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11 settembre 2001 – 11 settembre 2007: To Cross the Line. Nei mesi successivi ho varcato la soglia e ho dovuto rimettere in discussione 28 anni di militanza politica nel Pci-Pds-Ds. 28 anni sono un bel pezzo di strada, di Paolo Ferrario

Creato il 12 dicembre 2015 da Paolo Ferrario @PFerrario

11 settembre 2001

Ricorre il sesto anno dall’attacco del terrorismo islamico alle torri gemelle di New York. Con la distruzione , assieme alle persone, di uno skyline simbolico dell’immaginario culturale del Novecento.
Per me ha contato molto quanto scrisse, quasi in tempo reale,Oriana Fallaci.
Dalla sua indagine giornalistica ho appreso ciò mi serviva ad orientarmi in quell’avvio di congiuntura storica.

L’11 settembre 2001 ha inciso moltissimo nella mia biografia.

To Cross the Line. Nei mesi successivi ho varcato la soglia e ho dovuto rimettere in discussione 28 anni di militanza politica nel Pci-Pds-Ds. 28 anni sono un bel pezzo di strada

Ma è negli scossoni storici che si vedono in modo illuminante le profonde relazioni esistenti fra l’Io, l’identità soggettiva, e il mondo esterno, ossia la società e la cultura.

Sarà una giornata di tante rievocazioni, di tanti punti di vista.

Io mi appunto qualche pensiero che va sui TEMPI LUNGHI, non sulla contingenza.

Il dato storico mi appare sempre di più questo:

l’islamismo non è un semplice integralismo cultural-religioso,

ma è un totalitarismo che si basa sul fondamentalismo religioso

L’islamismo è omologo (certo non uguale, per la diversità dei contesti) al nazismo della prima metà del Novecento.

Sostiene Alexandre Del Valle:
Pos­siamo, come suggerisce Pierre-Andre Taguieff, considerare il totalitarismo sotto tre forme e accezioni, più complementari che anti-nomiche, riprendendo la classificazione che Renzo De Felice ha ten­tato riguardo il fascismo: il fascismo come movimento, il fascismo come regime e il fascismo come ideologia. Se si applica questa tri­plice classificazione all’oggetto del nostro studio, si può distinguere il totalitarismo comemovimento, con la genealogia dei fascismi e del marxismo e della loro incubazione totalitaria nei secoli XIX e XX, il totalitarismo come regime con i regimi nazista, sovietico, maoista, khmer rosso, saudita, talibano-khomeinista o sudanese, infine il tota­litarismo come ideologia con il marxismo-leninismo, lo stalinismo, il nazionalsocialismo o l’islamismo. L’ideologia islamista traspare nella dottrina totalitaria dei Fratelli musulmani, del Gamiat-i-islami pachistano, della rivoluzione sciita iraniana o del wahhabismo sau­dita – quindi il neo wahhabismo rivoluzionario di Ben Laden – o, più in generale, nel salafismo sunnita, nelle sue forme fondamentaliste e gihadiste. La definizione generica del totalitarismo come

 “pretesa dottrinaria ideologico-politica a conglobare la totalità della vita in un monismo del potere e della visione del mondo, usando se­gnatamente l’arma del terrore e della violenza

è, secondo noi, la più adeguata a definire l’islamismo, principale rappresentante oggi della realtà totalitaria.

In Alexandre Del Valle, Il totalitarismo islamista all’assalto delle democrazie, Solinum editore, 2007, p. 87-88

Due obiezioni contro l’impiego del termine “totalitarismo” consistono nell’affermare che questa nozione è storicamente associata al nazionalsocialismo tedesco e allo stalinismo russo e che il totalitarismo è necessariamente incarnato in uno stato. Da cui la non applicabilità alla situazione odierna di quella nozione.

Per contro Del Valle sostiene che il progetto islamista prevede la soppressione degli stati tradizionali (Israele in primis) e l’edificazione di uno stato califfale transnazionale che raggruppi tutti i membri della umma islamica, ossia la comunità dei credenti.

Il totalitarismo è l’esatto opposto delle democrazie liberali, che sono dei “sistemi pluralisti fondati sulle costituzioni”.

Quali , dunque, i criteri che, con lo sguardo proiettato al presente e non con gli occhiali del Novecento, permettono oggi di definire il totalitarismo?

Usando il pensiero di Raymond Aron e di Hannah Arendt lo studioso citato ne  individua tre:

–  la confusione fra campo della politica e campo della società civile:
il rifiuto totale di ogni laicità proprio del sistema islamista deve essere considerato come uno dei criteri del totalitarismo nella misura in cui la secolarizzazione è una delle condizioni essenziali dei regimi democratici e liberali

op. cit p. 89
–  la mobilitazione totale e permanente e la fuga in avanti dell’estremismo

