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Creato il 01 gennaio 2016 da Filmedvd

Un altro anno di cinema si è appena concluso. Un anno di sorprese e delusioni, ricco di grandi pellicole e di opere che hanno saputo emozionare per la loro qualità visiva, drammaturgica o per l'interpretazione eccelsa del cast. Anche al termine di questi dodici mesi scegliere una lista dei dieci titoli più meritevoli non è stato per niente facile, ma l'obiettivo di individuare i film più rilevanti del 2015 è stato raggiunto. Come lo scorso anno, prima di analizzare i dieci titoli migliori vorrei menzionare alcuni film che hanno caratterizzato altrettanto quest'annata e che, in alcuni casi, avrebbero meritato di essere inseriti in una classifica di questo tipo.

Mi riferisco a raffinati thriller d'autore come di Michael Mann o a docu-film sperimentali tra arte e storia come Francofonia, del maestro russo Aleksandr Sokurov. Senza dimenticare la dirompente commistione tra cinema e musica e l'analisi affascinante e approfondita della natura umana di , l'esplosività tecnica e la splendida follia estetica di Mad Max - Fury Road, l'intelligente operazione indie di Maya Forbes con Teneramente folle, la profonda riflessione sul connubio tra umanità e intelligenza artificiale di , folgorante opera prima sci-fi di Alex Garland, la cupa e ambigua tensione di di Denis Villeneuve, l'originalissima, soffocante e sferzante satira distopica di The lobster di Yorgos Lanthimos, il pessimismo nichilista di Woody Allen con Irrational man e il ritorno sfolgorante e (non solo) nostalgico di Star Wars - Il risveglio della Forza, rispolverato da J.J. Abrams.

Così come il cinema italiano, che ha proposto soprattutto poetici documentari tra mitologia e atmosfere fiabesche della Campania rurale come Bella e perduta di Pietro Marcello, l'analisi tra anzianità e giovinezza in Youth - La giovinezza del nostro premio Oscar più discusso, Paolo Sorrentino, attraverso un elegante (e a tratti arrogante) manifesto sull'incedere della vita, e la brutale e misera rappresentazione della realtà borgatara romana del compianto Claudio Caligari in Non essere cattivo, proposto dall'Anica per concorrere (inultimente) ai premi Oscar 2015. Fatte le dovute premesse, ecco i dieci migliori film del 2015.

10. QUEL FANTASTICO PEGGIOR ANNO DELLA MIA VITA

Diretto dal promettente Alfonso Gomez-Rejon, Me and Earl & the dying girl, orribilmente modificato nella versione italica con Quel fantastico peggior anno della mia vita, è tra i titoli più interessanti del 2015. Gioiellino indie dalla sorprendente libertà produttiva e dalla brillante scrittura infarcita di gag e citazioni cinefile, il film racconta la storia del giovane e solitario liceale Greg (Thomas Mann), costretto dalla madre a fare amicizia con la compagna di scuola Rachel (Olivia Cooke), malata di leucemia. Nonostante una trama non proprio originale e alcuni sviolinamenti stilistici, Gomez-Rejon realizza un'opera perfettamente equilibrata tra divertimento e commozione senza mai scadere nel patetismo e regalando attimi di cinema folgoranti, dalle parodie cinematografiche amatoriali di Greg e del socio Earl all'emozionante scena finale sulle note di Brian Eno e Nico Muhly. Premio del Pubblico e Gran premio della Giuria al Sundance Film Festival 2015. Dramma e cuore a tinte pop eleganti. Spensierato.

