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12 anni schiavo

Creato il 25 febbraio 2014 da Jeanjacques
12 anni schiavo
Quando gli americani parlano della loro storia ho sempre un po' di paura. E lo ammetto, da questo punto di vista ho dei pregiudizi particolarmente razzisti. Perché gli americani hanno un modo di autoelevarsi che, davvero, non riesco a concepire, così come non riesco a concepire quanto possano esaltare in maniera esagerata e falsata le figure che hanno segnato la loro nazione - un film come Lincoln dovrebbe spiegare questo mio dilemma. Se poi andiamo a indagare in un tema come quello della schiavitù, ecco allora che lì fanno la doppiafaccia, mettendoci tristezza a palate in una maniera del tutto falsa e stucchevolezze come se piovesse. E' una caratteristica stellestrisce che mi ha sempre fatto fare delle risate amare perché dimostra come quella sia una ferita ancora aperta che provano tutt'oggi, ed è difficile rimanere imparziali nel trattare qualcosa della quale ci vergogniamo così tanto. Eppure speravo che Steve McQueen, che nero lo è sul serio, potesse parlare di un tema che 'lo riguarda' con un occhio diverso e decisamente non 'americano'.
Storia vera di Solomon Nortup, uomo libero di colore e musicista, che dopo una truffa da parte di due uomini che si professano artisti viene ridotto in schiavitù e venduto. Passerà dodici anni lontano da casa, ma la sua voglia di vivere e rivedere la famiglia prevarrà su tutto.Si sperava che McQueen potesse portare un genere così abusato ed apparente inutile come il biopic verso altri lidi, e si sperava che lo facesse con quel suo stile così dure e spietato che lo aveva fatto amare così tanto da un certo tipo di pubblico. E per i primi dieci minuti sembra che possa essere così, guardi il film e ti gasi molto, ma dopo un pochetto devi un attimo ricrederti. Noti che la medesima forza distruttrice che ti ha permesso di vedere un capolavoro come Shame mano a mano che il minutaggio scorre sembra aver avuto un crampo al polpaccio, perché la sua lenta corsa in discesa, fatta zigzagando e seguendo uno schema tutto suo, inizia ad accelerare ed a portarsi verso il centro della strada, dove tutti la possono vedere ed ammirare nella sua fantastica linearità. E cosa può aver portato un simile autore a un cambio di registro così evidente? Per me fa Os di nome e Car di cognome... perché, diciamocelo, una visione della schiavitù molto più consona di certo può aiutare con quelli della Academy. Con questo non voglio dire che questo 12 years a slave sia un brutto film, ci mancherebbe altro, ma forse se non avessi saputo che l'occhio dietro la macchina da presa fosse stato quello di McQueen magari l'avrei visto con delle diverse aspettative. O forse no, questo è un buon film e basta, ma obiettivamente non si può ritrarlo come un capolavoro. Innanzitutto posso dire che non mi è piaciuto il repentino cambio di registro che si ha dalle prime sequenze e che si concretizza nella parte centrale, così come alcune scelte narrative abbastanza facilone e un finale così rapido. E lo so che è tratto da una storia vera, ma il cinema, in quanto arte, può permetterci di traslare tutto a seconda della sensibilità dell'autore. Inoltre, se non fosse per la cifra numerica nel titolo, avrei inteso con gran difficoltà che il povero Solomon ha dovuto passare la bellezza di una dozzina d'anni nelle piantagioni di cotone. E' un particolare irrilevante magari, ma quel finale sarebbe apparso in tutt'altra maniera se questo aspetto fosse stato reso con più incisività, magari esagerando. Infatti non sembra anche a voi che quando fa il suo ritorno a casa, sia Norton che il suo padrone non siano invecchiati di un giorno? Così come non vi sembra che il personaggio di Brad Pitt che compare alla fine non possa fare a meno di sbrodolare la classica sviolinata commuovifamilgie? E tutta la violenza e la crudezza che aveva fatto star male il pubblico americano... cioè, va bene che sono americani, ma da qui a starne male ce ne vuole, per quanto le scene e l'argomento non siano di certo piacevoli - a patto che voi non votiate Lega, e in questo caso, siete pregati di andare a gettarvi con molto affetto e simpatia giù da un ponte. Tutti difetti che possono dar fastidio, ma per puro miracolo il film non tracolla mai. Anzi, si regge a galla proprio grazie al suo stile così poco marcato, che non fa un polpettone (troppo) melenso di queste vicende e, in un'unica sequenza finale, riesce a dare tutta la crudezza e la destabilizzazione che prima gli sono mancate. E quel "Perdonatemi", per quanto nuociuto da molti fattori avvenuti prima, fa scorgere la forza e la resistenza di un protagonista anonimo ma d'acciaio, che dopo mille soprusi e violenze trova ancora il coraggio e la forza di chiedere perdono, quando dovrebbe esserne lui a riceverne.Sicuramente qualche beota farà degli inopportuni paragoni con Django Unchained, dimenticandosi che sono due film diversi. Ma vabbeh, la libertà porta anche questo - una trollata ignobile, ma non ho resistito.Voto: 12 anni schiavo12 anni schiavo12 anni schiavo12 anni schiavo12 anni schiavo12 anni schiavo

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