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THE VELVET UNDERGROUND & NICO #rock #loureed #johncale

Creato il 27 gennaio 2014 da Albertomax @albertomassazza

velvet undergroubdFrutto dell’incontro, avvenuto nel 1965, tra Lou Reed, ex studente di letteratura e autore di originali ballate metropolitane, e John Cale, giovane musicista gallese che si muoveva negli ambienti della musica colta contemporanea, con collaborazioni con Cage e La Monte Young, i Velvet Underground sono stati uno dei gruppi più influenti nella storia del rock, pur non avendo avuto successo di pubblico, nei pochi anni di effettiva attività. A completare i ranghi, venne chiamato un ex compagno di studi e di musica di Lou Reed, il chitarrista Sterling Morrison, mentre alle percussioni inizialmente andò Angus MacLise, conosciuto da Cale nel giro di La Monte Young. MacLise uscì dal gruppo dopo pochi mesi, contrariato dalla piega professionale che si voleva far prendere al progetto e venne rimpiazzato da Maureen Tucker, detta Moe, una giovane percussionista dallo stile tribale e ipnotico. John Cale si ritagliò un ruolo da polistrumentista, con predominanza della viola elettrificata, strumento piuttosto insolito nella scena rock; Lou Reed quello di cantante e chitarrista, oltreché di autore principale dei brani. Con questa line-up, i Velvet presero a battere i locali della scena underground newyorkese e fecero le prime sessioni in studio, registrando alcuni brani poi inclusi nell’album d’esordio. Nel dicembre del 1965, durante un concerto al Café Bizarre del Greenwich Village, vennero notati da artisti della cerchia di Andy Warhol che caldeggiarono il vate della Pop-art ad ingaggiarli per gli happening multimediali che portava in giro per gli States.

Warhol mise la band sotto la sua ala protettiva, divenendone il manager e inserendo nella line-up una modella e attrice tedesca, dotata di un profondo timbro da contralto e di un’eleganza funerea: Christa Paffgen, nota col nome d’arte di Nico. Dopo un rodaggio passato tra serate autonome nei club di New York e tour al seguito degli show multimediali alienati e decadenti di Warhol, i Velvet iniziarono le registrazioni dell’album d’esordio, grazie al contratto che Warhol aveva procurato con la Verve, etichetta discografica della MGM. L’inventore della Pop-art curò la grafica di copertina, la celeberrima banana da sbucciare, e si ritagliò un profilo da produttore, anche se la produzione effettiva venne data in mano a Tom Wilson. L’album The Velvet Underground & Nico venne pubblicato il 12 marzo 1967 e il promettente riscontro, relativamente alla difficoltà della proposta, venne reso vano da una bega legale intentata da un ex attore della Factory che compariva in un fotogramma nel retro di copertina. La MGM ritirò temporaneamente il disco e l’effetto sorpresa svanì, relegandolo all’anonimato.

L’impatto dell’album fu comunque scioccante nella temperie dominata dal peace & love della cultura Hippie. Un album composto da undici tracce, tra ballate decomposte e strazianti, litanie e cantilene nichiliste in cerca di uno spiraglio di luce, rock’n roll minimali e paranoici, improvvisazioni dilacerate e viscerali, in un marasma di sonorità noise e psichedeliche, cupe e ipnotiche, postmoderne e primordiali. I testi di Reed, proposti dal personale sprechgesang estraniato dello stesso autore o dalla voce ieratica e funerea di Nico, cantavano un’inedita epica dei reietti, tra tossici alla perenne ricerca di pusher che si facevano aedi della loro violenta e visionaria epopea di rifiuti umani, a stento illuminati dall’effimera esplosione di un’alba domenicale; ciniche ninfomani e adepti sadomaso a celebrare la decomposizione dei buoni sentimenti; angeliche maledizioni di poeti estinti e maschere ghignanti da indossare nel rito atroce dell’aperitivo. Insomma, un universo di morti viventi orgogliosi della propria capacità di adattamento a qualsiasi tossicità chimica e morale. Un tale orizzonte di putrefazione non poteva che guadagnarsi l’ostracismo dei mass-media e, nonostante l’interesse della critica più attenta, l’album scivolò velocemente verso l’oblio.

Dopo l’uscita del disco, Nico non resse alla tensione costante nei rapporti con Lou Reed, alimentata anche da implicazioni erotico-sentimentali, e abbandonò il gruppo prima dell’inizio delle registrazioni del secondo album, White light, white heat, pubblicato nel gennaio del 1968. Un disco che radicalizzava l’estetica del marcescente, con una più studiata ricerca in funzione cacofonica e disarmonica nella cura dei suoni e della struttura compositiva, ma privo dell’urgenza viscerale e della potente epica maledetta dell’album d’esordio. Ancora una volta, l’agognato riscontro di pubblico venne a mancare e la tensione tra Reed, orientato verso un orizzonte pop, e l’intransigenza sperimentale di Cale, portò quest’ultimo ad abbandonare la band, sostituito da Doug Yule. Seguirono due album (The Velvet Underground, 1967; Loaded, 1970) da considerarsi più come prime prove di Reed solista. L’insuccesso, nonostante la maggiore orecchiabilità dei brani, portò il leader sull’orlo di una crisi di nervi e, abbandonato il gruppo, iniziò a pianificare una carriera solista che, alcuni anni dopo, gli diede la tanto inseguita consacrazione come rockstar planetaria. Poco dopo, anche Sterling Morrison lo seguì, per dedicarsi all’insegnamento della letteratura. Sempre a nome Velvet Underground, Doug Yule pubblicò l’album Squeeze nel 1973, ma ormai del sound originario non era rimasto niente.

Passati tra lo sdegno e l’indifferenza dei contemporanei, i Velvet Underground vennero riscoperti solo grazie alle fortune di Lou Reed e al prestigio di cui godette John Cale nei decenni a seguire. I loro primi due album divennero stelle polari per tutti quei musicisti che si ponevano come obiettivo un radicale rinnovamento del rock. Glam, Punk, New Wave, Dark, No Wave, Grunge: la depravata band newyorkese può vantare crediti sostanziosi nei confronti di tutti i movimenti che hanno cercato di infondere nuova linfa al rock.

 



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