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Quando i Deep Purple suonarono all’oratorio di Pontoglio

Creato il 24 novembre 2011 da Scribacchina

Pontoglio, provincia di Brescia

Per la serie: doveva essere un prologo, è diventato cosa a parte.
Non prendete a pedate Scribacchina se ha diviso introduzione postuma da articolo+recensione a suo tempo pubblicati (vi 
propinerò entrambi nei prossimi giorni, non temete): sarebbe uscito un gran minestrone e la più parte di voi n’avrebbe mangiato soltanto metà piatto.
Dacché non è da Scribacchina far le veci della badante di turno che fa trangugiar alimento ai suoi lettori, ho pensato bene di separare: qui sotto troverete la parte più ghiotta, il retroscena così come vissuto dalla sottoscritta.

“Retroscena ddde che?”, domandate?
Ingenui soliti lettori. Siete di fronte al retroscena d’una storia incredibile.

Fate conto d’esser improvvisamente catapultati al fianco della sottoscritta nel lontano 1999. Voi e io, giovine donzella da pochi mesi patentata, chiusi a doppia mandata nella vecchia Golf di Fratello, grandine su grandine e un unico pensiero: ”Sì, questa è l’Apocalisse”.

Un momento.
(E tornate al vostro posto
, voialtri, ché tutt’insieme nella Golf si sta stretti).
Che ci facevo io, bergamasca di sangue misto veneto, a Pontoglio in provincia di Brescia, una domenica pomeriggio di giugno, in preda alle intemperie? Chi mi aveva distolto dalla giornata di riposi e sollazzi per dedicarmi, ancora e sempre, al lavoro?
Chi aveva potuto tanto, domandate? Ve lo dico senz’ulteriore indugio: colui aveva nome Don Andrea. Mestiere esercitato: curato dell’oratorio di Pontoglio.
Diede appuntamento alla Scribacchina tra una Santa Messa e un catechismo.

Un (altro) momento.
Perché tutto ciò? Cosa aveva da spartire Scribacchina di atea tendenza con il buon Don Andrea di cristiana appartenenza?
N’aveva, da spartire, n’aveva. Scribacchina infatti aveva scoperto, dopo lunga e complicata indagine, che di lì a breve il buon Ian Gillan e i suoi Deep Purple si sarebbero esibiti nientepopodimeno che all’oratorio di Pontoglio.
Ridete, soliti e increduli lettori, ridete: è tutto vero. Ho dalla mia la parola di migliaia di fan (più di 7.000, stando ai dati della Questura) accorsi all’evento per rendere omaggio alla storica band.

Pronta a mettere il dito nella sacra piaga e a smascherar la falsa notizia, Scribacchina si mise dunque alla guida della Fratellomobile e si recò al luogo dell’incontro. In Pontoglio. Sfidando il leggendario attrito che corre tra bergamaschi e bresciani.

All’ingresso della Fratellomobile nella cittadina bresciana, fu subito chiaro che quello col buon Don Andrea sarebbe stato un incontro fuor dall’ordinario: il cielo si coprì improvvisamente di nubi plumbee. Poche gocce rigarono la carrozzeria. Poche gocce divennero tante gocce. Tante gocce divennero tempesta. Tempesta divenne grandine.
Scribacchina neopatentata, alle prese con le prime avversità meteorologiche, parcheggiò in un posteggio a caso, in attesa che qualcuno da lassù le desse tregua. Si chiese se fosse un segno del destino, ma si rispose da sola che, no, il destino non esiste. Esiste solo il caso. Un maledetto caso avverso, materializzato sotto forma di pioggia et tempesta.

Già lo sapete, cari soliti lettori: tutto passa, a questo mondo. Passò pure l’avversità meteo. Scribacchina si accorse d’aver parcheggiato proprio fuori dal luogo dell’incontro: il già citato oratorio. Vi entrò, con fare minaccioso.
Vide venirle incontro un bravo giovine, alto, biondo, occhi azzurri; poteva essere un chitarrista metalman del posto o uno dei giovini del catechismo, vai a saperlo.
Era invece, contro ogni aspettativa, il già menzionato Don Andrea. Scribacchina smise immediatamente ogni atteggiamento minaccioso. Al suo posto sbocciò, enorme, un sincero sorriso.

Com’era prevedibile, nella chiacchierata che seguì Don Andrea rivelò che la scintilla tra la di lui persona e l’hard rock dei Deep Purple scoccò all’ascolto di quel noto Hallelujah dalle sonorità apocalittiche. Da allora, nulla fu più come prima: Don Andrea si dedicò all’ascolto della produzione di casa Gillan, con grande impegno e solerzia, tanto che divenne un convinto fan della band inglese. Tanto convinto da pianificare e realizzare un evento che neppure organizzatori ben più navigati avrebbero potuto soltanto immaginare.

Scribacchina ammutolì di fronte a cotanto personaggio: Don Andrea divenne il suo mèntore. Addirittura, le venne fatto di pensare se non fosse il caso di tradire Dio (Ronnie James) con Dio (Padre Onnipotente) e a quest’ultimo convertirsi, fosse anche solo per il tempo della serata di Gillan e soci. Ritenne però cosa saggia prendersi del tempo e meditar a fondo sulla cosa.

