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Quo vado? di Checco Zalone: l’Italia è nuda

Creato il 05 febbraio 2016 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

quo vadoDa dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? Queste le tre domande a cui l’Uomo e i grandi filosofi, da sempre, hanno cercato una risposta. E una delle domande se la pone anche Checco Zalone nel suo quarto film: Quo vado? Dal punto di vista degli incassi verso il record. Infatti, con oltre 64 milioni di euro incassati al botteghino, è il film più visto nella storia del cinema italiano.

Dopo Cado dalle nubi, Che bella giornata (43 milioni di euro d’incasso) e Sole a catinelle (51 milioni), che già si erano rubati l’un l’altro la medaglia d’oro, stavolta Checco Zalone tocca un record mai visto prima, superando i 22 milioni di euro solo nel primo weekend di programmazione. Dati che ci fanno porre la stessa domanda che ha interrogato il comico barese: dove stiamo andando? Dove sta andando il cinema italiano e dove la nostra piccola Italietta? Come ha scritto un mio amico su Facebook, il problema non è che il pubblico va a vedere Zalone, ma che va a vedere solo Zalone.

Il successo del film sta (anche) nel grande bisogno che l’Italia di oggi ha di ridere, di svagarsi e staccare la spina per un’ora e mezzo dalla solita claustrofobica routine socio-politica. “È sempre il momento per una bella commedia” diceva Nanni Moretti nel corrosivo Il caimano. E il cinema italiano ne sforna anche troppe di commedie e commediole, spesso con lo stesso stampino madre.

Ciò che va riconosciuto a Checco Zalone è l’acutezza di sguardo con cui sa osservare l’Italia del 2016 e la capacità di parlare e legare tra loro una miriade di argomenti senza farli “avvertire” come un calderone indistinto. Mettendo in scena la parodia di se stesso e dell’italiano medio, Zalone rende quest’ultimo vero più del vero, quasi con un principio d’approccio antropologico.

Pur meno cinico e meno efficace di Sole a catinelle, senza dubbio il più riuscito dei film di Zalone, Quo vado? spara indistintamente sulla folla e fa sempre centro. Con Zalone ce n’è per tutti: Destra, Sinistra, Centro, la Chiesa, il Lavoro, i Sindacati. Stoccate di razzismo e omofobia passano (quasi) inosservate, così come battut(acc)e su omosessuali, eterosessuali, transgender.

A ben vedere continua un po’ sulla (retta) via tracciata da Sole a catinelle. Se nel film del 2013 parlava della crisi economica, in Quo vado? il lavoro continua ad essere il tema centrale. Così è per l’Italia di oggi, così è al cinema. Il protagonista del film, infatti, è un irriducibile del posto fisso nell’impiego pubblico. “Il posto fisso è sacro!” gli ripete continuamente il suo mentore, il senatore Binetto, interpretato da Lino Banfi. Il posto, già. Il posto. Qual è il nostro posto (fisso) nel mondo, nella società, nell’Europa di oggi? Anche questo riesce a chiedersi e a chiederci il film di Zalone. Ma la risposta stavolta è, inevitabilmente, incerta. Ben più certa, invece, la direzione indicata dalla bussola impugnata dal comico pugliese, capace di trasformare lo schermo del cinema in uno specchio in cui farci riflettere sulle e di fronte alle nostre miserie (e nobiltà?) con risate grasse, ma dal retrogusto amaro, di quello che torna a gola solo una volta tornati a casa. Un nuovo interrogativo quindi sorge a mo’ di commiato: che non ci resti che piangere (dalle risate)?

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