Magazine Diario personale

Musica in campo lungo

Da Mizaar

Joni+Mitchell+joni05Poco fa pensavo al modo migliore per iniziare a scrivere questo post. Come sempre mi ponevo delle domande: se fossi vissuta ” deprivata ” da ogni forma di arte visiva, se la mia esperienza di vita non avesse compreso l’amore per il cinema e per l’arte, come sarebbe stata la mia percezione della musica? A quale immagine visiva avrei potuto fare riferimento, a quale ” creazione ” appigliarmi per dare un corpo alle note musicali, alle canzoni? – anche se le canzoni sollecitano altri canali di percezione legate alle parole, a quello che le parole possono raccontarti, a quello che le parole possono donarti in termini di emozioni.  E non so neppure se il possedere un discreto bagaglio di immagini possa essere un handicap nella fruizione della musica fine a se stessa; nel Settecento la musica da camera a cosa faceva pensare? Le note alate di Vivaldi imitavano la natura e dunque comunque si riferivano ad immagini reali, già patrimonio vitale di quelli che potevano ascoltare Vivaldi. Speculazioni. Perché tutto questo discorrere tra me e la mia testa altro non è che il risultato dell’aver letto una notizia – i settant’anni di Roberta Joan Anderson altrimenti detta Joni Mitchell, AUGURI splendida signora del Canyon! Dopo tanto ho riascoltato Hejira, un disco che ha accompagnato la mia esistenza per più di una mezza esistenza. Perché era musica da non consumare, quella, musica che non si è consumata sicuramente. Allo prova del tempo si ascolta ancora con grande interesse – il mio, per forza! Ho così tanto amato e amo questo disco, questa donna, da ricordare anche oggi, a distanza di anni – posto il cd nel lettore, nel pomeriggio – l’attacco di Coyote, le parole, il fraseggio del basso di Jaco Pastorius dei Weather Report – geniale! – e il giro di armonica di Neil Young in Furry sings the blues e le parole cantate come poesia – poesia anche le parole, ricerca misurata di parole-immagini-emozioni. Che cosa hanno inventato le giovani cantautrici, oggi, che lei non avesse già cantato e musicato, allora? Il disco è il viaggio, ha le note e l’atmosfera di un viaggio di ampio respiro, di un viaggio in campo lungo cinematografico – ecco le immagini di cui dicevo prima. Lei è una donna libera, che racconta se stessa e la sua esperienza, viaggia senza timore, la sua musica e la sue parole sono una sorta di pellegrinaggio intimo, la messa in chiaro di emozioni contrastanti, la voglia di libertà è dominata dalla ricerca di un amore di cui vive l’entusiasmo iniziale, la sofferenza e l’amarezza, fino alla solitudine nuovamente. Lunga vita alla musicista e alla donna.

Sto viaggiando in una qualche macchina, seduta in qualche bar, un disertore di guerre inutili che distruggono l’amore. C’è consolazione nella malinconia, non c’è bisogno di spiegare: è naturale come il cielo triste di quest’oggi. Nel nostro possessivo stare insieme, non poteva essere espresso molto. Così ora sto tornando a me stessa, alle cose che tu e io abbiamo represso. In ognuno ritrovo qualcosa di me, proprio in questo preciso istante dell’universo, come candide pieghe, merletti svolazzanti attorno ad un abito di ragazza. Sai non è mai stato facile combattere o rinunciare, sia che tu percorra gli estremi in tutta la loro ampiezza o che tu continui sempre dritto per la tua strada. Ora una donna e un uomo siedono su una roccia: si scioglieranno entrambi o geleranno. Ascolta… musiche di Benny Goodman attraverso la neve e i pini. In ogni poro di me una febbrile ansia di viaggi. Ma sai, sono contenta di starmene da sola. Eppure qualche volta il più lieve sfiorarmi di un altro riesce a pervadere di fremiti le mie ossa. Lo so, nessuno mai mi mostrerà tutto: tutti veniamo e andiamo sconosciuti, ognuno così profondo e così superficiale, tra il forcipe e la tomba… ( Hejira – Joni Mitchell – 1976 )


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