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Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana

Creato il 07 maggio 2011 da Paultemplar

 

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana

 

Il film poliziesco denominato all’italiana per distinguerlo dai prodotti arrivati sui nostri schermi da altri paesi e con connotazioni molto differenti, ebbe il suo massimo fulgore nel periodo intercorso tra la fine degli anni sessanta e la fine del decennio settanta, anche se sporadici casi di questo particolare genere di produzioni arrivarono prima e dopo il periodo indicato.
Un genere che si caratterizzò a tal punto da essere riconosciuto con la definizione di “poliziottesco”, brutto termine che però è entrato nel linguaggio comune per indicare quel filone cinematografico distinto dal film poliziesco vero e proprio per alcune caratteristiche particolari.
In primis l’uso della violenza, di tematiche locali (quindi non legate a discorsi internazionali) come la lotta alla mafia e alla camorra, il terrorismo, i sequestri di persona o anche semplicemente la cronaca nera, quella piena di tragici fatti di sangue di cui purtroppo è costellato il nostro passato.

Barbara Magnolfi in Milano difendersi o morire

Altra caratteristica specifica può essere individuata nel binomio poliziotto/legge, tutto conflittuale, nel quale il difensore (i difensori) della legge si trovano a combattere non solo contro il crimine organizzato,contro terroristi di varia natura e contro serial killer spietati o semplici assassini casuali, ma anche contro le leggi di un paese spesso troppo garantiste nei confronti di coloro che facevano parte dei mondi citati, criminali spesso spietati che uccidevano inermi cittadini per portare a termine le loro losche imprese.

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
La mala ordina (Femi Benussi e Mario Adorf)

All’interno del cinema poliziottesco si sviluppano quindi una serie di tematiche ben precise, come la denuncia della violenza e l’uso della forza per stroncarla, discorso molto complesso affrontato spesso dai registi con sceneggiature discutibili in cui assistiamo visivamente ad esplosioni di violenza, da parte dei tutori della legge, che nulla hanno da invidiare agli stessi malviventi.
La miscela tipica del genere poliziottesco è composta da violenza-azione-legalità, mescolata spesso a ingredienti classici del thriller come delitti efferati e un pizzico più o meno velato di sesso, immancabile anche in un genere che teoricamente non ne avrebbe bisogno.
Un’analisi generale della produzione dei polizieschi porterebbe a dire che il livello medio delle pellicole tende al basso; il che sarebbe però un’analisi troppo semplicistica, perchè tra le centinaia di pellicole girate nel periodo di massimo splendore del genere ci sono diversi film degni di menzione.

Silvia Dionisio in Paura in città

A partire da quello che può essere definito il capostipite di tutti (anche se non certamente il primo) i polizieschi, ovvero La polizia ringrazia, diretto da Stefano Vanzina alias Steno nel 1972, uscito in un periodo davvero drammatico della storia italiana.
Sono infatti passati solo tre anni dalla strage di Piazza Fontana a Milano e il decennio settanta è iniziato con cupi presagi e con una crisi economica che toccherà il culmine nel periodo della grande depressione dovuta alla crisi energetica. Non siamo ancora negli anni di piombo, eppure la violenza che inizia ad esplodere nel contesto sociale trova immediato riscontro nelle pellicole del periodo, pellicole che mostrano la grande attenzione del mondo del cinema verso la società e i suoi mutamenti.
Il merito del film di Steno è quello sopratutto di aver fissato dei paletti precisi, che saranno da allora in poi degli autentici canoni per tutti coloro che seguiranno la scia del fortunato film del regista romano.

