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Conosci Johnny Staccato? - Il Festival Jazz di Chiasso e il Noir anni Cinquanta

Da Pianetagay @pianetagay
Conosci Johnny Staccato? - Il Festival Jazz di Chiasso e il Noir anni CinquantaL’edizione 2012 del Festival di Cultura e Musica Jazz, che compie quindici anni, avrà come incipit programmatico, la curiosa dicitura: Conosci Johnny Staccato?
Una forma interrogativa che ci trasporta in una specifica dimensione: quella dei film noir degli anni ‘50, un periodo storico che vede anche lo sviluppo stilistico della musica jazz, la quale passa dall’era dello swing a quella del be-bop, un linguaggio fortemente innovativo ed antitetico al precedente, che ritroviamo espresso nella musica di straordinari talenti come Charlie Parker, Clifford Brown, Max Roach, Miles Davies ecc.. In questo filone cinematografico la musica non ebbe solo la funzione di supporto alle immagini, ma nella felice simbiosi con la pellicola generò nuove situazioni sceniche ed ambientali, inducendo nei confronti dei tanti spettatori molti richiami sia di tipo comportamentale che di costume. Questo spaccato viene raccontato nel nostro caso attraverso i film dell’attore, regista, sceneggiatore, nonchè produttore cinematografico americano John Cassavetes, grande cultore di jazz, che nella fortunata serie cinematografica di Johnny Staccato, interpreta un pianista jazz (bebop) che si diletta a fare il detective per hobby, e che, tra una jam-session e l’altra, si trova avventurosamente invischiato nelle trame di più losche e oscure di storie e personaggi della downtown newyorchese.
Oltre le righe di questo sottotitolo, l’obiettivo principale che comunque ci ha orgogliosamente sollecitato ed impegnato nella programmazione della nuova edizione del festival è stato quello di suggellare degnamente il traguardo dei quindici anni che la rassegna compirà proprio nel febbraio 2012.
Tre lustri, durante i quali il Festival di Cultura e Musica Jazz di Chiasso ha avuto modo di crescere e di inserirsi nel già ricco e variegato contesto delle iniziative musicali del territorio ticinese ritagliandosi una sua ben definita fisionomia artistica ed una riconosciuta nomea, che per i tantissimi affezionati spettatori è sinonimo di originalità, qualità e stile.
In passato, nomi celebri ne hanno segnato la storia, ed il percorso incominciato nel lontano 1987 verrà ripreso nella nuova edizione con rinnovato vigore, e sulla medesima direzione intrapresa.
Il programma dell’edizione 2012 prevede la partecipazione di alcuni tra i più grandi protagonisti del jazz di livello mondiale: da Joshua Redman a Francesco Cafiso, dal polistrumentista e compositore di celebri colonne sonore Michel Portal, alle voci mirabolanti di Cristina Zavalloni e Anne Ducros. Per continuare poi con il geniale trombonista Glenn Ferris , sempre più calato nella sfera della sperimentazione jazzistica, e con la cantante Hindi Zahra.
Tra le assolute novità del festival 2012, quella di sabato 11 febbraio, che vedrà impegnata sul palcoscenico della spazio Officina la Staccato Jazz Band, un ensemble di circa venti musicisti costituita appositamente per l’occasione, e composta dai più straordinari e funambolici strumentisti della scena musicale svizzera, italiana ed internazionale.
Il Festival verrà realizzato anche grazie ad alcune collaborazioni strategiche, come quella con l’Accademia di Architettura di Mendrisio, la cui direzione ha bandito un concorso interno all’istituto ed un workshop tenuto dal Prof. Favaro al fine di realizzare gli allestimenti delle strutture interne ed esterne allo Spazio Officina; e quella ancor più preziosa e da anni attiva, con la RSI Rete Due che, oltre a promuovere il festival con contributi ed interviste, registrerà tutti i concerti in cartellone.
