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Creato il 12 gennaio 2016 da Filmedvd

Si è svolta domenica notte a Los Angeles, all'interno del Beverly Hilton Hotel, la 73° edizione dei Golden Globe, primo grande appuntamento dell' awards season e importante indicazione per quanto riguarda la corsa agli Academy Award. Assegnati dalla Hollywood Foreign Press Association, i Globe rappresentano il più importante evento dello show-business statunitense dopo gli Oscar (cinema) e gli Emmy (Tv). Andiamo ora ad analizzare le sorprese e le delusioni di un'edizione che non ha risparmiato attimi di commozione e qualche momento bizzarro.

LA LEGGENDA DI ENNIO

Nelle due categorie musicali, riservate alla miglior canzone e alla miglior colonna sonora, trovano spazio le prime sorprese. Soprattutto nella categoria dedicata al miglior brano musicale, con i pronostici che viravano quasi tutti sulla canzone di Love & mercy, One kind of love, composta dal leggendario Brian Wilson, leader dei Beach Boys. L'alternativa più papabile sembrava il pezzo dedicato a Paul Walker, considerando la sensibilità della Hollywood Foreign Press per una certa tipologia di musica. Ad avere la meglio è stata invece Writing's on the wall, cantata dal britannico Sam Smith e dalla ritmica interessante ma probabilmente non la migliore opzione possibile nel lotto dei titoli in gara.

Meno rimpianti suscita la sconfitta dell'ipnotica sinfonia di Carter Burwell, meravigliosa composizione che avvolge lo spettatore durante l'intensa storia d'amore in di Todd Haynes. Solamente la leggenda di Ennio Morricone poteva convincerci a non rimanere troppo delusi per la sconfitta del film di Haynes in tale categoria. Celebriamo il mito di uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, "migliore di Mozart" secondo Quentin Tarantino, il quale gli ha affidato le chiavi melodiche del suo attesissimo nuovo western innevato, The hateful eight, che in Italia vedremo solamente a febbraio. La coppia Morricone-Tarantino ora vola verso gli Oscar dove potrebbe rinnovarsi il duello con Carol.

IL POTERE DELLE EMOZIONI E LA PRIMA VOLTA DELL'UNGHERIA

Se fino a qualche settimana fa nessuno poneva alcun dubbio sulla vittoria di , l'ultimo straordinario capolavoro d'animazione della Disney / Pixar, la geniale visionarietà amara di Charlie Kaufman e il suo splendido Anomalisa, presentato all'ultima Mostra di Venezia, hanno fatto credere che il dominio del film di Pete Docter fosse in discussione. Nulla di più falso, visto che Inside out si è aggiudicato un meritatissimo premio al miglior film d'animazione e continua la sua marcia inesorabile verso l'Academy Award - e non è detto che la categoria di riferimento sia la stessa dei Globe. Un personalissimo elogio è comunque doveroso per Anomalisa, che paga la presenza di uno dei migliori romanzi di formazione della storia del cinema, ma che in altre occasioni avrebbe certamente meritato un riconoscimento di questo livello.

Non riserva sorprese nemmeno il premio per il miglior film straniero, assegnato all'opera ungherese Il figlio di Saul, lacerante dramma ambientato nel campo di concentramento di Auschwitz e diretto da László Nemes, che ha conquistato Hollywood con un approccio narrativo originale e insolito. La vittoria di Nemes è storica, in quanto il cinema ungherese non era mai riuscito ad affermarsi ai Golden Globe. Nonostante la discreta concorrenza del francese Mustang, Il figlio di Saul parte come frontrunner anche per l'imminente notte degli Oscar.

