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Creato il 13 ottobre 2013 da Malvino

[I post che ho dedicato alla Vocazione di San Matteo del Caravaggio (1, 2, 3) mi hanno procurato l’immenso piacere di uno scambio epistolare con un autorevole studioso di storia dell’arte nei cui confronti ho sempre nutrito immensa stima. Non me ne ha fatto divieto, ma eviterò di farne il nome, perché il fatto che mi abbia contattato per dare il suo fin troppo lusinghiero avallo alle mie riflessioni potrebbe metterlo a rischio di qualche speciosa molestia di rimbalzo. Se ne parlo, d’altronde, è solo per dare una spiegazione al post qui sotto, che è stato scritto su suo espresso invito, e che senza questa premessa potrebbe essere letto senza riuscire a coglierne il registro ironico, peraltro esplicito fin dal titolo: in una delle sue e-mail mi ha chiesto di produrgli un esempio di quelle disavventure che capitano – avevo scritto in risposta al commento di un lettore – a «tanta critica d’arte, che, per liberarsi dal rigore dell’analisi scientifica dell’opera (contesto storico, tecnica, ecc.), vola per i cieli dell’interpretazione arbitraria» e «piega gli elementi formali dell’opera d’arte alla concettuosità di chi la guarda», sicché accade che «la tela deve adattarsi a ciò che l’occhio vede in essa». Quanto segue, con dedica, è l’esempio richiestomi.]Il Tondo Doni come psicobiografia gay di Michelangelo[...]

   È opinione corrente che la scena dipinta da Michelangelo Buonarroti nel Tondo Doni raffiguri Maria nell’atto di prendere il piccolo Gesù dalle braccia di Giuseppe che glielo sta porgendo. Tutto sbagliato, si tratta esattamente del contrario: è Maria che porge Gesù a Giuseppe. Questa lettura consente di liberare l’opera dalla fredda analisi formale che la liquida come «punto di partenza del Manierismo» per farne un vero e proprio diario dell’anima dell’artista.Prima di passare a considerare i significati che si sprigionano dall’opera se letta in questo modo, diciamo subito che questa lettura non confligge con quanto è assodato sul piano storico in relazione a ciò che ne spiega genesi e struttura. Se infatti la scena starebbe a rappresentare il «dono» di Gesù che Giuseppe fa a Maria, in evidente allusione al cognome del committente, Agnolo Doni, la lettura alternativa di Maria che «dona» Gesù a Giuseppe non la contraddice.Peraltro, le posture dei tre personaggi della Sacra Famiglia sono compatibili con entrambe le letture, anzi, quella alternativa qui proposta risulta ancora più convincente. Gli occhi di Giuseppe, infatti, sono rivolti verso il «dono», com’è naturale in chi compia l’atto di riceverlo, mentre in Maria, che lo sta «donando», analogo sguardo è giustificato, dato il gesto di porgere il «dono» a chi è posto alle sue spalle, dalla premura di verificare se la presa sia sicura.[...]Non è tutto, perché è evidente sotto il piede destro di Gesù un lembo della veste di Giuseppe, nella quale è verosimile che il piccolo stia per essere avvolto. [...]Non così nel modo in cui è raffigurata Maria, che in grembo ha un libro del quale si sarebbe liberata se stesse per accogliervi il bambino.[...]Che sia Maria a porgere Gesù a Giuseppe, dunque, oltre che possibile è assai più verosimile che viceversa.Qui occorre rammentare che Michelangelo restò orfano di madre alla tenera età di sei anni: come non pensare al gesto della madre che prima di morire affida il figlio al padre? Si badi bene: il piccolo perde la madre mentre in piena fase edipica. Non c’è bisogno di salire sullo scaletto per tirar giù dagli scaffali alti i classici della psicoanalisi per trovare conferma che qui siamo dinanzi ad uno dei quadri clinici che predispongono il soggetto ad una conversione nevrotica che possa sfociare in una scelta omosessuale. Bene, basta spostare lo sguardo alla scena rappresentata sullo sfondo del Tondo Doni per cogliere, nelleloquenza simbolica del gruppo di efebi nudi, tutta la gamma dei correlati comportamentali dellomofilia: dal gioco e dall’abbraccio che sono la solare rappresentazione della felice e innocente pederastia in Platone e in Virgilio,   [...]al torvo cipiglio di sfida e alla presa che ghermisce la preda sessuale che caratterizza il desiderio fattosi ossesso.[...]Concludendo, e senza tema di essere smentiti, il Tondo Doni è la psicobiografia gay di Michelangelo.


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