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I’m no fool. Speciale ELEGY: i primi anni

Creato il 29 gennaio 2014 da Cicciorusso

ElegySicuramente la Fortuna non ci ha mai messo del suo per rendere quello degli Elegy un nome che nessuno avrebbe potuto dimenticare. Siamo nel lontano ’91, i Crimson Glory, forti di un esordio in pompa magna e di un sequel, Transcendence, davvero indimenticabile, riescono a firmare con la Roadrunner la produzione di un non altrettanto spaziale Strange and Beautiful, anticipato da qualche singolo. Gli Elegy, che si stavano appena affacciando alla soglia del diabolico mondo del music business, venivano considerati vicini, forse troppo vicini, al suono e allo stile dei loro avversari americani. Forse la firma di quel contratto mancato davvero di un soffio avrebbe cambiato le sorti del gruppo, o forse no, chi può saperlo. Resta il fatto che, ironia della sorte, subito dopo i Crimson Glory vennero abbandonati definitivamente dalla potente etichetta di Broadway. Labyrinth of Dreams uscì grazie alla Shark Records e, come tutti i dischi successivi fino a Manifestation of Fear,venne registrato e mixato negli studi della tedesca T&T. Esordio semplicemente bellissimo, pieno di stile e personalità per quanto faccia qui e là il verso agli Helloween. Il timbro vocale di Eduard Hovinga ricorda ancora troppo da vicino quello di un John Patrick McDonald, favorendo quelle voci sulla somiglianza coi Crimson. Il disco è acerbo e le ballad hanno un po’ troppo il sapore degli anni ’80 ma poco male perché le melodie sono stupende.

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La gestione degli affari pare fosse ancora casalinga come una torta della nonna e la cosa si avverte in una produzione che non riesce a decollare in qualità. Di contro la voce di Eduard si fa più tipicamente elegiana (è lui il sound e il carattere della band), acuta fino allo strazio nelle sparate in alto, cupa e roca nei passaggi dove occorre interpretare il dramma espresso nei testi, dando a tutto il disco quel tocco di malinconia che troveremo costantemente anche in seguito. Le chitarre si fanno più dure, gli assoli più veloci e memorabili, le tastiere, insieme alla batteria (il vero punto dolente di questo disco), senza un’identità precisa a causa di continui cambi di line up. Supremacy è piaciuto a molti; io lo trovo per certi versi seminale, rispetto allo sviluppo futuro del marchio di fabbrica Elegy, ma ancora troppo indefinito, troppo rivolto al passato e a certi ammiccamenti al Malmsteen pensiero. Resta una spaziatura necessaria per ciò che verrà. L’album si chiude con un brano stupendo e struggente che ancora fa venire i brividi, Erase Me; un ponte gettato in avanti verso Lost.

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La formazione è finalmente stabile. Nelle mani di Henk van der Laars, colui che diede vita al gruppo, e di Martin Helmantel gli Elegy sono pasta molle che crea e definisce nuove forme musicali e sonorità diverse da disco a disco. Un disco importantissimo per tutti i seguaci del progressive metal. Per me è stato l’Imprinting. Breve e veloce, mai ridondante, assolutamente vario ed equilibratissimo nell’alternanza di melodie, la cui potenza viene sottolineata, quasi evidenziata a forza, dai cori e dalle chitarre in costante unisono, e le fasi di accelerazioni più tipicamente power. Lost è il disco veramente prog di tutta la loro carriera e, come tale, si fa ricordare per il superbo lavoro di tastiere. Dopo Lost comincerà il, seppur breve, periodo di fortuna e fama grazie anche alla Modern Music che, lavorando sulla promozione anche oltre i confini nazionali e germanici, saprà valorizzare quanto di meglio fatto fino a quel momento mettendo un primo punto e a capo nella discografia degli Elegy col minicd acustico Primal Instinct. Qui inizia il tour con gli Stratovarius ma iniziano anche cambi di line up pesanti (va via il primo cantante) e la parabola degli Elegy prende la via del ritorno verso il basso. Anche l’innamoramento generale per il restante movimento progressive metal sta affievolendo. Gli stessi Dream Theater si prendono un momento di pausa con Falling Into Infinity e dovranno faticare per ritrovare la forma perduta. Idem per Shadow Gallery e Symphony X. Questo periodo di stanca generale per gli Elegy rappresenterà non una semplice fase ma l’ingresso vero e proprio nel vicolo cieco dal quale nemmeno State of Mind servirà a tirali fuori. Manifestation of Fear è l’ultima cambiale che Henk avrà voglia di firmare prima di andarsene. Oggi non ci sono molte informazioni a disposizione; sappiamo che della portentosa formazione di Lost è rimasto il solo Martin che da una parte afferma il gruppo non essersi mai sciolto ufficialmente, dall’altra che, dopo un incontro a vuoto e un nulla di fatto rispetto all’ipotesi di reunion, senza Hank non ha più molto senso andare avanti. (Charles)



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