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Lo Chiamavano Jeeg Robot. Il Film.

Creato il 20 marzo 2016 da Nasreen @SognandoLeggend

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le pellicole che – dicono – stanno sbancando al botteghino

Lo Chiamavano Jeeg Robot

Titolo: Lo Chiamavano Jeeg Robot
Regia: Gabriele Mainetti
Sceneggiatura: Nicola Guaglianone, Menotti.
Genere: Azione, Dramamtico
Produzione: Goon Films con Rai Cinema
Distribuzione: Lucky Red
Paese: Italia
Durata: 118 minuti
Interpreti: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi.

Anno: 2016
BOX OFFICE Italia: 2.319.103 €

Enzo Ceccotti entra in contatto con una sostanza radioattiva. A causa di un incidente scopre di avere un forza sovraumana. Ombroso, introverso e chiuso in se stesso, Enzo accoglie il dono dei nuovi poteri come una benedizione per la sua carriera di delinquente. Tutto cambia quando incontra Alessia, convinta che lui sia l’eroe del famoso cartone animato giapponese Jeeg Robot d’acciaio.

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Lo Chiamavano Jeeg Robot. Il Film.

Recensioneù
di Grove

In una Roma messa sotto scacco da attentati quotidiani Enzo Ceccotti, un ladruncolo da quattro soldi inseguito dalla polizia, finisce nel Tevere entrando a contatto con delle misteriose sostanze radioattive. Tornato a casa il giorno dopo si ritrova nei guai con Lo Zingaro (Luca Marinelli) capo di una batteria di delinquenti, con dalla sua parte però dei nuovi superpoteri che gli renderanno la vita più semplice portandolo allo stesso tempo a rivedere le proprie responsabilità.

Dopo Il Ragazzo Invisibile di Salvatores ecco un altro superhero movie completamente italiano, firmato da un regista in erba: Gabriele Mainetti, alle prese col suo primo lungometraggio. Quel che ci troviamo di fronte non è quello che ci saremmo aspettati.

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Lo Chiamavano Jeeg Robot sorprende sotto molti punti di vista. Ha tutti gli elementi tipici dell’ormai rodato genere americano derivante dagli eroi DC e Marvel: superpoteri, villain megalomane e l’immancabile riscoperta dell’eroe riguardo alle proprie responsabilità verso il mondo che lo circonda. Eppure nel film di Mainetti vi è qualcos’altro, particolare evidenziato dal titolo stesso presente sulla locandina, riportato sia in italiano che in giapponese. Infatti linfa vitale del film è anche la cultura giapponese da cui vengono presi molti degli stilemi tipici del pop di oggi e di ieri. In primis il mitico personaggio di Jeeg, protagonista insieme agli altri robottoni (Goldrake, Mazinga e God Sigma) dell’infanzia di migliaia di bambini nati negli anni ’70 e ’80. La mancanza di sangue, le botte date di santa ragione che distruggono tutto ciò che c’è attorno tranne che i nostri protagonisti tanto ricordano le lotte tra robottoni in voga in quegli anni. Anche l’amata dell’eroe (Ilenia Pastorelli) ha più del punto di vista giapponese che dell’americano. Una ragazza con gusti molto kawaii nel vestire e affetta da un lieve ritardo mentale. Battuta dopo battuta, con le sue debolezze e i suoi difetti sa conquistare gli spettatori. I momenti vuoti del film, tanto irrilevanti quanto indispensabili, sono probabilmente le scene che rimangono più impresse nel cuore: prima tra tutte quella nel parco giochi, della ruota panoramica.

Quel che viene prelevato principalmente dal Giappone sembrerebbe essere proprio lo spirito delle narrazioni e in particolare il saper dare tempo ad ogni cosa, perché venga da sé. È così che viene data profondità al rapporto tra i due ed è così che viene fornito il giusto tempo per comprendere la personalità

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di ognuno. Enzo sembrerebbe vivere solamente per i suoi yogurt alla vaniglia (unico acquisto in seguito a quello che potrebbe essere visto come il suo furto del secolo) e per i suoi beceri film porno che visiona una volta tornato a casa dopo la sua giornata di “lavoro”. A contraddistinguerlo fin dall’inizio è il suo menefreghismo sotto al quale però sembrerebbe nascondersi una personalità ben più articolata. Gli eroi degli anime si differenziarono negli anni ’70, rispetto ai cartoni animati americani, proprio per via della maggiore complessità dei loro personaggi, soprattutto dei villain. Col passare delle puntate ogni loro punto debole veniva scoperchiato e utilizzato contro di loro, fattore che preoccupava molto l’opinione pubblica italiana dell’epoca che invece preferiva dei bambini imbambolati di fronte all’ennesimo cartone spensierato della Hanna-Barbera. Eppure questi eroi insegnavano qualcosa a quei bambini: un motivo per “farcela” di fronte a qualsiasi avversità, appassionando i giovani dell’epoca trasformandoli in dei veri e propri fan delle saghe.

Il film sembrerebbe in primo luogo un vero e proprio omaggio agli anime del passato e a mondo del Giappone così com

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e ci viene mostrato sul grande, ma soprattutto sul piccolo schermo. Allo stesso tempo però, ed è questo il punto di forza del film, si può dire che Lo Chiamavano Jeeg Robot è un film italianissimo. Ezio è di Tor Bella Monaca e, come definito da Santamaria stesso, è un supereroe veramente “coatto”, nell’accezione romana del termine. La sua personalità schiva ed egoista mossa però da sotterranei principi di giustizia sembrerebbe molto influenzata dai pistoleri solitari di Leone e Corbucci. I riferimenti all’Italia e alla Roma contemporanea sono tantissimi: dalla partita Roma/Lazio che va a sostituire il Super Bowl americano in quanto ad evento con maggior numero di spettatori, il villain che è un ex-partecipante di “Buona Domenica”, la mozzarella di bufala campana che va a sostituire il bavaglio e un accento romano esagerato e onnipresente. Si fa avanti anche un cameo di un Salvatore Esposito sempre nei panni del camorrista, che trasforma le scene in cui compare in qualcosa di più di un semplice omaggio all’acclamata serie tv di Sollima: Gomorra.

Le interpretazioni collettivamente convincono. Santamaria sembra essere al posto giusto nel momento giusto con un buon grado di spaesamento e goffaggine, e così anche Marinelli che crea il suo personaggio pazzo e megalomane, che però tanto deve al Joker di Batman. Meno efficace invece è l’interpretazione dell’ ex-Grande Fratello Ilenia Pastorelli, che spesso mostra la mancanza di un passato da attrice. La sceneggiatura si mostra solida e la regia abile nel creare l’atmosfera di un genere che, com’è stato dimostrato, può crearsi finalmente dello spazio anche in Italia. Piccola parentesi va dedicata anche alla sigla di Jeeg Robot D’acciaio rivisitata per il film e cantata da Claudio Santamaria, ascoltabile però solamente alla fine dei titoli di coda: rimanete ad ascoltarla, che merita.

La formula di questo Lo Chiamavano Jeeg Robot complessivamente perciò funziona tanto da poter avvicinare sia i veterani dei primi anime come gli amanti di quelli contemporanei verso un supereroe di stampo completamente italiano che ancora molto sembra doverci mostrare.

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trailer


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