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Ingri e Edgar D’Aulaire: Miti del nord

Creato il 25 febbraio 2015 da Martinaframmartino

Ingri e Edgar D’Aulaire: Miti del nordLa serie di fiabe e leggende curata dall’editore Donzelli si è arricchita di un nuovo titolo. Questa volta si tratta di I miti del Nord, opera firmata dai coniugi Ingri e Edgar d’Aulaire. Questo almeno è quanto scrivevo nel dicembre del 2007, e fondamentalmente quello che vi ripropongo è quel vecchio articolo.

Perché?

Motivo 1: non ho il tempo per scrivere e riciclare un vecchio articolo è più rapido che scriverne uno nuovo.

Motivo 2: amo i miti nordici. Amo pure quelli greci, ma Odino e Thor su di me esercitano un fascino particolare, e non sto pensando ai pettorali dei loro interpreti più recenti. E di Yggdrasil ne vogliamo parlare? (Lo so, quello qui sotto non è davvero Yggdrasil, ma fa niente)

Motivo 3: ho sentito parlare molto bene di questo libro, anche recentemente. Ho letto Mappe e leggende di Michael Chabon, giusto? E Chabon è un fan di questo libro. Mi sa che prima o poi lo dovrò leggere anch’io. Intanto vi ricordo che esiste e che è tutt’ora in commercio, anche se probabilmente se vi interessa vi toccherà farvelo ordinare dalla vostra libreria di fiducia.

summer tree

Edgar Parin, figlio del pittore italiano Gino Parin e della musicista Ella Auler, nacque a Monaco nel 1898. Divenuto adulto Edgar scelse di farsi chiamare con il nome della madre, trasformandolo però in d’Aularie.

Con questo nome il giovane artista, allievo di Henri Matisse, iniziò a dedicarsi all’illustrazione di libri.

Dal canto suo la quindicenne Ingri Mortenson, nata nel 1904, fu incoraggiata a dedicarsi all’arte dalla pittrice norvegese Harriet Backer. Dalla natia Norvegia i suoi studi la portarono in Germania, dove s’iscrisse all’Accademia di Belle arti di Monaco. Qui incontrò Edgar, con il quale si sposò nel 1925.

Per qualche tempo i due vissero a Parigi, poi, nel 1929, si recarono negli Stati Uniti. Inizialmente Ingri ed Edgar si dedicarono a carriere separate: mentre lei dipingeva ritratti per uomini d’affari, lui eseguiva illustrazioni per libri con le tecniche della xilografia e della litografia.

La loro collaborazione iniziò nel 1931, con The Magic Rug, il primo di una lunga serie di libri per l’infanzia. Se nei primi tempi le loro opere si ispiravano quasi esclusivamente alle leggende scandinave, in seguito i d’Aulaire allargarono i loro orizzonti agli eroi popolari americani come Buffalo BillPocahontas.

Anche se entrambi sono scomparsi negli anni ’80, molti dei loro 27 libri vengono annoverati fra i classici americani — negli anni ‘30 avevano acquisito la nazionalità della terra in cui vivevano — e continuano a essere ristampati.

Uno dei più famosi è proprio questo I miti del Nord, originariamente pubblicato nel 1967 con il titolo di Norse Gods and Giants.

Dei nordici e giganti. Odino, re degli dei, e le valchirie. E accanto a loro Thor, il dio del tuono che, armato del suo magico martello, non esitava ad affrontare i giganti, e Freya, la dea dell’amore. E Loki, divinità dallo spirito inquieto e indecifrabile particolarmente amato da Michael Chabon. Nella sua prefazione l’autore di Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay lo definisce “il Dio del Niente in Particolare”, e ricorda che “ha rappresentato il dio della mia mente di bambino, con i suoi impulsi contrapposti di vandalismo e visione, immaginare cose e sfasciarle. E mentre faceva e disfaceva complotti, generava e cancellava mostri, contribuiva a ritardare e accelerare il termine delle cose, restava il dio della natura infinitamente complicata dello svolgere trame, del raccontare stesso”.

Dei potentissimi ma mortali, pieni di difetti e — a differenza di quelli olimpici — protagonisti di una storia con un principio e una fine. Perché nella battaglia di Ragnarokk nemmeno Yggdrasil, l’albero di frassino che regge i mondi, sarà immune dalla violenza del conflitto.

Tutto questo viene narrato da Ingri ed Edgar con una prosa immediata, al tempo stesso magica e realistica, e capace perciò di rendere al contempo remoti e vividi gli eventi narrati.

L’apparato iconografico è molto ricco e curato. “Ciò che rende questo libro un prodigio della narrativa figurata” dice ancora Chabon “è il modo in cui il racconto e le illustrazioni si completano a vicenda, tessendo la rispettiva trama”.

La presentazione dell’editore:

In principio c’era Odino, il re degli dei, degli uomini e delle guerre, che conduceva alla testa delle Valchirie, le sue feroci guerriere. Accanto a lui, c’era il barbuto Thor, dio del tuono, che agitava il suo magico martello contro i giganti, gli eterni rivali. E poi c’era Freya, la dea dell’amore, alla perenne ricerca del marito, per cielo e per terra, su di un carro trainato da gatti bigi; e soprattutto c’era Loki, il fratello di sangue di Odino, che col suo spirito cialtrone faceva morire dal ridere gli altri dei. Loki il mascalzone, «il Dio del Niente in Particolare, ha rappresentato il dio della mia mente di bambino, con i suoi impulsi contrapposti di vandalismo e visione, immaginare cose e sfasciarle. E mentre faceva e disfaceva complotti, generava e cancellava mostri, contribuiva a ritardare e accelerare il termine delle cose, restava il dio della natura infinitamente complicata dello svol­gere trame, del raccontare stesso», come dice Michael Chabon nella sua prefazione. Ecco perché è Loki il più emblematico degli dei scandinavi, la cui storia, a differenza di quella delle divinità dell’Olimpo, ha un principio e una fine, poiché gli dei del Nord sono mortali. Sono pieni di difetti – né più né meno di quelli greci – che però alla fine li porteranno alla rovina travolgendo i nove mondi creati da Odino col teschio, i polmoni, il cuore, le ossa, i denti e il sangue del nonno. Nella battaglia finale di Ragnarokk, i giganti e gli dei si fronteggeranno fino all’estinzione di entrambi, e Yggdrasil, l’albero di frassino che regge i loro nove mondi, si spezzerà, cadendo irrimediabilmente al suolo. Ingri e Edgar d’Aulaire catturano tutto ciò in una prosa immediata, magica e realistica al tempo stesso, che non si sofferma mai a scuotere la testa o a spalancare la bocca di fronte alle meraviglie e ai disastri che nelle loro raffigurazioni si fanno remoti e al contempo vividi. «Ciò che rende questo libro un prodigio della narrativa figurata è il modo in cui il racconto e le illustrazioni si completano a vicenda, tessendo la rispettiva trama», dice Chabon, che come ogni bambino americano ha divorato questo libro appena passati gli otto anni. Un classico della letteratura per l’in­fan­zia, ma soprattutto un’opera d’arte del genio creativo di due talenti che hanno dedicato l’intera vita alla tecnica dell’illustrazione divenendone maestri di fama mondiale.



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