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Kasabian: the modern Prehistory

Creato il 06 marzo 2012 da Postscriptum

 

Kasabian: the modern Prehistory

 

Sul palco Brit-pop si allestisce una nuova scenografia; il pop-rock si esprime in un melange di tradizione, sperimentazione ed elettronica.

Minuzia ed eccentricità si miscelano e prendono forma, come di un ologramma che prepotentemente si innalza dall’interfaccia del sogno e vuol prender posto nel mondo reale.

Kasabian dal Leicestershire gridano a gran voce e con forza il diritto di esser presenti sulla scena musicale. Che ci riescano o meno è ancora presto per dirlo, anzi – anche se le intenzioni sono più che valide – il risultato sonoro potrebbe lasciar pensare anche il contrario.

 
Eclettici sono eclettici, ma sono ancora alla ricerca di quel pizzico di originalità che li innalzerebbe dall’oscuro ambito un po’ new wave anni ’80, in cui sono andati a cacciarsi.

Ad esempio, da questo quarto album -Velociraptor!- vengono fuori delle buonissime idee, tuttavia lo stile del gruppo non è ancora ben definito, trattandosi di un lavoro eterogeneo (nel senso più negativo del termine) nelle sonorità, nei ritmi e perfino nelle influenze.

Ma guardiamo le cose positivamente, sono ancora giovani

 

L’urlo del gruppo si esprime non solo vocalmente, ma anche graficamente attraverso il viso di Serge Pizzorno – autore e chitarrista del gruppo di origini italiane – il cui ritratto si moltiplica per quattro volte sulla copertina di Velociraptor, in questa spavalda posa, a bocca spalancata.

Decidere di dare un titolo che rimanda alla preistoria potrebbe trarre in inganno.

I ragazzi sono sì primitivi e rudi, ma sanno anche essere sofisticati e in parte avanguardisti, nel loro modo di accostarsi e sfiorare un certo sound che in Inghilterra è in fondo nato, per cercare di portarlo verso il futuro.

Ascoltando i brani nel complesso, quello che più colpisce è la brezza cinematografica che li pervade, in particolare alcuni di essi, come “Let’s roll just like we used to”, sembrano essere stati progettati per far parte della colonna sonora di un film.

Si tratta di un brano piacevolmente impregnato e contaminato da influenze orientaleggianti che si fanno ancora più concrete nella suadente “Acid Turkish Bath (Shelter from the Storm)”, rimandi ad un mondo lontano che si macchia di ritmi moderni e in cui è comunque azzeccato l’uso arioso dell’elettronica.

 

Kasabian: the modern Prehistory

 

Non può mancare in ogni lavoro quel pezzo che indiscutibilmente già al primo ascolto rimane impresso per un bel po’ nelle orecchie.

Un giro di basso semplice, ma che colpisce, facendo risentire a lungo il suo sound quello di “Days are forgotten”.

La voce immediata e aggressiva di Tom Meighan, a cui fa da eco il coretto ledzeppeliniano (allaImmigrant song) di Pizzorno.

Citazioni variegate quelle da cui i Kasabian si lasciano attraversare.

Prova ne è anche “La FéeVerte”, psichedelica (“I see Lucy in the sky / Telling me I’m high”) e allucinatoria al punto giusto, ricorda i Beatles e, più precisamente, John Lennon, il cui mood e i cui rimandi si avvertono fortissimi anche nel brano conclusivo “Neon Noon”.

A spezzare la tensione, ci pensano la ballad “Goodbye kiss” riecheggiante il mod-style tipico della old Britain anni 60 – si intravedono i Kinks e come riferimento più attuale anche i Verve –  e la lussuosa “Man of simple pleasures” che fa l’occhiolino al pop, ricordando invece i Blur in fuga verso i Gorillaz.

Un passo nel presente e uno sguardo al passato, per questa band. Il sintetizzatore, o meglio l’abuso di sintetizzatore è forse la pecca maggiore e la costante di questo album. Gli effetti di tale strumento (utilissimo eppur abominevole a seconda di come lo si utilizza) sono condotti ad un livello di esasperante banalità modaiola, si espandono e si allargano nel trip ipnotico “Switchblade smiles” e nella musica da club di “I hear voices” (elettronica, molto anni 80).

Il cd riprende quota sulle note della selvaggia “Velociraptor!” e della rockeggiante “Re-wired” ( il cui stile rimanda vagamente a qualcosa dei White Stripes), caratterizzate entrambe da groove muscolari.

 

 

Una sapiente miscela di tamarro e raffinato, due poli opposti che hanno come punto d’incontro il risultato finale di questo album.

Il gusto vintage e sofisticato si spoglia dell’aria più snob per scoprire l’ebbrezza del volo sulle ali del Velociraptor… lungo le coordinate delle contemporanee hit parade…


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COMMENTI (1)

Da Salvo Dentice
Inviato il 07 marzo a 09:05
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Ma come mai l'articolo non è riportato per intero?