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16 marzo 2011: KVETCH piagnistei

Creato il 13 marzo 2011 da Sarettacecia

Il 16 marzo alle 21.00 continua la rassegna TRA CARCERI E CARCERI con lo spettacolo

KVETCH

16 marzo 2011: KVETCH piagnistei

piagnistei

di Steven Berkoff
con Ivan Zerbinati, Laura Bussani, Federico Giani, Simone Luglio
regia Tiziano Panici e La compagnia
scene e luci Nicola Bruschi
musiche originali David Matteucci

Nell’opera KVETCH, che in ebraico significa piagnistei, Berkoff dipinge in modo caustico e graffiante un apparentemente normale quadretto familiare. Scrive l’autore che la commedia è dedicata a chi ha paura, ossia a tutti. Abbiamo paura di ingrassare, di essere stupidi, di non capire una barzelletta, di fallire. La commedia è costruita su una geometria precisa, che non lascia scampo: i dialoghi, specchio di una scialba quotidianità, sono continuamente interrotti dai pensieri dei personaggi e dai loro monologhi interiori e generano nel pubblico una sorta spaesamento, rivelando quello che è il messaggio più forte del testo: l’umanissima discrepanza fra ciò che si fa e ciò che si vorrebbe fare, e la contraddizione in cui tutti, prima o poi, si cade, quando si ottiene l’opposto di ciò che si aveva prima e si desidera tornare alla situazione precedente. Il plot è piuttosto banale, pressoché inesistente, una storia di letti, di coppie che si disfano e si formano. C’è Franco, marito annoiato e lamentoso, che scopre di essere omosessuale e ha una relazione col suo collega Aldo appena abbandonato dalla moglie; c’è Donna, la moglie frustrata di Franco che ha una relazione con un cliente del marito, Giorgio; c’è la vecchia, imbarazzante e onnipresente suocera. Ma è quello che c’è dietro ad essere interessante: i cinque personaggi si muovono, infatti, su una doppia linea, e lo

16 marzo 2011: KVETCH piagnistei
spettatore ne vede non solo i gesti, ma anche i pensieri. I banali dialoghi sono costantemente interrotti da alcuni brevi monologhi in cui i personaggi finalmente riescono a dar voce alle loro ossessioni. In tal modo Berkoff mostra spietatamente la distanza che esiste tra ciò che un uomo dice e fa e quello che pensa.

“Il valore del coraggio si misura in un momento, nell’attimo di una scelta. Anche il valore di un uomo si misura su quel tempo. Questo è il segreto che Cristo sussurrò nelle orecchie dell’implacabile Ponzio Pilato poco prima della sua condanna. È il coraggio che permette alla verità di esistere. Non esistono uomini coraggiosi per tutta la durata della loro vita. Chi è convinto che esistano o che siano esistiti non è che un violento, sconsiderato criminale. Un codardo.
E voi sapete di esserlo? Io sono un codardo. Questo è quello che penso. È quello che pensava Steven Berkoff di sé stesso mentre scriveva questa commedia. Perché da quando ha iniziato il suo difficile percorso artistico come attore, autore e regista, scegliendo le strade più sinistre e pericolose, non ha mai smesso di combattere per affermare il suo pensiero con onestà.
Ma cosa resta a un uomo quando viene meno il coraggio?
Il rimpianto. È di questo che parla il testo. Lamentarsi con se stessi e con il prossimo. Piangere la sconfitta, quella vera. Non esiste niente di più insopportabile. Piagnistei. Una parola davvero orribile.”
Tiziano Panici

Per maggiori informazioni e prezzi Teatro Miela (fonte delle info e foto)



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