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Creato il 17 febbraio 2015 da Filmedvd

Difficile, anche quest'anno, scegliere solo dieci film tra i tantissimi colpi di fulmine deflagrati al buio della sala. Ci vorrebbe una "mappa delle stelle" per orientarsi in un'annata ricchissima e all'altezza delle aspettative. Le stelle migliori ce le fornisce David Cronenberg, con un ritorno finalmente all'altezza delle aspettative, un grottesco e spietato noir su Hollywood. Il 2014 è stata un'altra grande stagione per gli autori americani: l'ottimo ritorno di David Fincher al thriller e l'ululato dei lupi Martin Scorsese. La delicata love story "tecnologica" di Spike Jonze e il superbo e colorato Grand Budapest Hotel di Wes Anderson. Ma anche l'intenso melodramma di James Gray C'era una volta a New York.

Stiamo parlando di un'annata in cui Alexander Payne e i fratelli Coen sono tornati con due delicate ballate folk che rileggono il mito americano all'inseguimento dei suoi lontani padri ( e A proposito di Davis). Impossibile quindi includere tutto. Quest'anno chi vi scrive ha fatto una scelta quanto mai "di pancia": questa Top 10 rappresenta semplicemente i film che più hanno colpito ed emozionato il sottoscritto, per ragioni diversissime, talvolta personali, talvolta puramente istintive. E quindi fuori i pur ottimi Coen e Wes Anderson e dentro quella grande sorpresa che è il piccolo , un "tutto" in una notte da applausi. Dentro un altro film splendidamente notturno - fil rouge di quest'anno - come Lo sciacallo e fuori, pur a malincuore, Nebraska.

Assolutamente dentro gli umanissimi e toccanti , capolavoro annunciato dell'anno, e , capolavoro invece decisamente non annunciato e per questo ancora più meritevole della Top 10. Tra gli esclusi, tanto cinema che piace agli Oscar: l'intenso Dallas Buyer Club con un immenso Matthew McConaughey e il durissimo e vigoroso 12 anni schiavo. E il cinema di casa? Non ce l'ha fatta a entrare in Top 10, nonostante il bellissimo Il capitale umano e l'interessante Il giovane favoloso. Qualche outsider? Sicuramente il coreano Snowpiercer, benché sopravvalutato, probabilmente il miglior film di genere dell'anno.

Dopo l'animazione, con il travolgente , c'è spazio per qualche mezza personale delusione: American hustle convince ma non incide, Jim Jarmusch gira a vuoto più del solito con l'ipnotico Solo gli amanti sopravvivono. The counselor - Il procuratore palesa tutta la difficoltà di trasporre sullo schermo la scrittura di un grande come Cormac McCarthy. E Interstellar? Un film grande e potente, se chiudiamo due occhi sulla sceneggiatura. E infine, menzione d'onore per l'ottimo In ordine di sparizione di Hans Petter Moland, un thriller nordico grottesco, delizioso, cinico e inafferrabile. Perché non è in Top 10?

10. LOCKE

Chiusi nell'abitacolo della BMW di Ivan Locke, costruttore edile in viaggio verso Londra, che cambierà la sua vita in 90 minuti, senza mai staccarsi dal volante. Unità di tempo e di luogo totali per un film che tiene incollati al sedile, come il suo protagonista sul sedile della propria auto. L'unico effetto speciale: il potere della scrittura e della narrazione. Steven Knight realizza un superbo esercizio di stile e di racconto riuscendo a ottenere tantissimo con pochissimo: il coinvolgimento assoluto dello spettatore senza mai inquadrare nient'altro che l'uomo e la sua auto. Alla fine del film si ha comunque l'impressione di aver visto tutto, quando il realtà "tutto" è stato solo raccontato e suggerito. Il film più teorico e (a suo modo) geniale dell'anno.

9. THE WOLF OF WALL STREET

Il film più atteso dell'anno sembra Casinò privato di quel tanto di spessore e cattiveria che lo rendeva un capolavoro. Al posto dei lupi mafiosi ci sono i lupi della borsa, un po' più soldi e un po' meno sangue. The wolf of Wall Street è forse un po' troppo "piacione", virtuoso e ammiccante, esattamente come il suo protagonista. Ma alla fine trascina e conquista come solo Martin Scorsese sa fare: con uno spettacolo frenetico e travolgente, bulimico e affamato.