Comitato Organizzatore Festival Jazz 2012
Jazz oltre il Noir
Conosci Johnny Staccato? Rispondere a questa domanda vuol dire far parte alla grande famiglia degli appassionati di jazz e di cinema. Jazz & Cinema, un connubio poetico che ha segnato una delle epoche più significative della storia del cinema e della musica. Quella del Film Noir, che dal dopoguerra sino alla fine degli anni Cinquanta ha prodotto alcuni capolavori indimenticabili. Erano film dalle atmosfere urbane, dalla fotografia contrastata, con protagonisti di dubbia moralità, gangster e donne fatali. Il jazz ne era lo sfondo sonoro e con le sue melodie e i suoi scatti sincopati contribuì in modo determinante alla creazione del genere: il Noir, appunto. Un genere, o forse meglio uno stile, che è tornato in voga a metà degli anni Novanta, sia nella letteratura che nel cinema, per rendere conto degli anni inquieti che stiamo vivendo. Johnny Staccato è una serie televisiva americana del 1959-60, dal taglio cinematografico e contenutistico innovativo, con protagonista l’attore (e soprattutto regista) John Cassavetes, grande cultore di jazz che nella serie interpreta un pianista bebop con il gusto del detective, che tra una jam-session e l’altra si trova paracadutato nelle storie più losche e oscure della downtown newyorchese. Un omaggio quindi a John Cassavetes (ricordate la musica di Mingus per il film Shadows già proiettato ad una delle prime edizioni del festival?), al film noir, alle grandi colonne sonore jazz. Un filo rosso (o noir?) interpretato dagli studenti dell’Accademia d’architettura di Mendrisio per l’allestimento scenografico e che viene ripreso anche nella programmazione musicale con la presenza di Michel Portal, storico compositore, clarinettista e sassofonista francese autore di numerose colonne sonore (che gli valsero in tre occasioni la vittoria ai César) e con una prima assoluta, un progetto originale pensato appositamente per la quindicesima edizione che porterà sul palco dello Spazio Officina la Staccato Big Band, un poliedrico ensemble, formato da tra i più funambolici ed originali strumentisti della scena svizzera, italiana ed internazionale del jazz, i quali faranno da sparring partner per la stupenda vocalità di Anne Ducros, stella incontrastata del panorama delle vocalist internazionale. Il programma si dipana poi liberamente ripercorrendo le vie che altri grandi interpreti della musica afroamericana hanno percorso nelle precedenti edizioni lasciando spazio a protagonisti come il sassofonista californiano Joshua Redman, la cantante Cristina Zavalloni (con il suo progetto dedicato a Charles Aznavour), il fluido trombonista Glenn Ferris (lo Stan Getz del trombone come amano definirlo, che ha suonato con Tony Scott, Michel Petrucciani, ma anche con Frank Zappa e Tim Buckley!), la cantante franco-marocchina Hindi Zahra, rivelazione in ambito world con la sua mistura originale di jazz, musiche berbere, marock ed elettronica e i consueti after e dj’s set. Un festival che si vuole noir, ma anche estremamente colorato e variegato: jazz oltre il noir potrebbe essere lo slogan di questa quindicesima edizione. E se non conoscete Johnny Staccato, cosa aspettate?
Noir
In effetti quello che verrà definito noir, ma che all’origine viene chiamato piuttosto crime movie o gangster movie, nasce in parte proprio per accompagnare film più famosi (la serie A) nelle doppie proiezioni dell’epoca. Sono film prodotti per fare quattrini con investimenti minimi, realizzati sovente in una manciata di giorni, sfruttando set di altre pellicole o esterni spogli e poco illuminati, demandati inizialmente, prima che le mayor intuiscano le potenzialità commerciali del genere, a compagnie di produzione minori (una su tutte la RKO di Val Lewton). Attori e registi sono spesso degli emeriti sconosciuti (perlomeno al momento delle riprese), sbarcati dal vecchio continente, in fuga dal nazismo, esordienti o con carriere a un punto di stallo (nevvero Bogey?). Eppure, nonostante i limiti, grazie al talento e alla libertà visionaria (non dimentichiamo che siamo in pieno maccartismo) dei suoi autori - registi e attori, ma anche direttori della fotografia, sceneggiatori di scuola hard boiled, compositori ecc. – questi film così detti di serie B diventano ben presto per molti dei loro artefici un trampolino di lancio verso la celebrità e costituiranno uno dei capitoli più importanti e ambiti della storia del cinema, destinato a durare oltre un decennio (per convenzione dal 1941 al 1956) e ad essere frequentato e reinventato sino ai nostri giorni. I film prescelti sono rappresentativi a loro modo di questo fenomeno portato all’eccesso laddove a mezzi sovente irrisori corrispondono riuscite di grande rigore e qualità artistica. Sono noir che incarnano l’arte della sintesi, dell’elissi e dell’allusione, che anticipano tematiche scomode con linguaggi spregiudicati e che ci affascinano per la loro congenita modernità stilistica. Visioni di una città oscura e di una “folla solitaria” in cui gli individui, persi i punti di riferimento identitari, rimangono esposti al caos del mondo e della propria interiorità messa a nudo. Senza vie di fuga. Come non riconoscersi?