IL FLOP DE IL CASO SPOTLIGHT, LO SCRIPT DI SORKIN E LA RIMONTA DI IÑÁRRITU

Doveva essere la serata del film di Thomas McCarthy, Il caso Spotlight, opera corale che affronta il problema della pedofilia nell'arcidiocesi di Boston e del team giornalistico che indagò sulla terribile vicenda. Soprattutto nella categoria riservata alla miglior sceneggiatura, McCarthy e Josh Singer partivano con i favori del pronostico alla vigilia dell'evento, salvo poi essere giustamente scalzati dal monumentale lavoro di Aaron Sorkin per , già trionfante cinque anni fa con The social network: scelta assolutamente azzeccata per quello che è indiscutibilmente il film con la miglior sceneggiatura dell'anno, arricchita dalla straordinaria performance del cast.

Da un certo punto di vista ha destato stupore il premio al miglior regista, assegnato ad Alejandro González Iñárritu, che lo scorso anno si vide strappare da Richard Linklater l'agognato Globe, salvo poi rifarsi con gli interessi agli Oscar. La Hollywood Foreign Press ha deciso quindi di snobbare i "grandi vecchi" presenti nella cinquina come Ridley Scott, che ad un certo punto sembrava il favorito principale, e il maestro George Miller per il suo sci-fi Mad Max - Fury Road. Qualche chance era riposta anche in Todd Haynes per Carol ma la rimonta di Iñárritu ha spiazzato tutti quanti.

SLY EFFETTO NOSTALGIA E L'AFFERMAZIONE DI LEO & KATE

Le varie sezioni dedicate agli attori e alle attrici con le loro relative premiazioni hanno formato un quadro estremamente variegato di interpreti che hanno visto riconosciuto il loro intenso lavoro davanti la macchina da presa. Permeata da un alone di euforica nostalgia, la vittoria di Sylvester Stallone come miglior attore supporter per Creed - Nato per vincere rende felici milioni di fan di un attore storicamente più amato dal pubblico che dalla critica. Il dolente ruolo di un anziano Rocky Balboa che allena il giovane Creed (Michael B. Jordan), figlio del compianto amico e rivale Apollo, ha fatto breccia nel cuore della Hollywood Foreign Press Association in misura maggiore rispetto alla magistrale interpretazione del navigato Mark Rylance nei panni di una flemmatica spia russa nel periodo della Guerra Fredda ne Il ponte delle spie di Steven Spielberg. Grande commozione per Sylvester Stallone, che ha voluto ricordare "il mio amico immaginario Rocky Balboa, il miglior amico che abbia mai avuto".

Per quanto ci riguarda, la categoria più affascinante era quella dedicata alla miglior attrice supporter, grazie anche alla decisione della Hollywood Foreign Press Association di non candidare attrici che fossero co-protagoniste ma che avessero davvero recitato in ruoli da supporter. Questa scelta ha determinato un incremento qualitativo nella cinquina di nomi in gara: a spuntarla sulla concorrenza è la strepitosa Kate Winslet, che si aggiudica il quarto Golden Globe della sua carriera nel ruolo della devota assistente di Steve Jobs (Michael Fassbender) nell'omonimo film di Danny Boyle e consolida ulteriormente una maturità artistica ormai consapevole e riconosciuta negli anni. La Winslet ha battuto sul filo di lana l'agguerrita Jennifer Jason Leigh e la sorprendente Alicia Vikander di The Danish girl.

Premio a Kate Winslet che ha preceduto, seppur di poco, quello assegnato a Leonardo DiCaprio, probabilmente il personaggio più atteso sul red carpet e premiato con il Golden Globe al miglior attore in un film drammatico, dopo la devastante lavorazione di Revenant - Redivivo. Un buon modo per incrociarsi per due star che dall'anno del boom con Titanic non hanno mai smesso di crescere professionalmente, trasformando quel successo in un trampolino di lancio per la propria carriera.

Qualche perplessità aveva suscitato - a noi ma anche al suo regista, Ridley Scott - l'inserimento di Sopravvissuto - The Martian nella categoria riservata alla miglior commedia / musical. Il trionfo del protagonista Matt Damon nei panni di un astronauta disperso sul pianeta Marte, e in un ruolo che vagamente ricorda quello interpretato poco tempo prima in Interstellar, premia un personaggio incisivo e divertente grazie all'interpretazione di un attore che, quando s'imbatte in registi che riescono a valorizzarne l'ironia, dimostra il suo smisurato talento.

