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11 intrecci tra fotografia e poesia

Da Lundici @lundici_it
Doisneau Robert, Le baiser de l'Hotel  de Ville, Paris 1950

L’arte, come ben si sa, è un tutt’uno con l’uomo e le sue emozioni. E tutte le arti, tramite sinapsi sentimentali, sono tra di esse collegate. E così basta un colore, uno sguardo, un gesto per riattivare collegamenti proustiani sopiti nelle nostre menti. Un quadro può ispirare un film, una canzone può ispirare una foto (credo che chiunque abbia ascoltato almeno una volta “Rimmel” di De Gregori abbia poi provato a scattarsi una foto dove sorrideva e non guardava) e così via. Ecco allora una lista da leggere, in ordine sparso e puramente casuale, di fotografie che ispirano poesie. O di poesie che ispirano fotografie. Insomma, interpretate quest’articolo come meglio volete. Ma ricordate: leggete e osservate con sguardo attento e cuore aperto.

Giuseppe Penone, Rovesciare i propri occhi - progetto, 1970

Giuseppe Penone, Rovesciare i propri occhi – progetto, 1970

Fotografia di Giuseppe Penone “Rovesciare i propri occhi” (1970)
“Specchio” di Sylvia Plath (dalla raccolta “Ariel”)

Sono esatto e d’argento, privo di preconcetti. Qualunque cosa io vedo subito l’inghiottisco tale e quale senza ombre di amore o disgusto. Io non sono crudele, ma soltanto veritiero – quadrangolare occhio di un piccolo iddio. Il più del tempo rifletto sulla parete di fronte. E’ rosa, macchiettata. Ormai da tanto tempo la guardo che la sento un pezzo del mio cuore. Ma lei non c’è. Visi e oscurità continuamente si separano Adesso io sono un lago. Su me si china una donna cercando in me di scoprire quella che lei è realmente. Poi a quelle bugiarde si volta: alle candele o alla luna. Io vedo la sua schiena e la rifletto fedelmente. Me ne ripaga con lacrime e un agitare di mani. Sono importante per lei. Anche lei viene e va. Ogni mattina il suo viso si alterna all’oscurità. In me lei ha annegato una ragazza, da me gli sorge incontro giorno dopo giorno una vecchia, pesce mostruoso.

Lange Dorothea, Madre emigrante 1936

Lange Dorothea, Madre emigrante 1936

Fotografia di Lange Dorothea “La madre emigrante” (1936)
“Supplica a mia madre” di Pier Paolo Pasolini

E’ difficile dire con parole di figlio ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio. Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore. Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere: è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia. Sei insostituibile. Per questo è dannata alla solitudine la vita che mi hai data. E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame d’amore, dell’amore di corpi senz’anima. Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù: ho passato l’infanzia schiavo di questo senso alto, irrimediabile, di un impegno immenso. Era l’unico modo per sentire la vita, l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita. Sopravviviamo: ed è la confusione di una vita rinata fuori dalla ragione. Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire. Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

Nobuyoshi Araki “Senza titolo” (1991)

Fotografia di Nobuyoshi Araki “Senza titolo” (1991)
“Si si” di Charles Bukowski

Quando Dio creò l’amore non ci ha aiutato molto quando Dio creò i cani non ha aiutato molto i cani quando Dio creò le piante fu una cosa nella norma quando Dio creò l’odio ci ha dato una normale cosa utile quando Dio creò Me creò Me quando Dio creò la scimmia stava dormendo quando creò la giraffa era ubriaco quando creò i narcotici era su di giri e quando creò il suicidio era a terra Quando creò te distesa a letto sapeva cosa stava facendo era ubriaco e su di giri e creò le montagne e il mare e il fuoco allo stesso tempo Ha fatto qualche errore ma quando creò te distesa a letto fece tutto il Suo Sacro Universo.

Doisneau Robert, Le baiser de l'Hotel  de Ville, Paris 1950

Doisneau Robert, Le baiser de l’Hotel de Ville, Paris 1950

Fotografia di Robert Doisneau “Le baiser de l’Hotel de Ville” (1950)
 ”Sto abbracciando te” di Pedro Salinas

E sto abbracciando te senza chiederti nulla, per timore che non sia vero che tu vivi e mi ami. E sto abbracciato a te senza guardare e senza toccarti. Non debba mai scoprire con domande, con carezze quella solitudine immensa d’amarti solo io

Goldin Nan, Nan one month after being battered, N.Y 1984

Goldin Nan, Nan one month after being battered, N.Y 1984

Fotografia di Nan Goldin “Nan one month after being battered” (1984)
“La musa malata” di Charles Baudelaire (tratta dalla raccolta “I fiori del male”)

Mia povera musa, ahimè, che cos’hai stamattina? Nei vuoti tuoi occhi si affollano le visioni notturne e vedo riflessi sulla tua pelle uno dopo l’altro la follia e l’orrore, freddi e taciturni. Il verdastro succubo e il diavoletto rosa hanno versato la paura e l’amore dalle urne? L’incubo, col pugno dispotico e malvagio, ti ha annegata in un fiabesco Minturno? Voglio che il tuo seno della salute emani l’odore e sia dimora di forti pensieri e che il tuo sangue cristiano scorra in armoniche onde, come i suoni di sillabe antiche, dove a turno regnano il padre del canto, Febo, e il grande Pan, signore delle messi.

