Magazine Cultura

“Live At Fillmore East”: Un miracolo chiamato Allman Brothers Band

Creato il 10 novembre 2014 da Annalina55
Live At Fillmore East-Capricorn Records-1971

Live At Fillmore East-Capricorn Records-1971

Accade, alle volte, che un concerto si trasformi in un evento unico, straordinario, irripetibile. L’empatia che si instaura tra pubblico ed artisti sul palco raggiunge vertici assoluti trasformando un live act in un’esperienza che va oltre la musica in grado di suscitare sentimenti e sensazioni profonde capace di tramutare un semplice happening musicale in un qualcosa di storico, degno di essere tramandato alle generazioni future. Questo è quanto accaduto durante la serie di concerti tenuta da The Allman Brothers Band, al leggendario Fillmore East di New York tra l’11 ed il 13 marzo 1971. Il problema vero era, però, riuscire a catturare tanta bellezza ed intrappolarla su nastro. Le tecniche di registrazione all’epoca non erano così avanzate inoltre la band voleva un vero disco dal vivo rifiutando ogni lavoro di post-produzione (il che significava incidere tutto in presa diretta). A questo si deve aggiungere che gli Allman Brothers avevano una line up mastodontica comprendente un organista/cantante (Gregg Allman), un bassista (Berry Oakley), due chitarristi (Dickey Betts e Duane Allman) e ben due batteristi (Butch Trucks e Jay “Jaimoe” Johanson) più diversi turnisti all’armonica, al sax ed alle percussioni, cosa che rendeva molto problematica la microfonazione e l’amplificazione dei diversi elementi. Con l’aiuto del produttore Tom Dowd, il gruppo riesce a trovare una soluzione, visionando ogni sera i nastri agli Atlantic Studios e compilando la scaletta per l’esibizione successiva scegliendo i brani che avevano bisogno di essere messi a punto. Il risultato è l’album dal vivo più bello, celebrato ed importante della storia del rock.

“Questi shows, registrati a New York il 12 ed il 13 marzo 1971, restano la miglior live performance rock mai registrata su vinile. Catturano la miglior rock/blues band d’America al suo picco” (Mark Kemp- Rolling Stone-2002)

Questa citazione è più che mai azzeccata poiché rivela la vera natura di quest’opera. I microfoni riescono nell’impresa di catturare il fantastico suono di un gruppo in stato di grazia. L’annunciatore del Fillmore, Michael Ahren, apre le danze col semplice annuncio: “Ok, the Allman Brothers Band” e da quel momento è tutto un fiume di note che stende gli ascoltatori. L’attacco fulminante di Statesboro Blues, la torrida Trouble No More, la cadenzata Don’t Keep Me Wondering, la torrenziale Done Somebody Wrong, per arrivare alla strumentale In Memory Of Elizabeth Reed, alle bellissime Whipping Post, Stormy Monday, Midnight Rider, One Way Out, fino all’improvvisazione pura di Mountain Jam ed Hot’Lanta, tutto è suonato alla perfezione con una passione ed una tecnica difficili da trovare altrove

Duane (sinistra) e Gregg (destra) Allman

Duane (sinistra) e Gregg (destra) Allman

Gregg Allman disegna splendide linee di Hammond su cui innestare la sua voce roca e passionale coadiuvato dal basso puntuale di Oakley e dalle percussioni sorprendentemente complementari del duo Trucks/Johanson. Dickey Betts, per parte sua, cesella mirabili fraseggi chitarristici che ancora stupiscono per precisione ed innovazione  E poi c’è lui, Duane Allman, uno dei più grandi virtuosi della sei corde, che domina il disco in lungo ed in largo col suono inconfondibile della sua slide guitar e con la bellezza incredibile dei suoi estatici assolo. La Allman Brothers Band sembra una fonte inesauribile di musica, una miscela unica ed irripetibile di tecnica e talento. Blues, rock, jazz, improvvisazione, questi gli elementi che fanno di questo disco un capolavoro e l’innegabile atto di nascita di quello stile musicale chiamato Southern Rock che annovera tra le sua fila artisti del calibro di Lynyrd Skynyrd, Alabama, Marshall Tucker Band e ZZ Top. Essere presenti in una di quelle tre date del marzo 1971 deve essere stata una esperienza incredibile, di quelle che capitano una volta nella vita, ma chi, per i motivi più svariati, non ha potuto esserci può riassaporare quell’atmosfera ascoltando quest’opera. C’è qualcosa di magico dentro in grado di suscitare ancora, a distanza di tanti anni, sensazioni forti. Ma la magia è destinata a finire molto presto. Duane Allman, leader indiscusso della band, morirà in un tragico incidente motociclistico il 29 ottobre 1971, appena tre mesi dopo la pubblicazione di questo epocale doppio album.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :