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Eighty Blues ovvero non si esce vivi dagli anni’ 80 parte 3

Creato il 07 maggio 2012 da Sullamaca

Detonazione Dentro MeIn questo terzo post si uniscono altre voci dell’underground musicale italiano agli articoli precedenti. Raccontano quegli anni ’80 per arrivare fino ad oggi. Nelle loro parole non c’è solo la musica ma la consapevolezza d’aver vissuto gli anni ’80 con passione, intensità e in qualche modo essere vivi, oggi, in modo o nell’altro.
La musica per loro è stata ed è tutt’ora un segnale di vita, un espressione umana e artistica.

Ecco le loro parole sugli anni ’80 e magari anche per leggere il presente.

Gianni Brianese [ 1 ], Detonazione

Gli anni 80’? Il rumore di fondo? Mi sa che non se ne esce vivi. Il riassunto dovrebbe essere….”ma dove…zzo. eravate?” Oppure “ ma voi che ci siete passati, che …zzo avete combinato?” I miei 1980’s, così a pelle, dovrebbero essere 4 anni dal terremoto del ’76, i 4 a raffica a scuola, . là fuori un’Italietta in stracrisi economica, benzina alle stelle, disoccupazione e inflazione dilagante (azzo, sembra il 2012) e (alcuni di) quelli della mia età che cercavano di fare musica e capirne qualcosa di quello che c’era là fuori (strano, ancora mi sembra adesso…).
Già, la musica: i miei 80’s sono plasmati da vari concerti live in Udine, proprio nel 1980: Devo, Ramones, Damned; anche i cantautori comunque aiutano eh, tra l’80 e l’82 passano nei paraggi PFM, Banco, Guccini, Ivan Graziani, Lolli, Finardi con i Crisalide… l’hardcore nostrano, Eu’s Arse, Inzirli, Punkrazio di Onde Furlane, e poi, iperdevstanti nel mio curriculum di sonoplasmazione dei timpani, Frank Zappa, Live a Bozen estate 1982 (e a Udine 1988, ) e, sempre 1982,Wheater Report a Udine (e anche , sì, Rolling Stones a Torino) e, non ricordo bene se ’81 o ’82, poi , il mitico concerto di Don Cherry con Ornette Coleman sempre al Carnera a Ud… e in quella, 1982, siamo in autunno, nella baracca costruta a casa mia per andarci a dormire quando le scosse di assestamento post- terremoto 76’ si fanno sentire (e trasformata in sala prove o quasi) , una sera capita per sbaglio uno, che prende in mano il sax della banda lì per terra: era Bruno Romani. Da lì a poco, con tutte altre persone che in zona tentavano di fare cose diverse dalle solite cover (Giorgio Cantoni Massimo Nicoletti, Daniele Marcato, Anna e Fabio Scroccaro, Sergio Glenn Celeghin,Vasco Finatti solo per ricordare alcuni dei musicisti passati in zona) i miei neurorecettori sonori saranno variamente devastati e rivoltati ben più di tutti i concerti e i dischi sin’ora ascoltati…., …insomma, Detonazione: nei flash di memoria restano soprattutto le prove a raffica, minimo tre volte a settimana, ma soprattutto, e ascolti su ascolti e serate e nottate insieme a discuterne sopra. Marco Pandin poi con Rockgarage fa parecchio di tutto il resto, conoscere e suonare con altri gruppi, ascoltare dal vivo cose che generalmente non si potevano/riuscivano ascoltare spesso, apprendere nuovi canali (fanzine e radio + o – libere) su cui viaggiare e farsi sentire. Poi l’Olanda 1984, le date con Annie Anxiety, Segnali di Accelerazione ad Acerra (NA), il (parziale) allontanarsi da Marco, le date in Spagna, l’IRA Records ….. e finisce il tutto … I miei anni 80’ con i Detonazione? E’ stato soprattutto un’impostazione, un altro punto di vista, anzi soprattutto un “paio di occhiali” per vedere in altro modo e “un paio di cuffie” per sentire in altro modo e cercare di mettere a fuoco la quello che succedeva fuori dai muri, sia di casa sia dentro la testa.
Quello che voglio evidenziare comunque è e resta il rumore di fondo, che nella mia testa identifico (come inizio) con gli anni ’80. Chi suona, fa politica, scrive delle cose per gli altri dovrebbe essere sempre in grado di distinguere, nel marasma sociale, economico, artistico, politico, quella che è la “corrente” che genera l’onda portante, e vederne la forma, potendone magari poi metterla in un qualcosa di sonoro e/o visivo, o almeno essere in grado di comprenderne la struttura. Forse non è stato così, e mi ci metto anch’io dentro, fino al collo, ma appunto Detonazione per me era soprattutto un filtro al rumore di fondo sia reale, ambientale, che sonoro e visivo, al momento in cui tv e radio cominciavano a prendere sempre più rilevanza rispetto a quelli che dovevano essere segnali più importanti (i limiti e l’insostenibilità del sistema turbocapitalistico per essere chiari) che i passati anni ’80 del secolo scorso hanno cominciato con forza a propinarci attraverso tutti i canali possibili ed immaginabili.
Non lo so se se ne esce vivi, ma so che dal rumore di fondo partito negli anni 80’ dobbiamo combinare di uscirne. Intanto…
Stasera (anzi, stanotte 28/04) via a suonare per il birrificio … se Daniela e mio figlio Lorenzo non mi staccano la testa prima …