“CONOSCI JOHNNY STACCATO ?”
Festival di cultura e musica jazz di Chiasso 2012
XV edizione
PROGRAMMA
Anteprima al Teatro Sociale di Como
Domenica 5 febbraio ore 20.30
Francesco Cafiso Quartet
Francesco Cafiso, sax alto
Paolo Birro, pianoforte
Marco Micheli, contrabbasso
Francesco Sotgiu, batteria
Nel 2002, a soli 13 anni, ha saputo stupire Wynton Marsalis per il suo talento naturale e incontenibile. Da allora ha vinto premi importanti come quello di Urbisaglia, intitolato a Massimo Urbani, o come la World Saxophone Competition di Londra, si è affermato nel Top Jazz, referendum della rivista italiana Musica Jazz, che lo ha riconosciuto miglior nuovo talento nel 2005, e un anno dopo si è diplomato in flauto. Il 2009 è stato per lui un anno particolare: in gennaio si è esibito a Washington DC nell’ambito dei festeggiamenti in onore di Barak Obama, e in luglio Umbria Jazz lo ha nominato “ambasciatore della musica jazz italiana nel mondo”. Oggi, dopo una serie impressionante di riconoscimenti e dopo aver suonato con illustri maestri del calibro di Hank Jones, Cedar Walton, Dave Brubeck, Mulgrew Miller, Enrico Rava, Franco D’Andrea e Franco Cerri, per non citarne che alcuni, Cafiso è già una stella di prima grandezza nel firmamento del jazz cosiddetto “mainstream”. E ha solo 22 anni. Qui si presenta in compagnia di un trio molto esperto capitanato da Paolo Birro, che nell’ormai lontano 1996 è stato nominato miglior nuovo talento italiano e non ha mai smesso di confermarsi tra i più affidabili pianisti della scena nazionale, ed è tra l’altro autore del volume Master in piano jazz edito da Ricordi.
Chiasso, Spazio Officina
Giovedì 9 febbraio
ore 20.30
Joshua Redman Trio
Joshua Redman, sax soprano e tenore
Greg Hutchinson, batteria
Reuben Rogers, contrabbasso
Figlio d’arte, Joshua non si è mai fatto intimorire dall’ombra del padre, il grande sassofonista Dewey Redman, grazie al quale è entrato da giovanissimo in contatto con mostri sacri del jazz moderno come Ornette Coleman e Keith Jarrett. Al contrario, si è sempre distinto per la sua forte personalità a cominciare dall’esordio, al Village Vanguard nel 1990 e proprio insieme al padre, con il quale quindi non ha esitato a confrontarsi anche direttamente. Una personalità che si è poi rivelata appieno in progetti intriganti come l’Elastic Band, un tributo alla flessibilità creativa del groove per un atipico trio “elettrico” senza basso, con le tastiere di Sam Yahel e la batteria di Brian Blade, o come il quartetto James Farm. Dal 2004 al 2007 è stato direttore artistico dell’ensemble SFJAZZ Collective, un ottetto in continua evoluzione che negli anni ha visto ruotare solisti di vaglia come Joe Lovano o Dave Douglas per presentare al San Francisco Jazz Festival programmi originali dedicati ai grandi maestri, da Monk a Coltrane. Ha anche scritto la colonna sonora per l’ultima fatica del regista Louis Malle, Vanya sulla 42esima strada, e ha persino interpretato il ruolo di Lester Young nel film di Robert Alman Kansas City, ma resta prima di tutto un “giovane leone” con molte frecce al suo arco espressivo. Non a caso, Redman si mostra perfettamente a suo agio anche alle prese con l’affascinante quanto rischiosa formula del trio “secco”, ovvero senza strumento armonico, che va sperimentando da qualche anno in ottima compagnia.
