavoro e agghindati con fiori. Tali antiche tradizioni rivivono oggi, pressoché immutate, durante il palio dell’Assunta, che si svolge a Siena il 16 agosto, mese dedicato appunto ad Augusto.

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Il Pantheon, tempio di tutti gli dèi

I romani hanno inventato le candele, a base di grasso animale (sego), commestibili e si potevano quindi mangiare, in caso di estremo bisogno e sembra che anche la superstizione del numero 17 sia colpa dei romani: l’anagramma del numero in cifre romane XVII è VIXI, che in latino significa “vissi”, “sono vissuto”. Ovvero, sono morto.
Inventarono l’ombrello a stecche, usato per farsi ombra e non per la pioggia, il bikini, la bilancia a due piatti, le forbici, la lente d’ingrandimento, il mulino ad acqua, il prosciutto crudo e la mortadella. Lo scambio degli anelli durante il matrimonio e la torta nuziale
Per concludere una curiosità sui nomi: Fabio, Marco, Massimo, Livia, Claudia, Camilla, tutti di origine romana. Ma come mai i romani avevano così tanti nomi?
Gli uomini prendevano tre appellativi, a volte anche quattro: praenomen, nomen, cognomen qualche volta l’agnomen. Facciamo A ROMA 2000 ANNI FA...un esempio con Marco Quinto Rufo, protagonista del mio libro Roma 40 d.C. Destino d'Amore (Leggere Editore).
Marco è il praenomen, il nome proprio. Quinto è un altro praenomen visto che non era insolito per i romani, soprattutto in età imperiale, “ereditare” il nome di qualche avo oltre a quello del padre, ed essere conosciuti anche con due praenomen. Su un altro libro che ho scritto compare anche il padre di Marco Quinto Rufo così saprete tutto sulla sua genealogia, per accontentare anche le lettrici più esigenti. Sappiate solo che egli discende dalla Gens degli Aurelii Fulvi. Per le più attente, quindi il nome completo di Marco Quinto Rufo è Marco Quinto Aurelio Rufo.Il nomen indicava l’appartenenza ad una stirpe (Gens) dunque è in questo caso è Aurelio. Il cognomen infine indicava una caratteristica fisica o un’impresa che aveva compiuto la persona: in questo caso Rufo si riferisce al colore rosso. L’agnomen o si riferiva anch’esso ad una caratteristica fisica oppure si usava in caso di adozioni.
A ROMA 2000 ANNI FA...Dai tempi di Silla l’uso dei tre nomi divenne una tradizione e i discendenti furono costretti (o onorati) di portare i nomi dei loro antenati, anche se magari il colore rosso con loro non aveva nulla a che fare. Per quanto riguarda i nomi femminili, la società romana non usava attribuire veri e propri nomi personali alle donne. Mentre gli uomini ne possedevano tre, la donna ne aveva solo uno. A otto giorni dalla nascita delle bambine si celebrava il rito di purificazione con l'acqua: parenti e amici portavano doni e alla piccola si imponeva il vero praenomen, custodito in segreto nell’intimità familiare. Al di fuori dell’ambito domestico si assegnava poi alla bambina il nomen, quello della gens paterna con le aggiunte del caso, per distinguerla dalle sorelle e secondo l’ordine di nascita: Maior, Minor oppure con un soprannome per le sue caratteristiche fisiche: Rutilia o Fulvia (di capelli rossi), o ancora Morrula (bruna).
Livia, Giulia, Claudia, Drusilla  diventavano Livia Minor, Livilla Maior, Giulia Secunda, Livia Quinta e via così. In epoca imperiale al nome gentilizio di solito si aggiungeva il genitivo del nome del padre oppure quello del marito. Nelle cerimonie nuziali alla domanda del marito “Qual è il tuo nome?” la sposa doveva infatti rispondere di chiamarsi con lo stesso nome di lui e al precedente nomen gentilizio paterno subentrerà o si aggiungerà quello dello sposo.
IMMERGETEVI NELLE AFFASCINANTI ATMOSEFRE DI ROMA ANTICA!


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