Giorgio Cantoni, Detonazione

Data: settembre 1983
Luogo di partenza: Zugliano (Udine) sede della sala prove dei Detonazione
Luogo di arrivo: Roma, ex Macello del Testaccio
Si parte su di una Panda azzurrina, in cinque con gli strumenti sotto i piedi, sulle gambe, nel bagagliaio, ovunque. I sedili posteriori, per guadagnare spazio, sono stati sostituiti da dei cuscini arrangiati per l’occasione. Un grave errore, perché dopo un paio di chilometri, sotto il sole dell’autostrada, cominciano a emanare fetore di cane bagnato. E chi conosce il caratteristico odore sa a cosa ci si riferisce quando lo si nomina per definire quell’odore “nauseabondo”, che tale era, perché i cuscini appartenevano all’arredamento della cuccia del cane del padrone di casa. Un vecchio pastore tedesco malandato e bolso, che conduceva una meritata attività da pensionato sui cuscini suddetti.

Detonazione Sorvegliare e Punire
Abbandonati, mi pare, in una discarica abusiva dalle parti di Padova, il viaggio prosegue per altri cinquecentocinquanta lunghi chilometri notturni, Bologna, Firenze… Roma, nell’immane caos della prima mattina. Poi una sosta dai parenti di Gianni a Roma, che ci ha evitato il crollo fisiologico e nervoso, e un incontro con gli amici di Tribal Cabaret, e alla fine le prove a torso nudo sul palco, in un pomeriggio di sole ruggente.

Arriva la sera, e migliaia di persone cominciano ad accalcarsi nello spiazzo sotto il palco. Il festival dell’Arci kids è dedicato alle gangs metropolitane, e questa serata alle band friulane. Prima di noi salgono Ado, Miss Xoxx e Willy Gibson del Great Complotto. Per dare un senso al luogo di esibizione, si sono portati delle ossa di qualche grosso bovino, avanzi di macelleria che servono da scenografia e per provocare un po’ di movimento nell’agitato pubblico romano. Punk, skinheads, metallari, capelloni, coatti vari che sbandano sotto il palco in una sommossa via via crescente, e una baraonda finale di insulti e lancio reciproco di ossa, lattine, pezzi di legno, bottiglie.

Poi è la volta di un intermezzo “letterario”, quando un attore con uno spiccato accento british, legge tutto un capitolo de “L’arancia meccanica” di Burgess. Una troupe televisiva ha ripreso tutta la serata. Di profilo, in primo piano, si può ammirare una continua gragnola di torsoli di mela, sassi, oggetti non identificati, che piovono sulla faccia dello stoico personaggio, ma non molla la sua posizione e arriva alla fine del suo compito.

Detonazione Riflessi Conseguenti

Ora tocca a noi. Nel breve spazio del backstage mi accorgo che alcuni enormi skinheads sono alla ricerca di oggetti contundenti, ravanando fra le immondizie sotto il palco. Come i gladiatori di secoli prima, perfettamente consci del destino che ci aspetta, saliamo la gradinata di legno che porta all’arena del palco che sovrasta i tumulti, brandendo i nostri strumenti come scudi e gladii a lama corta.