Ore 22.30

Cristina Zavalloni Idea Quartet

“Per caso Aznavour”

Cristina Zavalloni, voce, arrangiamenti, composizione
Stefano De Bonis, pianoforte, Fender Rhodes

Antonio Borghini, basso elettrico

Cristiano Calcagnile, batteria
Vocalist tra le più versatili in circolazione, in grado di passare con disinvoltura dal jazz alla musica classica, Cristina Zavalloni rappresenta come pochi altri l’ideale estetico del musicista moderno. Ha cantato Bach e interpretato ruoli operistici da soprano, come quello di Lucilla ne La scala di seta di Rossini, e insieme all’attività in ambito jazzistico e sperimentale ha sempre coltivato uno spiccato interesse per la musica contemporanea e la composizione. Da Schoenberg, Berio e Stravinski fino alle prime esecuzioni di pagine dell’olandese Louis Andriessen, nulla sembra essere precluso alla sua proteiforme vocalità, costantemente tesa verso nuove esperienze espressive. È significativo, in questo senso, il nome del gruppo che ha fondato nel 1994, Open Quartet, con il quale si è tra l’altro confrontata con le canzoni di Bertold Brecht, e basta scorrere il lungo elenco delle sue collaborazioni per apprezzare il suo inafferrabile eclettismo, dai Sentieri Selvaggi di Carlo Boccadoro fino al mandolino brasiliano di Hamilton de Hollanda. L’amore per la grande canzone d’autore è tornato a pulsare quando ha ascoltato per caso alcune canzoni di Charles Aznavour e subito, sulle tracce della sua poetica e accompagnata da un trio affiatatissimo, ha dato vita al suo personale omaggio discografico dal titolo Solidago, il cui repertorio sta alla base di questo bel progetto che riflette bene anche le sue qualità di compositrice. Musica per niente casuale, ricca di tutte le esperienze accumulate negli anni eppure aperta alla casualità di un incontro vivificante che regala, come sentiremo, emozioni imperdibili.
Venerdì 10 febbraio
ore 20.30
Glenn Ferris Trio “Ferris Wheel”
Glenn Ferris, trombone
Erdie Oodom, voce
Bruno Rousselet, contrabbasso
È un trombone enciclopedico, quello di Glenn Ferris, figlio del geniale eclettismo di Don Ellis che, dopo avergli insegnato i rudimenti di teoria, composizione e improvvisazione, decise di arruolare il talentuoso sedicenne californiano nella sua straordinaria orchestra. Quattro dischi in sei anni di quell’esaltante palestra creativa ed eccolo pronto per una nuova avventura ancor più spericolata, se possibile, alla corte di Frank Zappa che, su consiglio di George Duke, fece di lui il trombone solista della sua Grand Wazoo Orchestra. Era ancora giovanissimo, ma da quel momento Glenn Ferris non si è più fermato e, da buon camaleonte artistico in perenne metamorfosi, ha attraversato gli universi sonori di Billy Cobham, Stevie Wonder, Tony Scott, Steve Lacy, Franco D’Andrea e dei Duran Duran, per non citarne che alcuni. Dopo essersi trasferito in Francia, dove insegna tra l’altro al Conservatorio di Parigi, è infine approdato ad una serie di formazioni decisamente originali nelle vesti di leader, come il Pentessence Quintet e soprattutto come il suo atipico trio fondato nel 1995 insieme al contrabbassista Bruno Rousselet e al violoncellista Vincent Segal. Ferris ha esplorato a lungo le potenzialità dell’inedita formula, e nel 2009 ha deciso di tentare un’ardita variante sostituendo il violoncello con la voce di Ernie Oodom, per inoltrarsi a modo suo, con raffinata semplicità, nei territori espressivi della canzone swing. Una nuova sfida che affronta con le giuste dosi d’ironia, di virtuosismo e di freschezza narrativa.
Ore 22.30
Michel Portal “Bailador Quintet”
Michel Portal, clarinetto basso, sax alto e soprano
Ambrose Akinmusire, tromba
Bojan Z, piano, tastiere
Scott Colley, contrabbasso
Nasheet Waits, batteria
Improvvisatore di razza, il polistrumentista francese Michel Portal è un importante quanto estroso architetto del più audace jazz di stampo europeo, attivo anche nell’ambito della musica contemporanea e capace come pochi altri di calarsi con somma efficacia in contesti molto diversi. Musicista di solida formazione classica, ha studiato tra gli altri con il grande direttore d’orchestra Pierre Dervaux e vanta collaborazioni con compositori illustri come Karlheinz Stockhausen, ma la caratteristica principale della sua parabola artistica è sempre stata quella di sfuggire sistematicamente a semplici schemi e appartenenze codificate. Dall’improvvisazione radicale al mistero conturbante del tango evocato da uno dei suoi strumenti, il bandoneon, Portal ha sempre saputo imporre la sua forte personalità di compositore, che lo ha portato a scrivere anche per il cinema. Con Bailador è tornato ad esaltare la melodia cantata con libero vigore, una latineggiante brezza sonora d’irresistibile euforìa esaltata dalle qualità di una sorta di supergruppo che può contare su altri leader, come il pianista serbo Bojan Z e il contrabbassista Scott Colley. Un quintetto capace di accogliere la creatività di solisti che appartengono a generazioni diverse, con il giovane trombettista Ambrose Akinmusire, a suo tempo pupillo di Steve Coleman e oggi solista affermato sulla scena internazionale, accanto ad un batterista di consumata esperienza come Nasheet Waits. Un sapiente cocktail d’ispirazioni musicali per infiammare memorabili esperienze d’ascolto.
