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Creato il 02 dicembre 2015 da Filmedvd

Scrivere un articolo di approfondimento su Woody Allen e i suoi ottant'anni, compiuti il 1° dicembre, non è certo semplice. Non tanto perché ripercorrere minuziosamente la sua infinita filmografia e raccontare a 360° gradi la sua icona leggendaria richiederebbe un'uscita a puntate alquanto lunga e complessa, quanto perché, per molti dei suoi detrattori (ma anche per alcuni dei suoi fan più affezionati), il Woody Allen che fu è morto da tempo. Ecco perché in questo momento ho quasi la sensazione di dover affrontare la stesura di articolo di ricordo post-mortem.

Probabilmente Woody, che sulla morte, come su mille altri tabù, ha sempre ironizzato affermando di non averne timore e semplicemente "Non vorrei essere lì quando accadrà", ascoltando tutte le critiche piovutegli addosso negli ultimi anni a causa della qualità dei suoi film recenti, starà sogghignando sdraiato sul lettino del suo psicanalista. Per omaggiare il compleanno di uno dei geni artistici del ventesimo secolo ripercorriamo brevemente la sua carriera sul grande schermo provando ad utilizzare come chiave di lettura la geografia. Sì, la geografia: perché l'amore viscerale di Woody per la sua New York ha prodotto i suoi migliori lavori, ma anche le incursioni europee degli anni successivi hanno regalato, tra alti e bassi, alcune chicche interessanti.

TUTTI DICONO "I LOVE YOU NEW YORK" - DA IO E ANNIE A RADIO DAYS

Il legame con la città di New York per l'uomo, prima che per l'artista Woody Allen, è da sempre radicato, sin dalla nascita. Non esiste probabilmente un altro cineasta che abbia saputo amare così passionalmente la Grande Mela, location prediletta per molte delle sue opere. Ci limiteremo a sottolineare solo le pellicole che vedono Allen anche nelle vesti di regista, oltre che di interprete principale. Nonostante le prime scene newyorkesi siano visibili già ne Il dittatore dello stato libero di Bananas del 1971, il primo film in cui New York è parte integrante del cast è uno dei suoi massimi capolavori.

Io e Annie nel 1977 è stato il film che ha consacrato definitivamente Woody Allen nell'olimpo dei grandi: tale investitura non poteva che passare dalle inquadrature di Central Park e di Manhattan in quello che è considerato come il primo vero grande capolavoro della sua filmografia, all'epoca già ricca di titoli dalla comicità raffinata come Prendi i soldi e scappa e Amore e guerra. Con Io e Annie Allen regala un meraviglioso affresco romantico, psicanalitico e geniale sulla nevrosi del rapporto di coppia attraverso la sua classica ironia jewish che qui conosce uno dei picchi più alti di sempre, grazie anche a quella delicatezza pungente che ha da sempre contraddistinto il suo cinema. Io e Annie verrà ricompensato con quattro premi Oscar, tra cui quello al miglior film.

New York, con la chiesa di Sant'Ignazio di Loyola, Long Island e il Bronx, fa da sfondo anche alla pellicola successiva di Allen. Ispirandosi al cinema di Ingmar Bergman, riuscendo a non scimmiottarlo ma ricreandone perfettamente le atmosfere oniriche, Allen nel 1978 gira Interiors, primo film in cui non compare nelle vesti di attore e primo vero dramma, dopo una lunga serie di commedie più o meno leggere, che narra le vicende di una famiglia spaccatasi dopo la separazione dei genitori. Un film memorabile anche per il livello assoluto del cast, con Diane Keaton, Mary Beth Hurt e Geraldine Page.

Il film gemello di Io e Annie, se non altro per il livello iconico raggiunto negli anni, è Manhattan, splendido capolavoro del sentimento e della complessità relazionale tra uomo e donna, con la strepitosa fotografia di una New York in bianco e nero decadente di Gordon Willis, i dialoghi ipnotici divenuti cult negli anni tra Ike (Allen), un autore televisivo, Tracy (Mariel Hemingway) e la giornalista Mary White (Diane Keaton), di cui Isaac s'innamora perdutamente. Inutile ricordarvi l'inquadratura dei due protagonisti seduti su una panchina con il ponte di Queensborough sullo sfondo, simbolo leggendario di una pellicola che ha fatto la storia del cinema alleniano e non solo.

La Columbia University è stata il nido in cui Woody Allen ha scelto di girare Una commedia sexy in una notte di mezza estate, nonostante la pellicola sia ambientata nel New Jersey degli anni '20, ma il vero ritorno nel cuore di New York il regista lo concretizza prima nel 1984 con Broadway Danny Rose e poi, soprattutto, nel 1985 con l'originale commedia romantica a tinte fantastiche La rosa purpurea del Cairo, la pellicola più cinefila di Allen, se non altro per la commistione tra realtà e immaginazione su grande schermo, con Mia Farrow protagonista nei panni di Cecilia, una moglie afflitta dal logorio della quotidianità, che nel cinema trova una valvola di sfogo.

I quartieri piccolo-borghesi di New York sono invece le ambientazioni predilette di Hannah e le sue sorelle, ammaliante effigie esistenziale di Allen, qui nelle vesti di uno scrittore ipocondriaco perennemente alla ricerca di una risposta ai suoi dubbi attraverso la religione e il richiamo a Dio. Pervaso da una malinconia costante, Radio days è uno dei film più deliziosi sfornati dal genio alleniano, dove il Radio City Music Hall e Brooklyn accompagnano lo spettatore in un viaggio tra i ricordi del regista, non presente personalmente nel film ma capace di unire per la prima e unica volta sul set le sue due storiche compagne: Mia Farrow e Diane Keaton.

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