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
Franco Gasparri in Mark il poliziotto

Malisa Longo in Mark colpisce ancora

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
Ely Galleani in Mark il poliziotto spara per primo

In La polizia ringrazia troviamo per esempio l’onesto e integerrimo commissario Bertone alle prese con un’ondata di criminalità dilagante e contemporaneamente alle prese con l’ottusità della legge rappresentata dal miope Sostituto Procuratore Ricciuti; è una situazione che verrà ripresa moltissime volte, allor quando troveremo commissari e ispettori costretti a muoversi in un mondo crudele e determinato come quello della malavita senza avere alle spalle la tutela e il sostegno della legge.
L’amara conclusione del film di Steno mostra una tendenza che era tipica della  maggioranza silenziosa, ovvero di tutta quella parte della società civile che viveva e lavorava senza far sentire mai la propria voce: la tendenza al silenzio e alla rassegnazione, che in pratica favorivano l’esplosione dei fenomeni di criminalità diffusa.
Il cinema si impossessa anche del fatto di cronaca portandolo sullo schermo e dando colori vividi a fatti già di per se sintomatici di una realtà in continuo movimento come quella dell’escalation della criminalità organizzata; Lizzani con Banditi a Milano crea qualcosa di molto simile ad un poliziottesco quando gira il film che racconta le criminali gesta della Banda Cavallero, usando un ampio respiro per raccontare anche la metamorfosi della criminalità stessa, che si organizza e taglieggia aiutata anche dal silenzio e dall’omertà sia delle vittime che dei testimoni.

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
Genova a mano armata

Banditi a Milano è quindi un altro paletto storico, sia per la bella ambientazione in un bianco e nero che ricorda tanto il noir, sia per la gigantesca prova di uno degli attori più bravi del cinema italiano, Gian Maria Volontè sia per la capacità di mostrare una Milano in evoluzione che ben presto avrebbe conosciuto una violenza cieca e feroce come quella esplosa nel dicembre del 1969 con la citata strage di Piazza Fontana.
Enrico Maria Salerno, il commissario Bertone e Gian Maria Volontè, il feroce bandito Cavallero: due facce di una medaglia opposte e diametralmente differenti come caratteri e comportamenti sociali.
La dove Bertone è il rappresentante delle forze oneste della nazione, Cavallero è l’epigono di coloro che quella società combattono, non certo per motivi ideologici ma semplicemente di opportunità.
E’ questa la parte migliore del cinema poliziottesco, quella che delinea e tratteggia comportamenti sociali diametralmente opposti, mostrando anche scene di vita quotidiana di realtà differenti del paese: la Milano industriale è lontanissima dalla Palermo in cui la mafia in maniera sempre più massiccia influenza la vita degli abitanti.
In comune c’è però, tra loro, la stessa volontà distruttiva del vivere comune, della legalità, di tutti quei valori che fanno della società l’unica forma possibile di convivenza.

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Il cittadino si ribella

C’è un altro film che può diventare a buon titolo emblematico della situazione italiana dei primi anni settanta, e che diventa poliziottesco solo marginalmente, ovvero per l’utilizzo dei canoni citati del genere: si tratta di Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica diretto da Damiano Damiani nel 1971, che quindi precede di un anno il citato film di Vanzina.
La storia del commissario Bonavia che combatte la mafia e che sarà costretto a farsi giustizia da solo perchè la legge non lo protegge e perchè il Procuratore generale della repubblica è colluso con la mafia stessa è emblematica del filone poliziottesco.
Qui troviamo davvero tutti gli elementi del genere mescolati con sapienza, inclusa la diffidenza tra poteri dello stato (il conflitto tra il giudice Traini e il commissario Bonavia), l’uccisione dell’integerrimo commissario ma anche la decisione di Traini di proseguire le indagini di Bonavia, di combattere quindi quei poteri forti che sono il vero cancro della società.

La belva col mitra (Helmut Berger e Marisa Mell)

Accanto a questo cinema di denuncia contenuto nel filone poliziottesco, c’è anche una parte eminentemente noir rappresentata egregiamente da due ottimi film di Fernando Di Leo, Milano calibro 9 e La mala ordina, entrambi del 1972.
Attraverso una descrizione fatta di azione con il giusto equilibrio di violenza, il regista pugliese racconta dall’interno le vicende e le contraddizioni della mala attraverso personaggi diventati autentici cult, come l’Ugo Piazza protagonista di Milano calibro 9 interpretato da uno straordinario Gastone Moschin e il Luca Canali protagonista di La mala ordina, interpretato dal rude ma efficace Mario Adorf.
Sono personaggi della mala, è vero, ma hanno dalla loro un codice d’onore che è sconosciuto alla malavita e alla fine il pubblico si ritrova a provare simpatia per le loro vicende.
Di Leo, che chiuderà quella che è conosciuta come la trilogia del milieu con Il Boss, racconta un mondo contraddittorio e violento con un uso della violenza che mostra davvero come la malavita sia da considerare a tutti gli effetti un inferno senza ritorno.

