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J'ai tué ma mère

Creato il 05 ottobre 2014 da Jeanjacques
J'ai tué ma mère
Da un po' di tempo qui nella blogsfera sentivo parlare di tal Xavier Dolan. Sentendo questo nome la prima volta ho ironicamente pensato a un incrocio fra il Professor X degli X-men e Christopher Nolan col raffreddore - chissà perché mi dicono tutti di non fare il comico... - ma, mano a mano che passavano i giorni, cominciavo a notare una certa venerazione nei suoi confronti. E quando non è la solita shipper di serie-tv a farlo ma anche diversi colleghi stimati, le carte in tavolo cambiano, facendomi urgere una necessità di informarmi in merito. Vai a scoprire che tal tizio dovevo già averlo visto per una particina nel controverso Martyrs, ma la particina era così piccina picciò che non potevo ricordarmi di lui. Il ragazzo però si era dato da fare e, oltre a recitare nell'horror d'oltralpe, aveva iniziato una carriera di regista... a diciannove anni. Già. Diciannove. Il ragazzo ha un anno più di me, però ha scritto e diretto cinque lungometraggi, realizzato il video College boy per gli Indochine e al momento è considerato una delle voci più interessanti del panorama cinematografico mondiale, tanto che persino l'Italia ha acquisito i diritti della sua ultima fatica. Bene, io non mi considero una persona invidiosa o rancorosa del successo altrui (specie quando è meritato), però ho seriamente rischiato di iniziare la visione di questa sua opera d'esordio sentendomi una merda...

Hubert è un ragazzo sedicenne omosessuale dal difficile e travagliato rapporto con la madre. Ogni dettaglio della donna lo irrita, cosa che spinge i due a litigare quasi ogni giorno. Mentre la guerra fra i due si fa sempre più aspra, Hubert sperimenta tutte le fasi tipiche della crescita, però...

Certe volte quando guardo i film mi vengono in mente paragoni improbabili. Vedendo Lo zio Boonmee mi ritornato alla mente Valhalla rising, mentre vedendo questo ho pensato allo strano Kotoko. E lo so che sono due cose diverse [anche solo per l'entroterra culturale, nipponico uno e canadese questo], eppure quel tema comune, quello della madre, così simile e al contempo così diverso, mi ha fatto compiere questo inusuale collegamento. Un vortice di pensieri che si univa a una preoccupazione ancora più bizzarra, ovvero quella di come avrei preso questo film. Perché Dolan al momento in una certa cricca underground è il regista di punta del momento e tutti i suoi film vengono esaltati come dei capolavori assoluti. Quando succede ciò è impossibile - o almeno, molto difficile - valutare le opere con obiettività, perché da una parte sei tentato di dare un voto basso per differenziarti e dall'altra di fare lo stesso perché spinto da troppo hype. Proprio per questo motivo ho voluto visionare questo film con largo ritardo, per trovare una stabilità mentale che mi guidasse all'approccio. Trovatola, l'ho visto e... eh! Non dico deluso, ma comunque mi aspettavo un pochetto di più. Poi è scattata la molla che mi ha detto "Calmo, Jean, ricorda che l'ha diretto quando aveva diciannove anni. Tu a quell'età sognavi di scrivere una saga fantasy di dubbio gusto con elfi che cavalcavano draghi." Quindi la domanda risulta fatidica: 'sto tizio è un genio oppure no? Beh, questo film sicuramente non è stato scritto da un genio, ma non è da dubitare che in seguito questo autore abbia saputo maturare moltissimo. Perché tutto è molto grezzo e, per certi versi, addirittura abbozzato, ma mantiene dentro di se gli spiragli di una sensibilità inusuale e delle arguzie tecniche che travalicano l'esiguo budget che ha avuto per realizzare questa propria visione. Ma c'è comunque da passare sopra a moltissime cose, tipo una presentazione del conflitto fra il figlio e la propria madre [che mi si dice sia in parte autobiografica, come cosa] davvero sbrigativa e che lascia parecchie cose in sospeso o abbastanza vaghe, insieme a delle litigate che mantengono sempre un medesimo accordo comune e che alla lunga diventano addirittura stancanti e ripetitive. Mancanze che segnalo ma che comunque non soni sinonimo di totale incapacità, semplicemente forse era un tema troppo ostico e complesso per un diciannovenne, che comunque porta a casa un lavoro dignitoso e che lascia spazio a dei momenti di grande cinema. Ironia della sorte, infatti, mi hanno saputo comunicare maggiormente non tanto i dialoghi o gli sviluppi della trama - che rimane comunque molto esigua, essendo concentrata in maniera eccessiva sul rapporto genitoriale - quanto le parti oniriche, specie quelle che vedevano le scene riprese in rallenty con la musica in sottofondo. Piccoli momenti sospesi nel tempo che racchiudono dentro di loro tutta l'irruenta ma comunque presente sensibilità dell'autore, che sembra dover essere una persona che ha una visione del mondo molto particolare. Come particolare è il film, nonostante le sue pecche dettate proprio dal suo essere un esordio forse fin troppo pretenzioso, ma comunque ti fa sperare che un simile cineasta possa proseguire nel suo percorso e trovare una maturità che possa regalare il vero e proprio capolavoro che tutti stavano aspettando. Mi si dice che questo poi sia arrivato coi suoi lavori futuri però, essendo questo l'unico film che sono riuscito a vedere di questo scugnizzo, non mi resta che credere sulla parola. Se non altro però mi ha lasciato la voglia di proseguire nella visione della sua cinematografia. E questo non è poco.

Non c'è da aspettarsi il miracolo, anche perché va ricordato che è lo strano esordio di un diciannovenne. Già, diciannove anni. Io ne ho ventiquattro e guardo ancora i cartoni animati, invece...Voto: 
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