Ore 24.00
Hindi Zahra
Hindi Zahra, voce e chitarre
line-up con 6 musicisti TBA, da annunciare
Marocchina di nascita e parigina d’adozione, Hindi Zahra è una delle rivelazioni della scena musicale autoriale francese. Coqueluche della critica e del pubblico d’oltralpe (ma non solo, ormai), ha vinto il premio Constantin 2010 per il miglior album e il premio alle Victoires de la Musique 2011 quale miglior album di musiche del mondo. Non è allora un caso che sia stata rimarcata dalla Blue Note per l’album d’esordio Handmade, un gioiellino, che, con nonchalance tutta pop, intreccia mirabilmente ballate bluesy, atmosfere soul-jazz, timbriche berbere e scarnificati arrangiamenti manouche. Un mosaico incantevole dalle tonalità cangianti che non si lascia intrappolare in categorie di consumo e che comprende chicche quali “Oursoul” (cantata in berbero), “Stand Up” e “Beautiful Tango” (non perdetevi il video di Tony Gatlif!). Autrice dei brani e polistrumentista, Hindi è soprattutto interprete dalla voce suadente e screziata, ispirata da miti quali Ella Fitzgerald e Nina Simone alle quali rende omaggio nell’EP di prossima uscita, ma anche dalle dive del raï e del châabi come Rimitti e dall’egiziana Oum Khalsoum, che ascoltava da ragazzina. Attorniata da ottimi strumentisti, Hindi è una sophisticated lady che sa interpretare con intelligenza e raffinatezza la musica meticcia della contemporaneità cosmopolita. Per un after che ci cullerà lascivamente sino a notte fonda…
Ore 01.30
Dj Carlo Cannone
Dj-set
Nato nel Tavoliere delle Puglie nel 1972 in una ridente cittadina in prossimità del mare. Ha speso i sui primi squattrinati anni nella devozione al vecchio Garage-Punk dei anni 60’, affogando l’apatia del bigottismo dilagante del sud Italia, in una sana e spensierata serie di serate danzanti tra intimi della “scena”. Pian piano devoto per sempre al Rythm’n’Blues ed in generale al Soul e alla Black Music e soprattutto alla collezione maniacale di dischi originali in vinile. Nei anni successivi lo spettro musicale si è allargato sempre di più anche alle radici del Blues e del Jazz, allo Swing, al Jazz Modernista, allo Spirtual Jazz, al Free-Jazz e per quanto riguarda gli anni 60’ alla Psychedelia e al Freak-Beat. L’elemento costante nel selezionare dischi, come disc-jockey, è comunque stata la ricerca continua di produzioni che hanno come filo conduttore lo spirito della Black Music, anche provenienti da aree geografiche come: Africa, Oriente e Sud America.