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La polizia è al servizio del cittadino?

Un altro film da segnalare che riprende ancora la tematica del poliziotto duro e inflessibile costretto a fare i conti con le pastoie della legge è Milano trema: la polizia vuole giustizia, diretto da Sergio Martino nel 1973.
Il commissario Caneparo assomiglia solo in parte a Bonavia e ancor meno a Bertone.
Siamo all’estremizzazione della figura del poliziotto, che è certo dell’inefficacia delle leggi e che agisce in maniera quasi anarchica contro la criminalità.
Un giustiziere solitario, quindi, che usa la legge per fare giustizia senza però rispettarne i dettami fondamentali.
Luc Merenda, che interpreta Caneparo, ha le phisique du role e la giusta dose di ironia per muoversi da cane sciolto nell’acqua torbida, carico di una rabbia che simboleggia proprio quella parte di società civile stanca di dover sempre sopportare.

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Luc Merenda in Milano trema, la polizia vuole giustizia

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
I familiari delle vittime non saranno avvertiti

La polizia è al servizio del cittadino? (1973) di Romolo Guerrieri porta ancor più in avanti il discorso dell’intreccio tra poteri forti e la conflittualità con la legge, rappresentata dalla figura del Commissario Sironi (Enrico Maria Salerno), un poliziotto che ricorda Caneparo almeno nella disillusione sui metodi legali per affrontare la criminalità questa volta legata ai colletti bianchi. La reazione del poliziotto si tramuta in una vendetta personale quando, smessi i panni del funzionario di polizia si trasforma in giustiziere per fare quello che la legge non ha potuto fare, punire il capo di un’organizzazione malavitosa.
Praticamente identico nella tematica di fondo è La polizia incrimina, la legge assolve, che già dal titolo denuncia una situazione molto sentita dal comune cittadino.
Con questo film, diretto da Enzo G. Castellari nel 1973, un anno d’oro per il cinema italiano, troviamo elementi di novità sopratutto a livello di azione, con la sequenza spettacolare dell’inseguimento di un’ambulanza con a bordo i classici delinquenti e un’auto della polizia.

Sonia Viviani in Napoli si ribella

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
… e in Da Corleone a Brooklin

La sequenza, che dura 8 minuti, mostra anche come la tecnologia stia facendo passi da gigante e di come i registi si avvalgano sempre più di scene d’azione per movimentare i film.
Un poliziottesco di buona fattura e abbastanza anomalo nel suo svolgimento è Revolver di Sergio Sollima. Questa volta il protagonista centra marginalmente con la legge, in quanto è direttore di un istituto penitenziario, costretto a fare un’alleanza insolita con un criminale per liberare sua moglie dalle grinfie di un’organizzazione malavitosa.
L’interpretazione del direttore è affidata a Oliver Reed, leggendario interprete dei Diavoli di Ken Russell; la faccia e il temperamento anglo sassone dell’attore mal si sposano però con le caratteristiche del personaggio che è chiamato ad interpretare e per una volta a uscirne meglio è il co-protagonista Fabio Testi che allo spettatore risulta di gran lunga più simpatico e umano.

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La polizia accusa:il servizio segreto uccide

Come appare chiaro, la grande protagonista e ovvia protagonista rimane la polizia; una struttura in cui si formano legami fortissimi o odi e rivalità feroci, in cui il senso di solidarietà fra colleghi diventa caratteristica pregnante, ma dove può annidarsi il giuda di turno.
E’ un mondo quasi votato tutto al maschile, perchè sono lontanissimi i tempi delle pari opportunità: carabinieri, finanza e altri corpi sono quasi esclusivamente popolati da maschi e la figura femminile quando è presente è sempre di contorno.

