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14/04/2015 - Da Lima a Parigi. Ma sono in pochi ad essere disponibili a ridurre i gas serra

Creato il 14 aprile 2015 da Orizzontenergia

A dicembre dello scorso anno a Lima, in Perù, si è tenuto il COP20, la conferenza della Convenzione Quadro ONU sui cambiamenti climatici (Unfccc). In molti si attendevano grandi cose da quell’incontro. In particolare ci si aspettava che da quei colloqui venissero fuori le nuove linee guida per la crescita e lo sviluppo sostenibilesviluppo sostenibile
Lo sviluppo sostenibile è quel tipo di sviluppo che garantisce i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere il futuro delle generazioni a venire. I tre obiettivi dello sviluppo sostenibile sono: prosperità economica, benessere sociale e limitato impatto ambientale. La prima definizione, risalente al 1987, è stata quella contenuta nel rapporto Brundtland, poi ripresa successivamente dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo dell'ONU.
dei prossimi anni, analogamente a quanto è avvenuto con la conferenza di Kyoto del 1997.

Da Lima a Parigi. Ma sono in pochi ad essere disponibili a ridurre i gas serra
Dopo più di un giorno di negoziato ininterrotto, però, i lavori si chiusero con l’approvazione del “Lima Call for Climate Action”: un sostanziale rinvio alla conferenza di Parigi che si terrà a novembre 2015. Solo allora i rappresentanti di tutti i paesi della Terra daranno una svolta decisiva e sottoscriveranno gli accordi internazionali e gli impegni globali contro le emissioni dei gas serra, per migliorare il quadro climatico e ridurre i rischi dall’eccessivo surriscaldamentosurriscaldamento
Raggiungimento di temperature critiche.
del pianeta
a partire dal 2020.

Al termine dell’incontro di Lima, i rappresentanti dei vari paesi si sono impegnati a presentare dati e proposte entro il 31 marzo 2015: entro quella data ciascuno avrebbe dovuto presentare il proprio INDC (Intended Nationally Determined Contribution), ovvero il proprio pacchetto di misure per salvare il pianeta.

Grandi aspettative, quindi, ma anche grandi sorprese: alla scadenza fissata hanno risposto all’appello dell’ONU soltanto l’Unione Europea, la Svizzera, la Norvegia, il Messico, il Gabon, la Russia e gli Stati Uniti d’America. Assenti tutti gli altri paesi. Un comportamento anomalo e a prima vista, inspiegabile. Tanto più che l’assenza di queste proposte potrebbe avere effetti rilevanti sull’ambiente dato che oggi le maggiori emissioni inquinanti provengono proprio dalle nazioni industrializzate.

Ma anche alcune delle proposte presentate sono apparse “strane”. Come i documenti presentati da Russia, Unione Europea e Stati Uniti che, seppure per motivi diversi, sono risultati “sbagliati”. A cominciare dalle proposte dell’Unione Europea: le direttive che dovessero essere approvate dal Parlamento europeo non garantiscono affatto ne’ il “recepimento” ne’ il “rispetto” da parte dei singoli paesi. Quanto alle indicazioni fornite dagli USA, anche queste servono a ben poco: i tecnici americani hanno ribadito la proposta di ridurre, entro il 2025, le emissioni di gas serra del 26-28 per cento rispetto ai valori registrati nel 2005. Si tratta di numeri già noti e soprattutto inficiati dal metodo della “compensazione”, accettato proprio in occasione della conferenza di Kyoto: in pratica un singolo paese (ovviamente uno di quelli maggiormente industrializzati e, quindi responsabile di maggiori emissioni inquinanti) può continuare ad operare oltre i limiti dovuti a patto però che un altro paese (magari uno di quelli che, essendo meno industrializzati, hanno anche minore impatto sull’ambiente) si impegni a non superare limiti ben inferiori a quelli consentiti.