Scribacchina rincasò con sottobraccio il poster dell’evento futuro e una grande storia da raccontare ai suoi lettori, tra i quali poteva annoverare gl’amici coi quali, proprio poche sere prima, celiava assicurando che il concerto dei porporati all’oratorio pontogliese fosse gran bufala.

E venne pure la data del concerto. 18 luglio 1999, domenica sera (sì, sì, non c’è bisogno che lo facciate notare: Scribacchina ha memoria di ferro).

Designato accompagnatore ufficiale per l’evento, un non meglio identificato figuro che chiamerò Conoscente (datemi retta, soliti e curiosi lettori: l’elemento non merita altro nome). Conoscente, avvisato con largo anticipo, sarebbe dovuto passare a ritirare Scribacchina in orario consono. Ebbene, alle ore 18 e qualche minuto palesò telefonicamente alla sottoscritta la sua impossibilità a partecipar all’evento: sembra fosse stato legato mani e piedi da cert’amici, in provincia ligure, per prender parte a una non meglio precisata grigliata di fresco pescato.
Sia detto tra parentesi, mi sorge ora un dubbio: vuoi vedere che la Scribacchina seria m’è diventata vegetariana, anni dopo, per colpa della grigliata trotesca di Conoscente? Vai a saperlo…

Ad ogni buon conto, Scribacchina si ritrovò bidonata e pure appiedata: niente Conoscente, niente passaggio automobilistico. Ore – oramai – 18.30. D’andar da sola non ci pensò neppur’un secondo: location pericolosa, Pontoglio in provincia di Brescia, di sera, per una donzella semibergamasca.
Trovar valido sostituto non fu poi così difficile: le bastò fare un salto in cucina per individuare l’alternativo supporto automobilistico.

Fratello.

Ignaro, il giovine stava giostrando tra frigo e divano, in atteggiamento aperitivo. Fu subito adescato colla promessa che gli si sarebbe fatto conoscere – di persona personalmente – lo Steve Morse che popolava i suoi sogni di aspirante axeman. Fratello era in visibilio, i due occhi già tramutati in altrettanti plettri roteanti.

L’ammetto: mentii spudoratamente, sapendo di farlo. Fratello non era tipo da uscir la domenica sera o da far favori a Scribacchina senz’aver tornaconto.

Tant’è.
Enfin, si divertì pure lui, anche senza incontro ravvicinato col buon Morse.

Che dirvi, di più, del concerto? Fu splendido, qualcosa di spettacolare. Ricordo con un sorriso la fauna che popolava il parterre del campo oratoriano.
Mi venne fatto di paragonare il pubblico dei concerti dei Pooh (eh, soliti lettori, quanti n’ho dovuti vedere, di concerti dei Pooh…) col pubblico dei Deep Purple. In entrambi i casi, tre generazioni eran presenti: nonni, figli e nipoti.
Per i Pooh, tutt’insieme abbracciati, raccolti attorno ai loro idoli, intenti ad intonare 
“O-O Piccola Katy”.
Per i Deep Purple, tutti separati: i giovinissimi nipoti in atteggiamento
 air guitar, di sbieco guardando i genitori; i genitori in atteggiamento compiaciuto, controllanti colla coda dell’occhio i figli, che non steccassero coi loro soli aerei; i nonni, figli de’ fiori nel pieno del vigore botanico, con tutto l’apparato dell’epoca rispolverato per l’occasione (vesti, fasce per capelli, occhiali, capello lungo ahimé imbiancato dalle troppe primavere) e un entusiasmo che superava, per intensità, quello dei discendenti. Nonni e nonne scatenati nelle loro passioni hard rock, bellamente incuranti di figli e nipoti.
Già all’epoca considerai come fossero loro, i nonni del pubblico, le vere star della serata. Quelli che si divertirono di più.

E mentre il noto bicordo di Smoke On The Water - riproposto dal buon Steve Morse paro paro a quello del Blackmore – aleggiava nell’aire, Scribacchina decise che, sì, doveva appropriarsi di un tangibile ricordo della serata. Un gadget, un qualsiasi aggeggio inutile che testimoniasse la sua presenza lì, quel giorno, a quell’evento storico. Qualcosa da mostrare prima agl’amici, poi ai parenti, poi – in un futuro molto lontano – ai nipoti de’ nipoti. Prescelta, tra i tanti inutili ammennicoli, una maglietta color – ma và? – porpora, il nome Deep Purple ben stampato sul fronte, i nomi dei paesi del tour impressi sul retro. T-shirt conservata tutt’oggi a mo’ di reliquia.

E voi, soliti lettori, se un giorno vi capiterà di vedere per strada una donzella rivestita da maglietta color porpora griffata Deep Purple 1999, beh, sappiatelo: potreste trovarvi di fronte alla sottoscritta Scribacchina. Testimone vivente dello storico concerto che i Deep Purple tennero un dì all’oratorio di Pontoglio.


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