Magazine Diario personale

#137 (pratica buone azioni ogni giorno)

Creato il 15 agosto 2015 da Donatella

Imbattersi in gesti di “ordinaria intolleranza” è diventato qualcosa di cui quasi non ci si stupisce. Ovunque si vada si incontra gente che non prova vergogna nel pronunciare frasi palesemente razziste senza distinzione di sesso, età o luogo di provenienza. Ci siamo ridotti ad aver quasi paura a intavolare una qualsiasi discussione perché questo potrebbe significare dare il La a qualcuno che non vedeva l’ora di lanciarsi in discorsi di quel tipo, dove le cose più elevate da dire sono le citazioni di Salvini.
Arriva un momento in cui il totale sconforto ti coglie e pensi che l’unica via per la salvezza sia fuggire o aspettare che una rivoluzione non pacifica ponga fine a tutto.
Il fatto è che poi accade qualcosa che squarcia con violenza il muro di intolleranza e cattiveria che sta crescendo ad una disarmante velocità, togliendo luce e ossigeno, e da quello squarcio ricominciano a entrare  raggi di sole e aria profumata di buono.
Ore 17:30. Cassa di un discount di provincia.
Davanti a noi molte piccole spese alla sola cassa aperta. La cassiera sta passando la spesa di una famiglia nordafricana: marito, moglie e tre figli, il più piccolo dei quali sta nel sacco marsupio sulla schiena della mamma.
Ci sono problemi con il bancomat. La cassiera passa e ripassa la tessera ma non viene accettata fino a quando, a quel punto molto spazientita, a voce alta davanti a tutti esclama:
-Sono finito i soldini. Non puoi pagare con il bancomat. Mi spiace.
Cala il gelo. Pare ci sia un particolare godimento dietro le sue parole. Nonostante questo comporti un lavoro in più per annullare tutta la spesa. Lui la guarda serio, deluso e imbarazzato e le dice che ha venti euro in contanti e può pagare così quello che ci sta. Lei si spazientisce, borbotta qualcosa, si lamenta che lui non capisce l’italiano, sbatte un po’ le cose sulla cassa. La scena è dolorosa. Nel frattempo apre un’altra cassa e metà delle peraone in coda si buttano su quella. Sono per lo più italiani. Li riconosci dalle espressioni infastidite dalla scena appena accaduta.
La spesa ridotta intanto vien pagata e l’uomo  chiede ingenuamente alla cassiera se per favore possa controllare il suo estratto conto per capire cosa sia successo. Lei in malomodo lo invita ad andare al bancomat per controllare  perché “non lo posso fare certo io da qui…”.
Lui si allontana lasciando moglie e bambini alla cassa con due borse di spesa che potrebbero dover restare lì se “i soldini sono finiti” davvero.
La cassiera sta soddisfatta per essersi levata dalle scatole un cliente rognoso sta per passare al prossimo. Io trattengo a stento le lacrime. Quella famiglia lontana da casa, con dei bambini piccoli, senza denaro e vittima di intolleranza…io, la cassiera, i miei figli, quelli fuggiti dalla cassa abbiamo  avuto solo la fortuna di essere nati qui. Nessun merito.
Penso alla gratuita umiliazione nel far sentire a tutti che “i soldini sono finiti” e penso che una persona umana avrebbe potuto trovare una soluzione più dignitosa per dire al cliente che il bancomat non stava erogando il pagamento.  La cassiera sta per passare il primo pezzo del cliente successivo quando si avvicina un uomo sorridente, con gli occhiali, la camicia scozzese stropicciata e bermuda di cotone con due biglietti da cinquanta euro in mano. Guarda la cassiera e le dice sottovoce:
-La spesa di quel signore, vorrei pagarla io.
Ecco in quel momento una luce accecante ha squarciato quel muro di intolleranza e cattiveria e io sono stata solo capace di ringraziarlo passandogli accanto piangendo.

“Restiamo Umani ” Vittorio Arrigoni


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