Sabato 11 febbraio
ore 20.30
Staccato Big Band & Anne Ducros
Paolo Russo, Luca Calabrese, Alberto Mandarini, Felice Reggio - trombe
Rudy Migliardi, Beppe Caruso, Danilo Moccia, Alessandro Castelli - tromboni
Giulio Visibelli, Corrado Sambito, Germano Zenga, Tino Tracanna, Gilberto Tarocco - sax
Giuseppe Emmanuele - piano e direzione
Mario Toscano - chitarra
Attilio Zanchi - c.bass
Marco Castiglioni - batteria
Special Guest: Anne Ducros - voce
Una big band costituita ad hoc per un piccolo grande festival è già di per sé una notizia, in un periodo in cui le formazioni orchestrali sono sempre più rare e faticano parecchio a sopravvivere. La Staccato Big Band & Anne Ducros, poi, riunisce molti dei migliori jazzisti attivi nel Nord Italia e alle nostre latitudini, per realizzare gli arrangiamenti originali di Giuseppe Emmanuele che sottolineano il tema del Festival ammiccando a celebri colonne sonore e mettono in bella evidenza i molti brillanti solisti che la impreziosiscono. Nasce così, ad esempio, una sezione tromboni che teme pochi confronti, con il “nostro” Danilo Moccia accanto a Rudy Migliardi e Beppe Caruso, entrambi specialisti anche sul basso tuba. Per non parlare degli altri nomi illustri della scena italiana, da Giulio Visibelli e Alberto Mandarini fino a Tino Tracanna e Attilio Zanchi, tutti al servizio di un direttore e arrangiatore di provata esperienza e di una voce d’eccezione, la francese Anne Ducros. Si è formata sul grande repertorio barocco prima di dedicarsi anima e corpo al jazz, a metà degli anni ‘80, imponendosi rapidamente per la sensualità dell’approccio, la tecnica, l’intelligenza musicale e un prezioso senso dello swing, doti naturali che hanno spinto la critica ad acclamarla come una delle realtà vocali più entusiasmanti in circolazione, degna erede della grande tradizione che fa capo a Sarah Vaughan ed Ella Fitzgerald. L’incontro con l’inedita big band si annuncia quindi ricco di promesse, per un approccio musicale tutt’altro che di-staccato.
Ore 24.00
Grand Mother’s Funck
Daniel Aebi - Drums
Thomas Reinecke - Bass
Andreas Michel - Keys
Alex Hedriksen - Sax
Rich Fonje - Vocals
Ohle Gagneux – Perc.
Bernhard Häberlin – Guit.
René Mosele – Trombone
Fondato nel 1993 a Burgdorf, il Grand Mother’s Funk è uno strepitoso collettivo che sprizza groove da ogni poro, una vera e propria esplosione funkeggiante. Molti dei migliori musicisti della scena svizzera hanno contribuito alla sua storia, dal trombonista Bernhard Bamert al percussionista Andi Pupato passando per special guests come la cantante Sandy Patton e il trombettista Matthieu Michel. Della formazione originaria resta oggi soltanto il batterista Daniel «Booxy» Aebi, che vanta tra le altre collaborazioni quella con la band di George Gruntz, ma nonostante i numerosi avvicendamenti i Grand Mother’s Funk hanno sempre saputo mantenere intatto il loro potenziale espressivo, musicalmente tellurico e irrefrenabile. L’anima del gruppo, come indica il nome, è legata a filo doppio alle fonti ancestrali del funky e affonda quindi le sue radici nel blues per aprirsi poi, con spontanea creatività, ai generi d’elezione dei singoli musicisti. Il trombone jazz di René Mosele, forte delle esperienze con il pianista Chris Wiesendanger e con l’orchestra di Martin Streule, la calda voce soul di Rich Fonje, la vena afrobeat della chitarra di Bernhard Häberlin, elemento portante dei Faranas, l’alpine funk di Thomas Reinecke, bassista di fiducia della virtuosa di corno delle alpi Eliana Burki, sono tutte spezie che danno sapore e rendono irresistibile il cocktail musicale dei GMF. Nel loro ultimo album, The proud egyptian, si fanno largo altri ammicamenti all’hip-hop, al Rhythm and Blues, al rap, e il risultato è una nuova folata di freschezza che garantisce qualità e dosi di sano divertimento danzereccio in quantità industriali.
Ore 01.30
Dj Carlo Cannone
Dj-set
Nato nel Tavoliere delle Puglie nel 1972 in una ridente cittadina in prossimità del mare. Ha speso i sui primi squattrinati anni nella devozione al vecchio Garage-Punk dei anni 60’, affogando l’apatia del bigottismo dilagante del sud Italia, in una sana e spensierata serie di serate danzanti tra intimi della “scena”. Pian piano devoto per sempre al Rythm’n’Blues ed in generale al Soul e alla Black Music e soprattutto alla collezione maniacale di dischi originali in vinile. Nei anni successivi lo spettro musicale si è allargato sempre di più anche alle radici del Blues e del Jazz, allo Swing, al Jazz Modernista, allo Spirtual Jazz, al Free-Jazz e per quanto riguarda gli anni 60’ alla Psychedelia e al Freak-Beat. L’elemento costante nel selezionare dischi, come disc-jockey, è comunque stata la ricerca continua di produzioni che hanno come filo conduttore lo spirito della Black Music, anche provenienti da aree geografiche come: Africa, Oriente e Sud America.

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