–  la militarizzazione non sottomessa alle norme dello stato di diritto:
An­che qui, come i corpi franchi o altri ordini del tipo SA e SS, l’isla­mismo invita ogni credente ad assolvere il suo dovere di “sforzo di guerra sul sentiero di Allah”(gihadfì sabil’Illah) contro i nemici dell’ordine islamista essendo la ricompensa il paradiso di Allah, l’e­quivalente del Valalla dei nazisti neopagani. Imperativo che i movi­menti gihadisti più o meno nati dai Fratelli musulmani o dal Gamiat-i-islami pakistano (Takfir, Gamaa, Gihad, Hamas, GIÀ, GSPC, Lashkar-i-Taiba, Geish-i-Muhammad) hanno spinto fin nelle più ter­ribili trincee chiamando i musulmani di tutto il mondo a “uccidere gli ebrei e i crociati ovunque si trovano”. Questo spiega perché ter­roristi kamikaze si improvvisano a volte al di fuori di ogni struttura organizzata, così come si è visto in Francia a fine agosto 2001 con il caso dell’islamista di Béziers, Safir Bghuia.ù

Op.Cit. p. 89
–  il rifiuto dell’individualismo. La vita singola non ha alcun valore, perché è solamente il gruppo che conta. Questo aspetto, addirittura, è più presente nell’islamismo che nei fascismi o nel comunismo, se si pensa al loro motto: “Amiamo più la morte che voi la vita”

–  il terrore e la paura generalizzata. La coppia fede/terrore è rintracciabile in tutta evidenza  in Iran, nelle giunte alla Saddam o nelle strutture monarchico tribali dell’Arabia Saudita

–  il fine giustifica i mezzi e la menzogna è un dovere:

Ci ricor­diamo del modo in cui i nazisti arrivarono al potere dopo aver utilizzato tecniche sovversive come l’incendio del Reichstag o la strumentalizza­zione del cristianesimo che invece detestavano, o ancora il modo in cui i comunisti sovietici distinguevano la verità superiore (pravda), ideolo­gica, dalla verità di fatto(istina) sacrificabile a piacere. Puskin scrisse del resto: “La menzogna che ci eleva non mi è più cara della moltitu­dine delle piccole istina…” Perciò molti grandi pensatori e giuristi del­l’isiam classico ai quali si riferiscono gli islamisti hanno anch’essi teo­rizzato la “menzogna pietosa” o “l’adesione dei cuori” (tàlib al-qulub) e l’hanno destinata a quelli che Lenin chiamava gli “utili idioti”: “Le menzogne sono peccati, salvo quando sono dette per il be­nessere del musulmano” (Al-Tabarani); “la menzogna verbale è auto­rizzata nella guerra” (Ibn Al-Arabi)7. Nello sciismo troviamo il princi­pio della taqiyya, che autorizza il credente a rinnegare pubblicamente la sua fede in un contesto ostile, mentre il salafismo sannita si riferisce alla menzogna di circostanza: “È permesso mentire per respingere un male più grande (…). La menzogna è laida ma si può usare per il bene. Si può mentire a un kafìr (infedele) al di fuori della guerra (…) per as­sicurarsi un interesse materiale”, si spiega ai giovani militanti islamisti, essendo la menzogna qui paragonata a un’opera di pietà come a una guerra santa, perché “la guerra santa deve essere condotta utilizzando la furbizia e l’inganno contro i capi kafìr, contro quelli che attaccano ciò che Dio ha rivelato (…). Ibn Taymiyya ha detto che è permesso e che è anche un dovere per un musulmano in certi casi, di assomigliare agli “associatori” nelle cose esteriori come il vestiario e altre apparenze

Op.Cit. , p. 91-92

–    il fanatismo ideologico:

ciò che caratterizza più profonda­mente il totalitarismo, non è solamente la violenza e l’ipertrofia di uno Stato liberticida ma l’ideologia stessa, intesa nel senso etimologico del termine come logica di una idea totale, il fatto di spiegare il movi­mento della storia come un processo unico e coerente dedotto a partire da una idea centrale: la legge della natura e della razza per il nazismo, della storia o della lotta di classe per il marxismo, oppure della sotto­missione dell’umanità ad Allah e quindi la lotta delle religioni e delle civiltà per l’islamismo.

Op.Cit. p.92

Mi sono appuntato questi pochi stralci di una ricerca ad ampissimo spettro: storico, religioso, politologico, giuridico, sociologico.

Il libro di Alexandre Del Valle va sui tempi lunghi.

E’ per questo che mi ha guidato nel tracciare questo ricordo dell’11 settembre.

Per decenni i miei criteri orientatori sono stati l’antifascismo e la guerra antifascista.