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
Eleonora Giorgi in Liberi, armati, pericolosi

La donna è anche presente nella criminalità, spesso  con il ruolo di vittima mentre raramente lo è come protagonista.
In Milano rovente di Lenzi il boss è Salvatore Cangemi, che gestisce appunto un giro di prostitute.
La donna come merce, quindi, mentre questa volta il criminale di turno non verrà preso dalla polizia, ma beffato da un’organizzazione concorrente; siamo quindi di fronte ad un ribaltamento di ruoli inusuale per il poliziottesco.
Lo stesso Lenzi gira nel 1974 il poliziesco più violento del filone, quel Milano odia: la polizia non può sparare che vede protagonisti Thomas Milian e Henry Silva, rispettivamente il delinquente estremizzato come sadico e violento e il poliziotto che alla fine farà giustizia da solo.

Dayle Haddon in La città gioca d’azzardo

Paola Pitagora e Fabio Testi in Revolver

Lenzi amplifica tutte le caratteristiche negative del personaggio del malvivente trasformando il suo Giulio Sacchi (Thomas Milian) in un coacervo di tutti i peggiori vizi e di tutte le peggiori debolezze.
Man mano che ci inoltriamo nel cuore degli anni di piombo, il cinema poliziottesco descrive sempre più scene di lotta politica, di terrorismo, di scontri tra la legge e le fazioni politiche in lotta contro il potere costituito e la legalità, ma non dimentica comunque le nuove frontiere costituite dalla diffusione della droga, del traffico di armi o di esseri umani.
Tra le pellicole più importanti del periodo che va dal 1974 alla conclusione del decennio si possono citare:
-Il cittadino si ribella, 1974 diretto da Enzo G. Castellari che racconta la vendetta privata di un cittadino costretto suo malgrado a difendersi da solo;
-La polizia chiede aiuto, 1974, di Massimo Dallamano con protagonista Claudio Cassinelli, con la polizia costretta questa volta a fare i conti con un maniaco omicida. Il film di Dallamano, che mescola con sapienza elementi di giallo e thriller ad elementi tipici del poliziottesco è una delle parti terminali del periodo migliore del genere stesso.
L’elenco dei poliziotteschi potrebbe continuare ancora a lungo, ma i film più rappresentativi sono quelli che ho citato.
Dopo il 1975 le cose iniziano a cambiare, per molteplici ragioni e sopratutto in conseguenza dei mutati gusti del pubblico; il poliziottesco evolve in altre forme, anche se non mancano i prodotti canonici.

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
Carole Andrè in Quelli della calibro 38

Rosita Torosch in Milano odia la polizia non può sparare

La forma estrema è rappresentata dall’enorme successo riscosso dalla serie con protagonista Thomas Milian, che interpreta  Monnezza e che connota i film con ironia ma anche con trivialità accentuate.
Il Monnezza è un personaggio che sembra preso di corpo da un decamerotico o da una commedia becera all’italiana; bestemmia, veste in maniera assolutamente anticonvenzionale, usa le mani piuttosto che la pistola.
E’ l’apologo di un certo tipo di cinema e sta al poliziottesco come Pierino sta alla commedia all’italiana, mentre lo stesso Milian interpreta il poliziotto Giraldi nella serie di film che assumerà le denominazioni di Squadra antimafia, Squadra antitruffa ecc.

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Napoli spara

Luca il contrabbandiere

Accanto a questa tipologia di film troviamo anche la fortunata serie interpretata da Bud Spencer con protagonista il poliziotto buono Piedone.
Il poliziottesco quindi muta pelle e si adatta ai nuovi gusti del pubblico.
La parte più fedele alla tradizione è rappresentata dalla serie dei film interpretati da Maurizio Merli (Poliziotto sprint (1977), Il commissario di ferro (1978), Un poliziotto scomodo (1978) ) diretti da Stelvio Massi e dalla breve serie con protagonista lo sfortunato ex attore dei fotoromanzi Lancio Franco Gasparri che interpreterà il Commissario Mark Terzi nei film Mark il poliziotto (1975), Mark il poliziotto spara per primo (1975) e Mark colpisce ancora (1976), tutti diretti dallo specialista Massi.