9. IL PONTE DELLE SPIE

Una delle vere sorprese dell'anno. Steven Spielberg aggiorna la sua cinematografia di stampo storico attraverso un mirabile thriller spionistico, retaggio del cinema classico hollywoodiano ma non totalmente cadenzato dalla sistematica ridondanza ammiccante che frequentemente si può riscontrare nei film del regista di E.T. - L'extraterrestre e Jurassic Park. Supportato dalla brillante scrittura dei fratelli Coen e dalla splendida fotografia di Janusz Kaminski, Spielberg porta alla luce la storia vera dell'avvocato James Donovan (Tom Hanks in forma smagliante), costretto a difendere la spia russa Rudolf Abel - strepitosa e calibrata interpretazione di Mark Rylance - nel pieno della Guerra Fredda e incaricato di occuparsi di un delicato scambio di prigionieri in una Berlino lacerata dal conflitto bellico e prossima alla divisione con la costruzione del Muro. Il risultato è un disincantato e patriottico racconto che inquadra l'ennesimo ordinary man spielberghiano dai solidi valori etici, inserito in un contesto formalmente impeccabile, e la singolare evoluzione di un regista che dimostra di saper declinare il suo talento in versioni meno estetizzanti e più equilibrate. Impeccabile.

8. MIA MADRE

In assoluto il film italiano più completo e maturo del 2015. Mia madre costituisce il ritorno a tematiche personali e intimiste di Nanni Moretti, dopo le recenti escursioni su argomenti politici controversi dell'epoca berlusconiana ne Il Caimano e sulla crisi della personalità religiosa più influente al mondo, il Papa, in Habemus Papam. Moretti ripone al centro della pellicola la figura materna, proponendo un racconto nel quale l'autore si apre al cinema e allo spettatore. L'ottima Margherita Buy veste i panni di una nevrotica regista divisa tra le riprese del suo nuovo film e la malattia della madre, interpretata dalla bravissima Giulia Lazzarini. Opera dalla narrazione asciutta e calibrata, completata da un apparato visivo capace di raccontare con sublime delicatezza un disagio esistenziale profondamente autobiografico, Mia madre stupisce per l'equilibrio con cui Moretti rappresenta attimi quotidiani di ordinaria realtà senza rinunciare a virate più leggere, trainate dal bizzarro personaggio di John Turturro, e a deviazioni oniriche e ammalianti come la scena davanti al vecchio cinema Capranichetta di Roma, dov'è in programmazione Il cielo sopra Berlino, sulle note di Leonard Cohen. Disarmante.

7. 45 ANNI

Dramma raffinato sulla crisi coniugale tra Geoff e Kate Mercer, coppia della piccola borghesia britannica, a pochi giorni dal loro quarantacinquesimo anniversario di matrimonio e terzo film in carriera per il giovane Andrew Haigh, che realizza un'opera profonda e inquietante, di rara eleganza. La tranquilla vita di una coppia consolidata nei decenni grazie a un matrimonio solido e radicato viene sconvolta il giorno in cui si diffonde la notizia del ritrovamento del cadavere dell'ex fidanzata dell'uomo, tragicamente deceduta sulle Alpi svizzere molti anni addietro. Da quel momento tra i due coniugi si aprono crepe inaspettate, rivelatrici di dubbi e fragilità mai comparsi prima. 45 anni colpisce per la magistrale prova dei due attori protagonisti, un sottovalutato Tom Courtenay e la meravigliosa e intensa Charlotte Rampling, e per la magnetica rappresentazione di un microcosmo apparentemente conosciuto, qua sovvertito clamorosamente dall'analisi di Haigh, che indaga i fondamenti stessi del matrimonio come pochi hanno mai saputo fare al cinema, mescolando il dolore della storia e la sua ambigua e pessimistica visione con la garbata e delicata messinscena dai tratti tipicamente British. Destabilizzante.

