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Frattaglie in saldo #25

Creato il 15 giugno 2015 da Cicciorusso

savageland_364GRUESOME – Savage Land (Relapse)

Gruesome sono il nuovo gruppo di Gus Rios, il batterista che un paio di anni fa era stato cacciato dai Malevolent Creation in una maniera piuttosto imbarazzante, più per i Malevolent Creation che per Gus Rios, messosi oggi in combutta con il capo degli Exhumed Matt Harvey. I rispettivi gruppi di provenienza c’entrano poco. L’idea è quella di partire dagli Autopsy e sviluppare tale matrice in maniera più tecnica ed elaborata, spingendosi ogni tanto in territori techno-death alla vecchia, nel senso dei Nocturnus di The Key, per capirci. Se l’avessero fatta più semplice, con qualche cambio di tempo in meno e qualche rutto in faccia in più, avrebbero funzionato meglio. E, soprattutto, con dei suoni meno piatti e scintillanti Savage Land avrebbe spaccato il doppio. Il classico disco divertente finché lo si prende come un progetto per cazzeggiare, insomma. La copertina è di Ed Repka, recentemente tornato assai in auge.

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TRIBULATION – The Children Of The Night (Century Media)

Il passaggio a Century Media è costato ai Tribulation l’inevitabile imborghesimento. The Children Of The Night è un disco più lineare e freddo di The Formulas Of Death che, oltre ad avere una produzione migliore perché uscito su un’etichetta più sfigata, era pieno di svarioni strumentali tra il prog e le colonne sonore dei film horror e riff dalla mestizia black dove l’influenza di Dissection e affini era ancora presente. Ora ondeggiano tra frangenti nei quali potrebbero essere descritti come un’ipotetica versione darkettona degli Enslaved ad altri dove sembrano il gruppo svedese standard al quale piacciono tanto gli Opeth. Il disco è carino, intendiamoci. I momenti migliori arrivano quando i Tribulation si lanciano in una sorta di ibrido gothic/death, come in Strange gateways beckon o in The Motherhood Of God, così splendidamente novantiana da essere quasi disonesta. Se non li avete mai ascoltati in vita vostra (l’esordio The Horror, death metal nordeuropeo nemmeno troppo sopra le righe, era un’altra storia ancora), The Children Of The Night potrebbe pure piacervi molto. Se avevate amato The Formulas Of Death, un po’ di delusione è invece inevitabile. A me sarebbe piaciuto se fossero usciti ulteriormente di testa e si fossero messi a scrivere suite orrorifiche di venti minuti dal titolo delirante.

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UNDEAD – False Prophecies (Listenable)

Non si sa chi siano gli Undead, né da dove vengano (anche se una mezza idea ce l’avrei) né tanto meno che faccia abbiano, dato che le uniche foto promozionali li vedono incappucciati con i volti in ombra tipo i Nazgul. Non so se le ragioni di questo gimmick alla Ghost siano meramente promozionali o cosa. Il dischetto, ad ogni modo, non è male. Death metal dalle atmosfere tetre che, più che alla scuola svedese o americana (le chitarre alla Death di Praise the absurd), si rifà ai gruppi inglesi degli anni ’90, in una rilettura edulcorata purtroppo dai suoni moderni. Le non frequentissime volte che accelerano (Unbound) ricordano un po’ gli Asphyx. Solo nelle parti veloci, appunto, nei rallentamenti di doom ce n’è pochino e quei riffoni dritti e cadenzati ogni tanto uno sbadiglio te lo fanno tirare. Il problema vero, però, è un altro: non si capisce bene dove vogliano andare a parare.

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TAU CROSS – Tau Cross (Relapse)

Ok, io non sono assolutamente in grado di parlare dei Tau Cross in maniera imparziale perché ci sono Away dei Voivod alla batteria e Rob Miller degli Amebix al basso e alla voce. Però ho i miei buoni motivi per scrivere che questo album è tra i pochissimi usciti in questa finora moscia prima parte di 2015 a candidarsi per la playlist di fine anno. Miller non prosegue il discorso lasciato in sospeso con gli Amebix (altrimenti non li avrebbe sciolti un’altra volta, suppongo). Nei Tau Cross si sentono i Killing Joke innazitutto (Lazarus), si sente quella rimasticazione crust dell’heavy metal anni ’80 che animava anche gli Amebix (Fire in the sky), si sente il post-hardcore più alterato e preso male, genere dove Away si trova alla perfezione, e spuntano addirittura esperimenti folk acustici (We control the fear). E soprattutto ci sono pezzi perfettamente costruiti, scritti perché restino in testa, perché alla fine ti spingano a premere play un’altra volta, con picchi altissimi come Hangmans Hyll, che vi ritroverete a canticchiare già al secondo ascolto. Magari non vi cambierà la vita ma ascoltatelo. Lo trovate in streaming su bandcamp. (Ciccio Russo)



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