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PINK FLOYD – The Endless River (Parlophone)

Creato il 05 dicembre 2014 da Cicciorusso
The Endless River

Forse il peggior artwork mai concepito.

Nel 1994 presenziai con estremo entusiasmo (e mega scorta di fumo) alla data romana dei Pink Floyd del tour di The Division Bell. Luci strobo, maiali gonfiabili, aerei che si schiantavano, uno spettacolo gigantesco e suoni pulitissimi. Io ero lì principalmente per vedere l’uomo con le lampadine addosso e tutta l’iconografia tipica fatta di mattoni bianchi e prismi di Newton vari. Fu bellissimo, mi godetti il tutto senza rendermi bene conto dell’assenza di Roger Waters e altre questioni non proprio irrilevanti. Ero un pischello, ero un ascoltatore naïf. Ecco, l’unico scenario possibile in cui io avrei potuto parlar bene di The Endless River è se fosse uscito quando avevo diciassette anni. Da ragazzino attendevo queste nuove uscite iper strombazzate con estrema apprensione, ansioso che la storia si compiesse finalmente sotto i miei occhi invece che sentirne le leggende tramandate da vecchi bacucchi. Allo stesso modo provavo infinita deferenza e rispetto per ‘i miti del rock’, una sorta di timore reverenziale mi impediva di parlarne o anche solo pensarne male. Se fosse uscito nel 1994 The Endless River avrei finito per farmelo piacere a forza e nella pausa di ricreazione avrei utilizzato complessi giochi di parole per giustificare l’ingiustificabile con i miei amichetti nerd. Il me stesso odierno invece vede The Endless River per quello che effettivamente è: una rottura di coglioni colossale, un disco di scarti di un lavoro già parecchio scrauso di suo impacchettato con una copertina da cd di tecniche di rilassamento new age. Un album i cui esiti sono tragicamente congruenti con le menzionate premesse, tutto è così prevedibile che questa recensione probabilmente avrei potuto scriverla senza averne ascoltato neanche una nota e sarebbe uscita identica. Anzi, dopo averlo sentito, posso dire che ne sarebbe uscita un po’ meglio. Perché, di tutte le malefatte di questo lavoro, non avevo considerato la peggiore, ossia quel suono plasticoso, pubblicitario e alanparsoniano che sembra essere diventato il marchio di fabbrica della, fortunatamente esigua, produzione post-Waters.

Una roba davvero irritante che sembra ambire con ferocia al riposizionamento di una delle più grandi band della storia del mondo nell’area dell’A.O.R. più moscio e radiofonico. Psichedelia discount e misticismo Ikea, un Adult Oriented Rock in cui il temine Adult è inteso nell’accezione peggiore del termine, non maturo, non consapevole (né tantomeno porno) ma invece ammansito, spento, noioso e annoiato. Tutto quello che è lecito temere dell’invecchiare è ben esemplificato in queste diciotto tracce. Un lavoro in cui l’elemento portante è la pigrizia, perché non ci sono altri modi di giustificare la scelta dell’album strumentale; a Gilmour non andava / non era in grado di scrivere due melodie in croce e ha deciso che della voce si poteva anche fare a meno. Paradossalmente questa pigrizia rischia di essere l’elemento migliore del tutto, perché l’unico brano cantato (Louder Than Words) è di una bruttezza tale che ha dell’incomprensibile. E’ pura violenza sonora, altro che i Napalm Death. Per il resto una serie di auto scopiazzamenti che si rifanno alla fase precedente a The Wall e musichine che sembrano costruite per accompagnare la pubblicità di nuova una marca di assorbenti. Musica di sottofondo per la sala d’aspetto del dentista. The Endless River è la colonna sonora di azioni irrilevanti in vite inutili. A suo modo, un prezioso monito sulla mortalità dell’uomo.



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