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Pro/vocazioni. Dieci domande a scrittori e poeti italiani. 10# ANNA LAMBERTI BOCCONI

Creato il 23 agosto 2010 da Fabry2010

Pro/vocazioni. Dieci domande a scrittori e poeti italiani. 10# ANNA LAMBERTI BOCCONI

a cura di Franz Krauspenhaar

Dieci domande secche (o delle 100 pistole) a scrittori e poeti italiani. Sempre le stesse domande per tutti, non si scappa. Scrittori e poeti giovani e meno giovani, famosi e poco conosciuti. Domande provocatorie (forse) sulla vocazione letteraria. Uno spaccato, un ritratto, un modo di vederci più chiaro, uno spunto per approfondire una conoscenza. Uomini e donne che fanno della loro vita un romanzo non solo da continuare a vivere ma anche da continuare a scrivere. O sotto altre forme della scrittura, come la poesia. Un modo per essere al mondo ed esprimere non solo se stessi ma proprio questo mondo che noi siamo e allo stesso tempo ci contiene.

Sei una scrittrice. Chi te lo fa fare?

E’ la cosa migliore che so fare; me lo fa fare la voglia di dare qualcosa di buono al mondo.

Amori e odi letterari. Per favore alla voce odi non citare solo gente defunta.

“Odii” con due i, credo. Odio molto le stronzatelle rosa e in genere tutti i libri “per donne”; sull’altro versante, odio gli scrittori che credono ancora di fare i duri spiattellando il mito dell’ubriachezza e delle scopate; odio i trombonismi di ogni genere; odio i manuali per il pornosuccesso nel pornomondo, tipo “Come diventare bella, milionaria e stronza”. In tutto questo panorama scritto che odio non saprei citarti un solo nome, perché li vedo in libreria e mi fermo al titolo e alla figura.

Amo: tanto e troppo, in genere amo più di tutti l’ultimo libro che sto leggendo se mi piace. Ora è “Nove dimissioni e mezzo” di Adele Cambria, ma a ogni nuova lettura azzeccata è un nuovo amore. Negli ultimi anni ho amato Antonio Moresco dei Canti del Caos. Amo molto seriamente e sempre amerò Amelia Rosselli. Amo da vera fan Philip Dick e Alan Moore.

Si può dire in entrambi i modi. Odi, con una i sola, è un pò più moderno.

Quanto pensi di valere? Per favore rispondi non in scala da 1 a 10 ma con un discorso articolato.

Come scrittrice penso di valere il massimo, perché nei miei libri ci metto il massimo. In altre parole, visto che non me lo fa fare proprio nessuno, se lo faccio è perché ho voglia di dare il meglio di me. Non sono famosa, quindi non ricevo né notorietà né denaro: però ho la soddisfazione di provare sincera ammirazione per le mie opere. Anche perché, se non è così, non le licenzio per la stampa. Peraltro, non capisco la falsa modestia, o chi pubblica cose di cui non è sicuro. Se uno ha il coraggio di pubblicare, è un dovere di onestà verso di sé e verso il pubblico essere convinto della bontà delle proprie opere, e quindi essere convinto di valere il massimo che uno può valere. Parlando di scrittura, so bene che non sono Dostojevskij, non sono Shakespeare: però sono FINO IN FONDO Anna Lamberti-Bocconi. E quindi di certo non come bravura, ma come valore valgo quanto loro.

Cosa pensi dell’amore? (Rispondi a parole tue)

Da un punto di vista personale, è una roba in cui ho sempre traballato moltissimo. Per me è stato un frutto tanto stupido quanto amaro. Fortunati quelli a cui va bene, ce n’è tanti. A ciascuno il suo destino. Comunque ormai non me ne frega più molto, l’amore lo intendo come stare bene, mi piace, faccio un po’ quel che mi pare, sperando che regga ancora a lungo la mia prestanza fisica.

Da un punto di vista generale penso sia una parola vuota, con talmente tanti significati che non significa nulla. Una parola-contenitore. Il sentimento è bello (parlo dell’amore fra due persone), niente da obiettare: poi è sempre una questione di fortuna, di momenti, di temperie culturale, di un sacco di sovrastrutture e condizionamenti dai quali francamente a questo punto – alla mia età e con la vita che ho avuto – mi sento liberata.

In sintesi: per me l’amore che vedo in giro si presta a troppe minchionerie, può anche andare a farsi una passeggiata che non ne sento la mancanza. Mi ci sento al di là.

Pensi che Dio, che tu ci creda o no, è ancora “materiale letterario”?

Sì, per libri pesanti.

Sei invidiosa?

No.

Preferisci una notte d’amore stupenda con il partner ideale o una maxirecensione di D’Orrico?

La numero uno!

Cosa pensi del Nobel della Letteratura a Bob Dylan? Sei favorevole o contrario?

Contraria. Invece gli darei il Nobel per la Canzone d’autore. Anche subito. A lui e a Chico Buarque. La letteratura sono i libri scritti. Rigida ma convinta.

Da un punto di vista estetico ti sembra giusto che lo Strega l’abbia vinto Pennacchi e non l’Avallone?

Un pennacchio sul cavallone. Per me lo Strega è un ottimo liquore giallo.

Progetti per il futuro?

Tanti. Sono soprattutto concentrata sui miei Laboratori di Scrittura Poetica.

Anna Lamberti-Bocconi è nata a Milano nel 1961. I suoi libri più recenti sono il romanzo Rumeni (2009, Stampa Alternativa) e il poemetto Canto di una ragazza fascista dei miei tempi (2010, Transeuropa). Ha pubblicato in poesia: Sale Rosso (1992, Stampa Alternativa), Crasi e Una poesia (1994 e 1999, Pulcinoelefante), Il vino di quella cosa (1995, ristampa 2004, Campanotto), Devi chiamarmi sempre (2005, Campanotto), La mia gatta (2009, Gattili); in prosa Sola sul cammino (1999, Xenia), La forza della preghiera (2000, Sperling e Kupfer), Sono stato quel ragazzo (2005, SEB). Come autrice di testi di canzoni, ha collaborato con Ivano Fossati (in Discanto), Fiorella Mannoia (in Gente comune), Ornella Vanoni (in Argilla), GianCarlo Onorato (in Io sono l’angelo, Falene, e nell’album di prossima uscita), Andrea Papetti (nell’album di prossima uscita). Dal 2007 si dedica all’ideazione e conduzione di Laboratori di Scrittura Poetica.



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