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La città è sconvolta, caccia spietata ai rapitori

Numerose le pellicole ambientate nelle varie città italiane, che diventano di volta in volta violente o spietate, drogate o preda della criminalità.
I titoli parlano da soli, perchè si va da Roma violenta (1975) di Franco Martinelli a Genova a mano armata (1976) di Mario Lanfranchi, da Milano violenta (1976) di Mario Caiano a Roma a mano armata (1976) di Umberto Lenzi passando per Roma: l’altra faccia della violenza (1976) di Franco Martinelli e per il ciclo napoletano composto per esempio da Napoli violenta (1976) di Umberto Lenzi e Napoli spara! (1976) di Mario Caiano oltre che da Napoli si ribella (1977) di Michele Massimo Tarantini.
Attorno al 1977/1978 il genere poliziottesco mostra la corda; le storie ormai sono troppo ripetitive e la realtà sociale del paese ha ormai superato da tempo la fantasia.
Siamo al culmine degli anni di piombo che hanno la parte terminale nel caso Moro, vero punto di svolta della storia del nostro paese.

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Maurizio Merli in Italia a mano armata

Il poliziottesco tardo, quello di fine anni settanta, è affidato a Corbucci come abbiamo visto che gira oltre una dozzina di pellicole con i citati film di Milian  mentre Steno furoreggia con Spencer/Piedone.
Al fianco di questi film, che hanno una loro dignità, troviamo tutta la serie partenopea con protagonista Mario Merola; il re della sceneggiata interpreta I contrabbandieri di Santa Lucia (1979) di Alfonso Brescia, Luca il contrabbandiere (1980) di Lucio Fulci , I guappi non si toccano (1979) di Mario Bianchi, Napoli… la camorra sfida e la città risponde (1979) di Alfonso Brescia ,Luca il contrabbandiere (1980) di Lucio Fulci che resterà di gran lunga il prodotto migliore del tardo poliziottesco.
Per l’ennesima volta tocca citare la grande crisi del cinema che travolse tutto nel 1979; il poliziottesco cessa praticamente di vivere se si escludono pochi tentativi di resuscitare il genere, come L’avvertimento (1980) di Damiano Damiani, Da Corleone a Brooklyn (1979) di Umberto Lenzi, Il giorno del Cobra (1980) di Enzo G. Castellari.

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Squadra volante

Confessione di un commissario di polizia

Una fine annunciata, tuttavia, come del resto accaduto per i decamerotici e la commedia sexy, per il thriller all’italiana e per l’horror di derivazione “baviana”
Un genere, il poliziottesco, amato abbastanza dal pubblico e pochissimo o nulla dai critici, che rimproveravano ai registi una dose troppo massiccia di violenza e qualunquismo unita a razzismo e intolleranza.
Tuttavia i decenni successivi hanno in qualche modo riabilitato il genere, con la riscoperta di alcune di queste pellicole.
E in rete sono nati diversi siti dedicati al fenomeno, il più completo dei quali è (vera miniera per gli appassionati e non) il sito http://www.pollanetsquad.it/ che ha in pratica tutte le schede dei film poliziotteschi prodotti in Italia.

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Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana

La polizia ringrazia

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Milano calibro 9

Bersaglio altezza uomo

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Diamanti sporchi di sangue

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La banda del gobbo

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La legge violenta della squadra anticrimine

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La polizia interviene: ordine di uccidere

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Fango bollente

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Il cinico l’infame e il violento

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Roma a mano armata

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La polizia sta a guardare

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Si può essere più bastardi dell’ispettore Cliff?

La polizia chiede aiuto

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No, il caso è felicemente risolto

Abuso di potere

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La polizia incrimina, la legge assolve

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
Un detective


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La polizia ringrazia

Il boss

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
L’uomo dagli occhi di ghiaccio

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Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana

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La soundtrack di Milano odia: la polizia non può sparare

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Milano rovente

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La polizia incrimina, la legge assolve

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Milano trema:la polizia vuole giustizia

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
L’uomo dagli occhi di ghiaccio

Il Poliziottesco o Poliziesco all’italiana
Confessione di un commissario

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