Anche la posizione della Russia è apparsa discutibile. La Russia ha proposto di ridurre le emissioni del 25-30 per cento nel periodo 2020-2030, rispetto ai livelli del 1990. Questo obiettivo, secondo i russi, dovrebbe poter essere raggiunto con il coinvolgimento di tutti i settori relativi alle emissioni inclusi quelli realizzati calcolando le foreste: l’assorbimento di CO2CO2
Gas inodore, incolore e non infiammabile, la cui molecola è formato da un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno. È uno dei gas più abbondanti nell'atmosfera, fondamentale nei processi vitali delle piante e degli animali (fotosintesi e respirazione).
delle foreste russe è molto importante dato che, sulla base di quanto indicato nell’Indc, l’obiettivo proposto da Mosca è quello che già oggi consentono di raggiungere le foreste, come confermato dai dati del Biennial Report. In altre parole, se i limiti proposti dalla Russia venissero accettati, la Russia non dovrebbe fare niente (o quasi) per ridurre le proprie emissioni.

Le uniche proposte concrete sono quelle fatte dalla Norvegia (riduzione delle emissioni di almeno il 40%), dalla Svizzera (50%) e dal Gabon (analoga a quella della Svizzera).

Per il resto nessuno ha fatto proposte concrete e realizzabili. Un silenzio preoccupante. Sintomo che i paesi maggiori responsabili dell’effetto serraeffetto serra
Fenomeno fisico per cui alcuni gas contenuti nell'atmosfera (anidride carbonica, vapore acqueo, metano, ecc..) intrappolano il calore proveniente dal sole facendo in modo che la temperatura media sulla Terra permetta la vita delle varie specie. Il meccanismo è simile a quello che avviene in una serra, da cui il nome. Tuttavia l'aumento e, dunque, la situazione di squilibrio della concentrazione di tali gas è causa di un eccessivo riscaldamento della superficie del pianeta con conseguenze anche pesanti sugli ecosistemi, su scala globale.
e dell’inquinamento globale
non hanno alcuna intenzione di accollarsi costi di produzione maggiori per ridurre l’impatto ambientaleimpatto ambientale
L'insieme degli effetti (diretti e indiretti, nel breve o nel lungo termine, positivi o negativi, ecc..) che l'avvio di una determinata attività ha sull'ambiente naturale circostante.
delle loro industrie.

Un’indifferenza grave anche in considerazione del fatto che questi paesi sono anche quelli che controllano, nel bene e nel male, l’economia del pianeta. Fatto che ha portato molti a pensare che, stando così le cose, non avrebbe alcun senso partecipare alla conferenza di Parigi dove ci si limiterebbe a ripetere raccomandazioni note e risapute, ma senza alcun riscontro concreto sullo stato dell’ambiente e sulla riduzione delle emissioni.

Tanto più che, mentre altri paesi hanno dichiarato più o meno ufficialmente di voler ridurre le emissioni, la Cina è ancora ferma nella propria convinzione di non ridurre i propri gas almeno fino al 2030. Sino a quella data le industrie cinesi saranno libere di continuare ad aumentare il proprio impatto sull’ambiente: già oggi la situazione in Cina è terrificante, con buona parte delle risorse idriche dichiarate pericolose per la salute proprio a causa delle sostanze che ogni giorno finiscono nei fiumi e nelle falde acquifere.

Analoga la posizione dell’India, secondo la quale la decisione di ridurre l’emissioneemissione
Qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera a seguito di processi naturali o antropogenici, che produce direttamente o indirettamente un impatto sull'ambiente.
delle sostanze causa dell’effetto serra non dovrebbero essere applicate a tutte le nazioni nello stesso modo. Permettendo in questo modo, come è stato fatto fino ad oggi, ai cosiddetti “Paesi in via di sviluppo” di continuare ad inquinare più degli altri.

Stando così le cose appare comprensibile, ma non condivisibile, il fatto che la quasi totalità dei paesi hanno deciso di non rispondere al Lima Call. E che molti di loro hanno deciso di non prendere parte alla conferenza di Parigi di novembre.


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