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Il vecchio e il mare (di guai). Sulla debacle di Forza Italia

Creato il 24 novembre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
ErnestHemingwaydi Rina Brundu. Lo stile e il format del blog di Raffaele Fitto (www.raffaelefitto.it) mi ricordano quelli dei volantini elettorali che quando ero piccola venivano lanciati a migliaia come coriandoli sulle stradine desolate dei paesini della Sardegna interna (ora che ci penso, chi cappero li pagava?): font deciso, grassetto, nome del candidato, pardon… del blogger, immediatamente visibile, pochi fronzoli. Senza fronzoli sono anche i post che Fitto pubblica, come dimostra l’incipit dell’articolo odierno: “Mi auguro che nessuno si azzardi a minimizzare o a cercare alibi per il nostro drammatico risultato in Calabria e in Emilia Romagna, regione in cui siamo stati addirittura doppiati dalla Lega!”.

La chiusura non è da meno: “Serve una opposizione che sfidi il Governo in positivo predisponendo e organizzando una chiara alternativa. Forza Italia, se vuole ancora avere un ruolo nella vita politica italiana e recuperare i milioni di elettori delusi e astenuti, deve letteralmente rifondarsi”. Concordo con Fitto, ma dove trovarlo un leader carismatico per questa nuova “opposizione” positiva forzista e che permetta la “rifondazione”? Non nego che fossi io al posto di Berlusconi farei subito piazza pulita di tutti i delfini, pseudo-delfini, mostri-marini che il Partito ha partorito in questi anni, Toti e Fitto compresi.

Ma c’é un problema. Il problema è dato dal fatto che se Berlusconi fa piazza pulita di questa varia et avariata fauna degli abissi, si troverà più o meno alla stregua di colui che disse “Chi mi ama mi segua e fu così che me ne andai da solo”. Di fatto – a parte la preziosa collaborazione di Dudù, politicamente parlando, s’intende – il vecchio Silvio è già solo. E che sia solo è logico. È logico perché il peccato datato del berlusconismo è stato quello di avere ostinatamente preferito una filosofia di management-politico molto machiavellica, quando questo termine è usato nell’accezione peggiore.

Il modus governandi di Silvio Berlusconi mi ha sempre ricordato quello delle società d’affari dove il grande capo si circonda di yes-men, di uomini suoi che colloca nelle posizioni strategiche indipendentemente da quello che è il loro know-how per ricoprire al meglio l’incarico: prima o poi però il capo è costretto a scoprire le carte, qualcuno gliene chiede conto e il castello costruito sul nulla viene giù. Tutto ciò che gli resta sono le macerie e il dubbio assillante se valga la pena ricostruire o fare arrivare la ruspa.

Non nego che fossi io al posto di Berlusconi farei passare la ruspa. Non credo neppure che l’ex cavaliere abbia ormai alcuna autorità morale per fare rinascere l’entità politica moderna e diversa (da questo punto di vista la sua stessa età, il suo stesso appartenere a generazioni andate è un ostacolo insuperabile per la realizzazione di un simile progetto) che sarebbe necessaria, ma vero è che nulla viene dal nulla e qualcosa della sua esperienza politica si può sicuramente salvare. Forse l’unica possibilità concreta, nobile,  che gli resta – grazie soprattutto ai notevoli mezzi economici che ha a disposizione e tenendo conto dell’impensabile svolta capitalistica dei nipotini di Marx – è quella di offrire una vera chance ai giovani in vista della creazione di un nuovo movimento di destra, credibile. E poi di fare un passo indietro imponendolo anche ai delfini e alla fauna varia e avariata di cui sopra….

Mi rendo conto però che sarebbe più facile far passare un cammello per la cruna di un ago che scacciare costoro. Sarà anche per questo che più passa il tempo più il vecchio di Arcore mi ricorda il più famoso vecchio “definitivamente salao” (politicamente parlando, naturalmente) di Hemingway e anche Hemingway – Raffaele Fitto permettendo – con gli incipit non scherzava: “Era un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce….. La vela era rattoppata con sacchi da farina e quand’era serrata pareva la bandiera di una sconfitta perenne.”.

Featured image, Ernest Hemingway working at his book “For Whom the Bell Tolls” at Sun Valley, Idaho in December 1939

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