LE GIOVANI STAR

Importante consacrazione per la giovane Brie Larson, che grazie al premio alla miglior attrice drammatica per continua la sua scalata verso gli Oscar, lasciandosi alle spalle la sublime interpretazione di Saoirse Ronan in Brooklyn. Scelta complessa, e probabilmente ha pesato la maggior presa complessiva sulla critica del dramma irlandese diretto da Leonard Abrahamson.

Ancora lei, nonostante tutto. Jennifer Lawrence divide da sempre fan impazziti che ne apprezzano la spavalderia e detrattori che la ritengono fin troppo costruita ed eccessiva. Sta di fatto che Jennifer continua ad accumulare riconoscimenti e anche questo inizio 2016 non è stato da meno. La Lawrence, nei panni di Joy Mangano, inventrice della scopa per pulire i pavimenti Miracle Mop nel biopic di David O. Russell, Joy, spazza via letteralmente la concorrenza e si aggiudica il suo terzo Golden Globe, confermando di essere una delle attrici più apprezzate oltreoceano - spesso al di là di ogni ragione - scalzando Amy Schumer, tra le favorite della vigilia per Un disastro di ragazza, apprezzato al precedente Festival di Locarno, e assoluta mattatrice comica di cui sentiremo molto parlare prossimamente.

REVENANT SCALZA SPOTLIGHT: INIZIA IL VERO DUELLO PER GLI OSCAR

Se l'enorme delusione per Carol, a mani vuote nonostante le cinque nomination, rimane molto forte, la vera grande sorpresa riguarda il premio al miglior film drammatico. L'anno scorso si fregiò di una vittoria illusoria, con tuttavia inserito tra le migliori commedie - dove venne battuto da Grand Budapest Hotel. Quest'anno il frontrunner era Il caso Spotlight, grande favorito nell'Oscar race, ma la Hollywood Foreign Press Associaton ha preferito premiare Revenant - Redivivo, ambizioso survival-movie di Alejandro González Iñárritu, che si aggiudica il suo terzo Golden Globe. Non potendo ancora esprimerci sul film, ancora per poco inedito in Italia, possiamo però constatare il repentino recupero di Iñárritu, sempre più specialista nel guadagnare terreno sulla concorrenza nelle ultime settimane che precedono la notte degli Oscar. A questo punto è evidente come Revenant - Redivivo possa competere ad armi pari con l'ottimo film di Thomas McCarthy, e non è escluso che le due pellicole si dividano la scena senza lasciare molto al resto dei candidati.

Nella categoria riservata alla miglior commedia / musical, Sopravvissuto - The Martian resiste all'attacco de La grande scommessa e si aggiudica un riconoscimento in una categoria alquanto anomala e spesso falsata da inserimenti forzati. L'impressione è che la black comedy di Adam McKay avrebbe meritato il premio a discapito della seppur valida opera di Scott, interessante sci-fi dai toni più leggeri ma nel complesso abbastanza sopravvalutato. Entrambi i film dovrebbero comparire fra i candidati agli Oscar, ma gli avversari, in quel caso, partiranno decisamente avvantaggiati. La vittoria di Revenant - Redivivo mette in prima fila l'imponente e ambizioso cinema di Iñárritu, che ha dimostrato lo scorso anno di essere molto apprezzato dall'Academy.

Chissà che Il caso Spotlight non vada incontro al destino di un altro film d'inchiesta, Tutti gli uomini del presidente, esemplare apologia sull'oscurità del potere nel mondo politico statunitense degli anni '70, che ottenne quattro statuette ma non quella al miglior film. E a togliere il premio al film di Alan J. Pakula - e a quel capolavoro di Taxi driver, non dimentichiamolo - fu proprio il film che cambiò la vita di uno degli attori premiati quest'anno, Sylvester Stallone, con il suo primo leggendario episodio di Rocky. Semplici riflessioni, che lasciano un po' il tempo che trovano ma che potrebbero trovare conferma la notte del 28 febbraio.