Non appena iniziamo le prime note comincia la battaglia, ma non dura molto, Da sopra le assi del palco, mentre cerchiamo di suonare con quanta convinzione abbiamo in corpo, riusciamo a scorgere fra i lampi dei riflettori delle scene dantesche, teste calve che rotolano avvinghiate ad altre teste crestate, braccia tatuate che roteano e si abbattono su spalle borchiate, pugni che affondano sulle mascelle di capelloni già privi di alcuni denti.

E poi il suono della musica a sovrastare tutto, dura e puzzolente, metallica e sgraziata, in canottiera e anfibi. Siamo partiti subito dopo, verso le prime ore del mattino. Altri settecento chilometri di autostrada ci aspettavano prima del sorgere del sole …

Bruno RomaniDetonazione

Quello che ti posso dire è che la musica mi ha salvato la vita ma me la ha anche rovinata, è diventata un continuo arrancare tra incompetenti esaltati e leccaculo visto che viviamo in un paese di merda dove il clientelismo e la mentalità paramafiosa sono la regola. Sono arcistufo e avrei voluto fare l’idraulico ma continuo a fare il musicista xchè non so fare altro. Scusa il tono crudo ma volevi la verità. Degli altri gruppi degli anni ’80 ti posso dire che i Litfiba mi fanno ridere i Diaframma mi fanno pena.

Bi Nostalgia, cantante degli Endless Nostalgia 

What would happen if Mozart had a tape recorder?

TLOTG official logo - Endless Nostalgia

Premetto che, nonostante il nome della mia band ENDLESS NOSTALGIA, non sono affatto un “nostalgico” dei tempi andati, anzi. Ho sempre cercato di vedere oltre, frutto candido della curiosità e dell’innocenza provinciale. Sono trascorsi anni, e riascoltando parte della musica di quel periodo, sembrano passati secoli, non decenni. E’ il suono stesso ad apparire lontano. Non sempre, non fraintendiamoci. Ma basta riprendere in mano alcuni dischi di riferimento, per trovarvi una uniformità di fondo, in special modo nel modus operandi dei missaggi, volutamente cupi e zeppi di riverberi calcati.
Il risultato fu che caposaldi dell’epoca, ora sembrano scarnificati, infarciti di equalizzazione su toni medi e alti. Quanti bei dischi sono stati deturpati dalla nascita in questo modo. Specialmente nei debutti della New Wave Italiana.
I nostri anni ’80, nel ripercorrerli, sono stati gli anni dello sfuggire all’immagine, pur coltivandola. Tornavano i gruppi, a discapito della solitaria canzone d’autore e, nonostante l’unione tra anime cantinare, ci si nascondeva, nelle fotografie. Dopo le immagini con lo sguardo ad affrontare l’obiettivo delle punk band, il post-punk italiano realizzò la fragilità di quel terremoto culturale, negli sguardi di improvvisati set fotografici amatoriali. Sguardi a terra, di lato anziché sognanti e impauriti, tranne il front man in qualche caso, davanti alla band in bianco e nero. Più retrò del retrò.
La mia canzone italiana che ricordo più volentieri e che identifica nei miei ricordi i primi anni ’80 è Siberia” dei Diaframma.
Pensavo in quegli anni che fare musica per sé stessi fosse una necessità, un costruire, lo scoprire com’è fatto, smontando tutto senza il manuale di istruzioni. Negli anni, ho deciso di capirne il funzionamento, scegliendo il ruolo dell’ascoltatore attivo.