8. DUE GIORNI, UNA NOTTE

Una vicenda scritta su misura per lo stile Dardenne. Grande rigore stilistico per una questione difficile, un dilemma umano e morale senza vinti né vincitori, senza vittime né carnefici. La struttura del film è una sorta di loop infinito che vede la sempre più sconvolta Sandra cercare in continuazione di convincere i propri colleghi a non votare per il suo licenziamento. Porta dopo porta, rifiuto dopo rifiuto. Ne emerge un affresco umano bello, dolente. Niente facili moralismi, tanta complessità etica e dignità umana. Inutile dirlo, Marillon Cotillard al suo meglio, giustamente candidata all'Oscar.

7. MAPS TO THE STARS

Le stelle del cinema si stanno spegnendo e rimangono solo i fantasmi. David Cronenberg spazza via tutti i dubbi post- Cosmopolis e torna a fare grande cinema con una Julianne Moore meravigliosamente devastata nei panni di una star in declino. Con la lente del grottesco adottata dal regista canadese tutto si deforma in un cinico delirio alla Mulholland Drive, che restituisce continuità alla demolizione letteraria e cinematografica dell'istituzione hollywoodiana (o di quel che ne resta) dopo David Lynch e Breat Easton Ellis.

6. LEI

Una bellissima storia d'amore 2.0 dai toni sinuosi e delicatamente "pop" firmata Spike Jonze, che riesce appieno nel non facile virtuosisimo di realizzare un continuo campo senza controcampo, se non digitale e impalpabile. Un film sull'amore come sentimento universale, che evita i facili moralismi e stereotipi sulla tecnologia ma al contrario si fa portatore di ricchi spunti di riflessione. Siamo connessi o alienati? Il digitale riduce le distanze oppure ci allontana sempre più gli uni dagli altri? Domande che non trovano mai una facile risposta. Un grandissimo film, con un immenso Joaquin Phoenix.

5. LO SCIACALLO

Il colpo di fulmine che non ti aspetti: l'esordio registico di Dan Gilroy è un lucido incubo notturno sui risvolti perversi dell'atto di osservare. Che si spinge oltre, quando l'osservatore costruisce la realtà e gli eventi a suo piacimento. Lo sciacallaggio mediatico non conosce confini: nessun moralismo, nessun freno; anche noi spettatori ne siamo morbosamente attratti. Un film cattivissimo e cinico, viscerale. Ma anche estremamente lucido e teorico, come il miglior Cronenberg. Con un grande Jake Gyllenhaal.

4. L'AMORE BUGIARDO - GONE GIRL

David Fincher torna con un grande film, il suo thriller più riuscito dopo il capolavoro Zodiac, con il quale ha più di un punto in comune. L'amore bugiardo - Gone girl è un film raggelante e spiazzante, capace di tessere un lucidissimo atto d'accusa sulla capacità morbosa dei media di capovolgere la realtà e trasformare la verità in narrazione. Una vertigine registica e narrativa di rara potenza che lascia sconvolti e scombussolati.

3. FRANCES HA

Frances, giovane ballerina in movimento perpetuo sul "palco" di una New York bellissima, romantica e alleniana. Noah Baumbach realizza il bellissimo ritratto umano di uno spirito libero fuori tempo massimo e di un'amicizia con la A maiuscola tra due donne tanto diverse quanto inseparabili. Frances Ha arriva dritto al cuore, anche per merito di un bianco e nero avvolgente e di una colonna sonora pop trascinante e irresistibile.

2. MOMMY

Un grido di libertà, un inno al cinema e alla vita. L'emergente Xavier Dolan realizza a soli 25 anni un film straordinario e travolgente, mettendo in scena una storia a tre personaggi in possesso di una vitalità e un'energia raramente viste sullo schermo. Mommy possiede la freschezza degli esordi più sinceri e la padronanza tecnica dell'autore navigato. Si permette di giocare con il formato e di scherzare con lo spettatore e con il cinema stesso, senza mai cadere nell'autocompiacimento. Grazie all'aiuto di tre grandi interpretazioni, Dolan costruisce tre personaggi splendidi e umani, pieni di energia vitale, ora esplosiva, ora sommersa.

1. BOYHOOD

Il capolavoro di Richard Linklaker possiede tutta la bellezza della vita vera. Boyhood è un film concettualmente rivoluzionario, il time lapse di una generazione. La storia della giovinezza di Mason, cresciuto insieme al film in 12 anni di lavorazione, è bella e toccante per il suo essere così intima, privata ma al contempo universale. Con i toni del miglior cinema indie ma senza mai calcare la mano, Linklater ci trascina dentro un'esperienza immersiva e meravigliosa che si vorrebbe non finisse mai, e dà l'impressione di continuare anche ora mentre stiamo scrivendo, per la sua naturalezza, fluidità, leggerezza. La vita è cinema, il cinema è vita.

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