Magazine Diario personale

Dovevo sposare uno scrittore. (O forse no)

Da V

Ho sempre avuto un debole per gli artisti,per le menti contorte e i cuori pieni di malessere.
I musicisti sono stati il mio pallino per lungo tempo,tutti-dico tutti-i ragazzi che ho avuto suonavano uno strumento o cantavano. Sono stata anche con un Billy Corgan con capelli,come ho già scritto da qualche parte.(E si,lo frequentavo solo per la sua somiglianza con il frontman degli Smashing Pumpkins). La mia vera grande passione,però, sono sempre stati gli scrittori.
Le parole raccontano non solo le storie per cui sono state scritte,ma bisbigliano-tra le virgole,tra sintassi scomposte,tra ‘ma’ invece che ‘e’,tra metafore e puntini di sospensione-la vita di chi le scrive.
E ti si ficcano sotto la pelle quelle maledette parole,quelle maledette vite d’inchiostro. Io volevo sposare uno scrittore. Non un cantante,un avvocato,un attore. No,uno scrittore. Volevo chi sapesse giocare con le parole,perchè potesse raccontare di me. Dipingermi con le lettere. Volevo leggermi come ci si guarda allo specchio,ma non con i miei occhi. Volevo essere (ri)costruita con le parole,con le parole del mio scrittore.
Per saper scrivere,bisogna essere caduti più di una volta.Lo scrivere,lo scrivere bene,sta nel momento in cui i tuoi piedi si staccano da terra e i tuoi occhi vedono il suolo farsi sempre più vicino;i nervi sentono già il dolore della botta. È li che sai-con una lucidità disarmante- che stai per disintegrarti,per ferirti,per perdere qualche pezzo di te. Il dolore che verrà non è altro che la colla che terrà assieme il talento.
È nel momento in cui senti il vuoto del disequilibrio nello stomaco,che troverai le parole,che non potrai più fare a meno delle parole. Ho sempre creduto che uno scrittore riuscisse a leggere i racconti disegnati sulla pelle,gli incubi nascosti negli sguardi sfuggenti.

Per tutti questi motivi e per la mia estrema coerenza,sto con un Ingegnere.

Per un Ingegnere due più due fa sempre quattro. Non c’è via di scampo. Non ci sono figure retoriche o licenze poetiche ad abbelire la logica,schietta,brutale,univoca e unidirezionale.Le nostre menti sognano in lingue diverse,i nostri occhi catturano particolari differenti della realtà.
L’incognita,per lui,non è affascinante mistero,ma un valore da trovare nel minor numero di passaggi possibili. La mia dis-logica,così etichettata dall’Ingegnere,si getta e si sgretola contro la sua inoppugnabile ragione,sostenuta da ipotesi e prove empiriche.
Si blocca,la sua mente,nelle mie storie preferite,nelle mie parole preferite,incapace di leggere tra gli spazi che,secondo logica,sono solo vuoti.

Ho sempre scordato che lo Scrittore è pur sempre,prima di tutto,un uomo. La sua arte si regge generalmente su pilastri d’insicurezza che devono costantemente essere rinforzati da lusinghe e conferme del suo talento,profuse-se possibile-da avvenenti signorine.
Lo Scrittore capisce le crepe della tua vita,se ne può addirittura innamorare. Ma non le saprà mai aggiustare. Per quello ci vuole un Ingegnere. Non userà parole,ma la concretezza delle azioni. Rimetterà insieme i cocci calcolando con estrema precisione indici di resistenza e coefficienti di pressione.
Lo scrittore viene a fondo con te,conosce l’odore pungente della disperazione,conosce i vuoti e i pensieri che portano troppo lontano da te stesso. Sposare uno scrittore significa, però, avere un rapporto a tre:tu,lui e il suo ego spropositato. Perchè lo Scrittore,con quella sua aria fragile e depressa che tanto mi attrae,è in realtà dotato di un ego smisurato che tende a mascherare con il fascino da poeta maledetto.
L’Ingegnere non verrà a fondo con te,mai.Non ne vede la praticità. Piuttosto ti costruirà una scala in modo che tu possa risalire(anche una scala mobile,se sei molto pigra).

Rido mentre ti dico:”Dovevo sposare uno scrittore!”,mentre nella mia testa penso ‘O forse no’.

V.

 

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