La Chapelle David, campagna Diesel 1994

La Chapelle David, campagna Diesel 1994

Fotografia di David La Chapelle “Campagna Diesel” (1994)
“Poesia” di Frank O’Hara

Stavo trotterellando e all’improvviso – si mette a piovere e a nevicare e hai detto che grandinava ma la grandine ti batte sulla zucca dura dunque in effetti nevicava e pioveva e avevo una tale premura di vederti ma il traffico faceva esattamente come il cielo e all’improvviso sbircio un titolo LANA TURNER E’ CADUTA! Non c’è neve a Hollywood non piove in California sono stato a un sacco di feste comportandomi in modo indecoroso ma di cadere non mi è mai successo oh Lana Turner noi ti amiamo, alzati!

Magritte René, Autoritratto (cab. aut.) 1928

Fotografia di René Magritte “Autoritratto” (1928)
“Follia, mia grande giovane nemica” di Alda Merini

Follia, mia grande giovane nemica, un tempo ti portavo come un velo sopra i miei occhi e mi coprivo appena. Mi vide in lontananza il tuo bersaglio e hai pensato che fossi la tua musa; quando mi venne quel calar di denti che ancora mi addolora tra le spoglie, comprasti quella mela del futuro pre darmi il frutto della tua fragranza.

Man Ray, Lacrime di vetro 1930

Man Ray, Lacrime di vetro 1930

Fotografia di Man Ray “Lacrime di vetro” (1930)
“In un momento” di Dino Campana (poesia dedicata a Sibilla Aleramo)

In un momento sono sfiorite le rose i petali caduti perché io non potevo dimenticare le rose le cercavamo insieme abbiamo trovato le rose erano le sue rose erano le mie rose questo viaggio chiamavamo amore col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose che brillavano un momento al sole del mattino le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi le rose che non erano le nostre rose le mie rose le sue rose PS. E così dimenticammo le rose.

Newton Helmut, Simulato e umano 1978

Newton Helmut, Simulato e umano 1978

 Fotografia di Newton Helmut “Simulato e umano” (1978)
“Un’arte” di Elizabeth Bishop

Dell’arte di perdere si è facili maestri; ogni cosa pare così colma dell’intento d’andar persa, che perderla non è un disastro. Perdi qualcosa ogni giorno. Accetta l’estro delle chiavi perse, dell’ora senza sentimento. Dell’arte di perdere si è facili maestri. Poi allenati a un perdere ulteriore, un perdere più lesto: luoghi, nomi, e ogni dove che la mente voleva visitare. Nulla di ciò sarà un disastro. Ho perso l’orologio della mamma. Impiastro! E di tre amate case non ho salvato niente. Dell’arte di perdere si è facili maestri. Ho perso due città stupende. E in quel contesto, diversi regni miei, due fiumi, un continente. Mi mancano, ma non è stato un disastro. Perfino nel perderti (il riso nella voce, un gesto che amo) non avrò mentito. E’ evidente, dell’arte di perdere non si è difficili maestri anche se può sembrare (e scrivilo!) un disastro.

Oppenheim Dennis, Reading position 1970

Oppenheim Dennis, Reading position 1970

Fotografia di David Oppenheim “Reading position” (1970)
 ”Casa sul mare” di Eugenio Montale

Il viaggio finisce qui: nelle cure meschine che dividono l’anima che non sa più dare un grido. Ora i minuti sono eguali e fissi come i giri di ruota della pompa. Un giro: un salir d’acqua che rimbomba. Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio. Il viaggio finisce a questa spiaggia che tentano gli assidui e lenti flutti. Nulla disvela se non pigri fumi la marina che tramano di conche i soffi leni: ed è raro che appaia nella bonaccia muta tra l’isole dell’aria migrabonde la Corsica dorsuta o la Capraia. Tu chiedi se così tutto vanisce in questa poca nebbia di memorie; se nell’ora che torpe o nel sospiro del frangente si compie ogni destino. Vorrei dirti che no, che ti s’appressa l’ora che passerai di là dal tempo; forse solo chi vuole s’infinita, e questo tu potrai, chissà, non io. Penso che per i più non sia salvezza, ma taluno sovverta ogni disegno, passi il varco, qual volle si ritrovi. Vorrei prima di cedere segnarti codesta via di fuga labile come nei sommossi campi del mare spuma o ruga. Ti dono anche l’avara mia speranza. A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla: l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi. Il cammino finisce a questa prode che rode la marea col moto alterno. Il tuo cuore vicino che non m’ode salpa già forse per l’eterno.


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