6. INSIDE OUT

Senza dubbio il film più analizzato, osservato, amato e discusso del 2015. Inside out è l'emozionante nuovo capolavoro della Disney / Pixar, capace di creare un'esplosione di colori dal potente richiamo visivo unita alla riflessione introspettiva più convincente del suo pur ricco e sfaccettato cinema. Un cinema contraddistinto dal complesso obiettivo di coinvolgere adulti e bambini attraverso film che non siano solo mera animazione d'intrattenimento ma che riflettano anche quel mix agrodolce del quale è permeata la vita reale, raccontata spesso attraverso situazioni in cui lo spettatore riesce a identificarsi tutti i giorni. Nella mente della piccola Riley convivono le principali emozioni dell'essere umano: Rabbia, Paura, Disgusto, Tristezza e Gioia. Attraverso il difficile percorso di crescita della bambina, dal trasloco in una nuova città all'ambientamento in una nuova scuola, Inside out si rivela uno dei più grandi romanzi di formazione, non solo nella filmografia della Pixar ma nell'intera storia del cinema, grazie ad un gusto estetico quasi autoriale, senza abbandonare i classici stilemi mainstream. Intrigante l'aspetto filosofico e misterioso che aleggia intorno alla trama e alla mente umana, dalla fondamentale importanza di Tristezza, dalla quale Gioia non può prescindere, fino al profondo connubio con il cinema espresso dalla "fabbrica dei sogni" e al dolore per l'abbandono dell'infanzia, in una delle sequenze più vibranti del cinema contemporaneo. Meraviglioso.

5. UN PICCIONE SEDUTO SU UN RAMO RIFLETTE SULL'ESISTENZA

Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia 2014 per il bizzarro film del regista svedese Roy Andersson, che dopo aver conquistato gli addetti ai lavori al Lido lo scorso anno, replica nel 2015 in sala con questa sua graffiante satira dolceamara sul fatalismo della vita, che si fa beffe del Potere e che pone al centro della trama le surreali vicende di due mesti venditori ambulanti, in un contesto minimal e ingessato, palesemente ispirato al teatro dell'assurdo di Samuel Beckett e in buona parte a quello scandinavo di August Strindberg. Andersson si avvale di innumerevoli inquadrature fisse intrise di un umorismo spiazzante e grottesco, che mettono alla luce le meschinità quotidiane e le solitudini della vita attraverso modalità stranianti e a tratti disturbanti, non facilmente leggibili ma cariche di magnetismo. Attraverso una narrazione dai tempi dilatati e solo apparentemente statici, Andersson, in un vago richiamo ibrido a Ingmar Bergman e Aki Kaurismaki, si prende gioco degli orrori di un mondo che lui stesso plasma in un'arte pittorica ipnotica. Visionario.

4. FOXCATCHER

La misurata e rigorosa regia di Bennett Miller per uno dei biopic più cupi e disturbanti del 2015. Un irriconoscibile Steve Carell, alla sua prima interpretazione drammatica, è l'inquietante miliardario John DuPont, che nel 1987 convoca il wrestler Mark Shultz (Channing Tatum) per poter finanziare lui e la squadra olimpica di lotta libera, facendola allenare presso la sua tenuta Foxcatcher. Il morboso legame che s'instaura tra i due viene incrinato pericolosamente dall'arrivo del fratello di Mark, Dave (Mark Ruffalo), e il folle epilogo sembra imminente. Foxcatcher - Una storia americana impressiona per la sua incredibile sinergia tra una sceneggiatura sempre attenta a non strafare e che lavora per sottrazione, mantenendo sempre una tensione soffocante e costante per tutto l'arco della narrazione, l'incredibile performance dei tre protagonisti, soprattutto Channing Tatum, sorprendente nella sua interpretazione dolente, e la cura dei dettagli visivi. Meno sportivo di quanto si possa pensare: piuttosto una riflessione incredibilmente stratificata sul decadimento del Sogno Americano e sul sofferto bisogno di avere accanto una figura di riferimento. Oscuro.