Sono una parte durevole della mia identità. Sono soddisfatto di me che sia andata così. Un po’ ho fatto buoni incontri e ho incrociato buoni maestri. E un po’ ci ho messo del mio,

Ed è per questo che la formula del saggista della sinistra americana Paul Berman:

la guerra al fondamentalismo è una guerra antifascista

mi ha fatto tornare alla casa dell’altra mia vita, quando ammiravo coloro che si erano battuti, in situazioni estreme e fino al sacrificio personale,  contro il nazifascismo:

I nazisti rappresentarono la Seconda guerra mondiale come una battaglia biologica tra la razza supe­riore (loro) e le razze inferiori e impure (noi). I Sovietici e i loro compagni rappresentarono la Guerra fredda come una lotta economica tra i proletari del mondo (loro) e gli sfruttatori borghesi (noi). L’immagine medioevale del fon­damentalismo, con guerrieri del gihad che brandiscono la scimitarra contro la cospirazione sionista-crociata era non meno fantasiosa, e non meno folle. La realtà della guerra al terrorismo – il panorama della vita reale che divenne evi­dente in quei primi giorni della guerra in Afghanistan – non era quindi un’operazione di polizia, non era uno scontro di civiltà e neanche una situazione cosmica. Era un avveni­mento in stile ventesimo secolo. Era uno scontro di ideo­logie. Era la guerra tra il liberalismo e i movimenti apoca­littici e fantasmagorici insorti contro la civiltà liberale fin dalla catastrofe della Prima guerra mondiale.

Paul Berman, Terrore e liberalismo, Einaudi, 2004, p. 216

Invece all’indomani dell’11 settembre l’amministrazione americana ha dovuto fronteggiare, sostanzialmente da sola, fatta eccezione della Inghilterra di Tony Blair, la guerra dichiarata dal totalitarismo islamista, attraverso la distruzione simbolica e materiale delle torri, all’intera civiltà occidentale.

Stasera gli americani si pongono molte domande. Gli americani si chie­dono: chi ha attaccato il nostro Paese? Tutte le prove che abbiamo raccol­to puntano verso un’accozzaglia di organizzazioni terroristiche liberamen­te affiliate a un’organizzazione nota come Al Qaeda. Sono gli stessi assas­sini accusati di aver bombardato le ambasciate americane in Tanzania e in Kenia, gli stessi responsabili del bombardamento dell’incrociatore USS Cole. Al Qaeda sta al terrore come la mafia sta al crimine. Essa tuttavia non ha per obiettivo il denaro; il suo obiettivo è rifare il mondo e impor­re il suo credo integralista ai popoli di ogni dove. I terroristi praticano una forma di estremismo islamico di frangia che è stato respinto dagli studio­si musulmani e dalla stragrande maggioranza dei religiosi musulmani; un movimento di frangia che perverte gli insegnamenti pacifici dell’Islam. Le direttive dei terroristi ordinano di uccidere i cristiani e gli ebrei, di ucci­dere tutti gli americani e di non fare alcuna distinzione tra militari e civili , donne e bambini compresi.  

Questo gruppo e il suo leader, una persona di nome Osama Bin Laden,  sono collegati a molte altre organizzazioni in diversi Paesi, e tra queste la  Jihad islamica in Egitto e il Movimento islamico in Uzbekistan. Ci sono  migliaia di questi terroristi in oltre 60 Paesi.

….

La nostra guerra al terrorismo comincia con Al Qaeda, ma non finisce lì. Non sarà finita fino a quando non saranno stati trovati, fermati e scon­fitti tutti i gruppi terroristici di portata globale. Gli americani si chiedono: perché ci odiano? Odiano quello che possiamo vedere proprio qui, in que­sto luogo: un governo eletto democraticamente. I loro leader si nominano da soli. Odiano le nostre libertà, la nostra libertà di culto, la nostra libertà di parola, la nostra libertà di voto e di riunirci ed essere in disaccordo l’uno con l’altro, Vogliono sovvertire i governi attuali di molti Paesi musulmani, quali l’Egitto, l’Arabia Saudita e la Giordania. Vogliono spingere Israele fuori dal Medio Oriente. Vogliono spingere i cristiani e gli ebrei fuori da ampie zone dell’Asia e dell’Africa. Questi terroristi uccidono non soltanto per porre fine alla vita, ma per disgregare e porre termine a un modo di vivere. Con le loro atrocità, sperano che l’America si impaurisca, che si riti­ri dal mondo e abbandoni i suoi amici. Sono contro di noi perché noi ci frapponiamo al loro cammino. La loro falsa devozione non ci trae in inganno. Abbiamo visto i loro simili in passato. Sono gli eredi di tutte le ideologie assassine del Ventesimo secolo. Sacrificando la vita umana per servire le loro visioni integraliste, abbandonando ogni valore a eccezione della volontà di uccidere, seguono le orme del fascismo, del nazismo e del totalitarismo. E seguiranno quelle orme fino alla fine, fin dove conduco­no: nella fossa comune dove sono sepolte le bugie della storia.

Georg W. Bush – Presidente degli Stati Uniti, Discorso al Congresso in sessione congiunta e al popolo americano, Campidoglio degli Stati Uniti, Washington, 20 settembre 2001

Non vedo nessuna contraddizione con la mia collocazione politica proveniente dalla sinistra lo stare da quella parte.

Sì …  dalla parte della amministrazione americana.

Solo mi spiace che a prendere in mano questa bandiera sia stata in questi anni la destra italiana.

11 settembre 2001 – 11 settembre 2007: To Cross the Line. Nei mesi successivi ho varcato la soglia e ho dovuto rimettere in discussione 28 anni di militanza politica nel Pci-Pds-Ds. 28 anni sono un bel pezzo di strada, di Paolo Ferrario


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