TV: MOZART IN THE JUNGLE, MR. ROBOT E LO STRANO CASO DI LADY GAGA

Breve excursus anche sulle premiazioni in campo televisivo, ormai spesso quasi assimilabile al cinema per qualità e investimenti. Le sorprese riguardano il Golden Globe a Maura Tierney, eccelsa interprete della seconda stagione di The affair, e le conferme arrivano dall'importante affermazione della sezione Tv di Amazon, gli Amazon Studios, che portano a casa il premio a Mozart in the jungle e quello per il miglior attore di serie comica, Gael García Bernal; quello al miglior attore supporter è appannaggio di un redivivo Christian Slater, mentre va a Oscar Isaac in Show me a hero il Golden Globe per la miglior performance in una miniserie.

Tra le novità gratificate quest'anno sottoliniamo con grande piacere il premio alla miglior serie drammatica per Mr. Robot, affascinante thriller ideato da Sam Esmail con un bravissimo Rami Malek come protagonista, uscito a mani vuote solamente per l'ingombrante concorrenza di Jon Hamm per l'ultima stagione del cult Mad men. Se fra le attrici il premio alla performance più esagitata davanti al microfono è riservato a Taraji P. Henson, premiata come miglior attrice drammatica per Empire, ci lascia un po' perplessi il riconoscimento a Lady Gaga, discreta interprete nella quinta - e pessima - stagione di American horror story ed estremamente emozionata sul palco, tanto da citare la parabola di Cher all'epoca di Stregata dalla luna.

CURIOSITÀ: TRA GIF ANIMATE E STANDING OVATION

Come ogni evento che si rispetti in quel di Holllywood - vedi il mega-selfie di Ellen DeGeneres nell'edizione 2013 degli Oscar - anche quest'anno non è mancata la gag divenuta virale nel giro di pochissime ore. Si tratta della gif animata che mostra il momento in cui Lady Gaga si sta dirigendo verso il palco per ritirare il premio e involontariamente urta il braccio di un divertito Leonardo DiCaprio seduto al tavolo. La reazione istintiva di Leo e la sua espressione sorpresa hanno fatto il giro del mondo, tanto che lo stesso divo ha poi commentato nel backstage: "Oddio, è diventato un trend online, eh? Semplicemente non avevo capito chi stesse arrivando, ecco tutto!".

Lo stesso Leo durante il suo discorso di ringraziamento ha voluto dare spazio ai nativi americani, ponendo l'attenzione sul riconoscimento dei loro diritti spesso calpestati dagli interessi capitalistici. Sul web si è parlato tanto anche della memoria corta di Quentin Tarantino, che nella foga di elogiare Ennio Morricone ha fatto notare come il celebre compositore non avesse mai ottenuto un premio negli Stati Uniti prima d'oggi, dimenticando però i riconoscimenti del 1986 per Mission e nel 1999 per La leggenda del pianista sull'oceano. In ogni caso, com'era prevedibile, l'intervento del regista di The hateful eight è stato tra i più frizzanti della serata in un mare di frasi pre-stampate e formalità.

Se la conduzione irriverente di Ricky Gervais, che in mezzo a battute sull'inutilità del Golden Globe e sull'apprezzamento "particolarmente romantico" di Roman Polanski per Il caso Spotlight, non ha risparmiato frecciatine a Mel Gibson e a Sean Penn per la recentissima vicenda giudiziaria in Messico, sul palco si sono visti un Jonah Hill versione orso di Revenant e Mark Wahlberg in coppia con Will Ferrell con un bel paio di occhiali leggermente ingombranti... oggetti al centro anche del divertente ed emozionante siparietto durante la consegna del prestigioso premio Cecil B. DeMille a Denzel Washington, in difficoltà per la lettura del discorso a causa della dimenticanza degli occhiali.

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