3. BIRDMAN

Impressionante dramedy teatrale dalle tinte black e metacinema allo stato puro, Birdman è una delle esperienze cinematografiche più emozionanti dell'anno. Vincitore di quattro premi Oscar, tra cui miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia, il film di Alejandro González Iñárritu è un vero e proprio saggio di tecnica: non solo registica, con un lunghissimo (e in parte ricostruito in digitale) piano-sequenza di 110 minuti, ma anche di recitazione, grazie a un cast monumentale, capitanato dal redivivo Michael Keaton alle prese con un ruolo quasi ricalcato sul suo reale percorso e valevole di un'intera carriera. Riggan Thompson è un attore diventato celebre per aver interpretato il supereroe Birdman in una serie di film di successo a Hollywood; il declino del suo personaggio costringe Thompson a ripartire dai teatri di Broadway e dall'adattamento di un libro di racconti di Raymond Carver, Di cosa parliamo quando parliamo d'amore. Critica dissacrante e autoironica sul mondo dello spettacolo effimero e ipocrita, Birdman regala un finale controverso e incanta per il talento funambolico di Iñárritu, l'eccellente script pieno zeppo di dialoghi serrati ed esplosivi, alternati a riflessioni più nostalgiche e malinconiche, e alla splendida fotografia dello straordinario Emmanuel Lubezki. Virtuosistico.

2. VIZIO DI FORMA

Una delle più grandi imprese cinematografiche del 2015 la compie Paul Thomas Anderson adattando l'intricato e tortuoso romanzo nero di Thomas Pynchon, Vizio di forma, e creando un meraviglioso noir, più che mai complesso da recepire ma dall'affascinante poesia malinconica e grottesca, inframezzata da tratti più o meno nichilisti e nonsense. A rappresentare la realtà sporca e deformata della Los Angeles a cavallo tra gli anni '60 e '70 è l'investigatore privato dal sapore hippie Doc Sportello (Joaquin Phoenix), incaricato dalla sua ex ragazza Shasta (Katherine Waterston) di indagare sulla scomparsa del suo compagno, il ricco Mickey Wolfmann (Eric Roberts). Ossessionato dalla figura di Shasta, Sportello si avventura in una serie di eventi al limite del surreale, perennemente ostacolato dal detective Bigfoot (Josh Brolin). Grazie anche all'imprescindibile colonna sonora di Jonny Greenwood, affiancata da alcune musiche proprie dell'epoca (tra tutti Neil Young e Chuck Jackson), Anderson ci immerge nello psichedelico mondo del suo cinema più puro, a tratti disomogeneo a causa di una narrazione non propriamente definita, ma stupefacente nella sua capacità di curare ogni minimo dettaglio formale, tra costumi e messinscena, senza mai perdere di vista il lato umano della narrazione e l'interpretazione mostruosa del cast, che nei suoi film è quasi sempre a livelli eccelsi. Duetti straordinari tra Phoenix e Brolin, così come ricco di intenso e incredibile erotismo è uno degli incontri tra Shasta e Sportello. Esempio mirabile di grande cinema. Spiazzante.

1. L'ALTRA HEIMAT - CRONACA DI UN SOGNO

Il romanzo di formazione dell'anno, ambientato nella Germania di metà Ottocento, nel paesino di Schabbach. Edgar Reitz riesce a coinvolgere con sublime maestria e desiderio malinconico raccontando, in quattro ore di folgorante cinema d'autore, un'epoca caratterizzata dalla dominazione francese in territorio tedesco e la conseguente, mastodontica migrazione verso il Brasile; il tutto sviscerato attraverso gli occhi del giovane sognatore Jacob, che nei libri trova conforto evasivo da una realtà cruda e fangosa. Un capolavoro esistenziale dalla struggente bellezza sentimentale, storica e visiva, con un occhio che ricorda il doloroso passato e anela disperatamente al futuro. Straordinario il bianco e nero e l'uso a sprazzi del colore. Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2013, L'altra Heimat è la monumentale conclusione di un progetto sperimentale di rara potenza ed efficacia, sbalorditivo nella sua capacità di approfondire la storia della Germania raggiungendo vette degne delle più grandi opere narrative europee. Indispensabile.

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