Joyello, blogger e musicista

Non sono un nostalgico. Anzi lo sono. Non mi piace quasi niente di quello che ricordo degli anni ’80. Adoro la musica degli anni ’80. No: mi piace solo quello che è uscito entro il 1983, vale a dire ancora in pieni anni 70 (se la mia pelle è nel 2000,e la tua è ancora anni ’80). Gli anni 80 dell’Italo Disco, di Don’t You (forget about me), dei Litfiba dell’edonismo ampolloso (meglio artefatto e volgare), del Gel, del nulla cosmico televisivo (Dentro o fuori la televisione?), di Pierino e della Fenech nuda. Gli anni 80 del Joy Division, di Remain in Light, di Thriller, dei Dr.Martens, di The Smiths. Musicalmente, dopo il 1983, c’è davvero pochissimo che mi scateni ricordi piacevoli. Senza contare che, quasi sempre, il decennio viene ricordato con quanto di peggio abbia prodotto. Non ce la faccio a sopportare quei filmati in Chroma Key, quell’esigenza di distinguersi dall’orrore che circondava l’universo. Un orrore che, al confronto, quello odierno è un paradiso. La musica, la musica, la musica… Che grandi pezzi Relax, The Boy With The Thorne in His Side, Billie Jean, Love Will Tear us Apart e Emilia Paranoica.
Muore tutto, l’unica cosa che vive sei tu, muore tutto: Tito, John Lennon, Bob Marley, gli ABBA, Grace Kelly… Arrivati fino a noi: Chernobyl, AIDS. Stampati nella memoria: La Tatcher, Ronald Reagan, George Bush, terremoto in Irpinia, la P2, il Libano, Solidarnosh …
Che anni sgradevoli, che ricordi invadenti. Che musica bella negli anni ’80. Cosa resterà di questi anni ’80?
Tutto. Purtroppo tutto. Anni invadenti, da dimenticare. Anni asfissianti, da ricordare. Anni roboanti, mefitici e mefistofelici, anni graziosi e liberi. No: chiusi e ambigui. Anni di passaggio, transizione su dissolvenze incrociate. Madonna e i Dire Straits, Mister Fantasy e Superclassifica Show. Cosa salviamo? Niente. Tutto! La prima guerra del Golfo, Le Falkland e la Libia, La paura e la lontananza, And who will have won when the soldiers have gone from the Lebanon? Lontani, grazie a Dio (o chi per lui). Lontanissimi, come preferisco ricordarli. Gli anni ’80 mi hanno deflagrato l’anima. Quello che c’è di male in me dipende da loro. ”Vieni, stai per perdere la tua freschezza. Vuoi scivolare da te nella rete, o devo io trascinarti nella mia esotica compostezza?” Libera!

Fox, Plasticost

Plasticost mini lp
Se mi guardo troppo indietro perderei l’orientamento (e già ne ho poco…). Allora si che mi troverei a non uscirne vivo dagli anni 80! Il passato forse è esperienza, di certo contiene illusione, e tanti amici che durano ancora oggi. Il presente è il nuovo Medio Evo (ma a quanto pare la nostra scorza è dura…cerchiamo di essere ottimisti…) ed il futuro potrebbe riservare qualche sorpresa, (o tutto crolla oppure si ricomincia a VIVERE).
Oggi i mezzi per esprimersi sono alla portata di tutti, anche se “la libertà della rete” (a cui io non credo molto, nessuno ti regala niente per niente, tutto ha un prezzo) poi ti butta in un calderone dove è spesso difficile essere rintracciati. Accidenti, ma sto parlando degli anni 2000….mi sono perso nel tempo, ve lo dicevo che il mio orientamento è praticamente nullo! Non conosco la canzone, negli anni ottanta tutto era un’ avventura, e me la sono anche spassata, eravamo tutti creativi, esserlo faceva parte della nostra esistenza, questo è il miglior ricordo che conservo oggi.
Confido nell’ibernazione per visitare il pianeta Terra fra 500 anni. Chissà come si produrrà la musica. Qualcuno mi riporta agli anni settanta? O ai caschetti beat di dieci anni prima? Ogni tempo viene rappresentato dai suoi segnali, e quando l’età corre si tende a divenire nostalgici. E’ la vita!

Note:

[ 1 ] = Gianni Brianese, classe 1964, Udine e dintorni, ha suonato il basso elettrico con i Detonazione dal 1983 al 1987. Attualmente suonacchia il basso elettrico, lo stick 12 corde e il sousaphone con alcune bande del Friuli Venezia Giulia; tappa i buchi ogni tanto con Quella mezza sporca dozzina e altre brass band dei dintorni.

 

Grazie e grazie nuovamente agli autori.

 

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