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Sport & Cinema: Ogni maledetta domenica, per pochi centimetri

Creato il 28 dicembre 2012 da Olimpiazzurra Federicomilitello @olimpiazzurra

La vita è come il football, è questione di centimetri. Se lo sappiamo lo dobbiamo soprattutto a Tony D’Amato, alias Al Pacino, allenatore dei Miami Sharks (immaginari parenti poveri dei Dolphin) in Ogni Maledetta Domenica.

Un film che è tributo al football di un grande regista americano come Oliver Stone. Storia di sport e dinamiche da spogliatoio e quadri dirigenziali, tra un coach stimato che per qualcuno comincia a essere troppo vecchio, e una giovanissima e bellissima presidentessa che ha preso in mano la squadra dopo la morte del padre, con l’intenzione di riportarla in alto e, magari, molto più ad Ovest.

Mentre gli Sharks lottano per guadagnarsi un posto al sole nella post-season della Nfl, Christina Pagniacci (Cameron Diaz) tratta per costruire un nuovo stadio a Los Angeles e spostare in California la franchigia. Una pratica piuttosto diffusa negli Stati Uniti, dove le squadre spariscono per riapparire a svariati chilometri di distanza, con buona pace di tifosi disperati e nostalgici. The show must go on e Money makes the world go round: lo spettacolo deve continuare e i soldi fanno girare il mondo, e anche le palle (da gioco, si intende).

Tony D’Amato però è uno all’antica, non si vuole arrendere agli ordini di Christina, intrusiva come il padre mai lo era stato nei fatti tecnici di campo. Il rapporto di tensione tra i due pervade tutta la durata del film, così come l’annosa questione del ricambio generazionale. Perché le stelle degli Sharks stanno invecchiando e, piano piano, si stanno eclissando. Così è per il quarterback Cap Rooney, che si infortuna e sarà costretto a fare i conti con un fisico che non risponde più agli sforzi come faceva una volta. Discorso analogo per il linebacker Luther ‘Shark’ Lavay, uno dei migliori difensori della Nfl, costretto a giocare con il collo fratturato da un medico senza scrupoli e, per questo, in costante pericolo di vita.

E mentre le loro stelle e quella dell’istrionico Julian Washinghton (uno strepitoso LL Cool J) hanno imboccato il viale del tramonto, sorge quella di Willie Beaman (Jamie Foxx), quarterback di riserva, chiamato a sostituire il grande Cap. Talento cristallino, testa matta. Willie si lascia sopraffare dalla fama improvvisa, rischia di rovinare la storia d’amore che da anni lo lega alla sua fidanzata, di gettare al vento l’occasione della sua vita. Inviso ai compagni di squadra, in rotta perenne con l’allenatore. E in questo quadro tutt’altro che idilliaco, D’Amato fa il capolavoro: porta la squadra ai playoff, quindi al Superbowl. Ed è prima di una delle partite più decisive della stagione e della storia degli Sharks che D’Amato farà il discorso che è l’autentico centro di tutto il film. Perché il futuro è tutto da scrivere, un centimetro alla volta.

OA | Gabriele Lippi

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