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Creato il 19 febbraio 2016 da Filmedvd

È arrivato in sala questa settimana con BIM Distribuzione Il caso Spotlight di Thomas McCarthy, candidato a sei premi Oscar e incentrato sullo scandalo dei preti pedofili coperti per anni dalla Diocesi di Boston, emerso solo nel 2002 grazie a una coraggiosa inchiesta del Boston Globe. Una straordinaria pagina di giornalismo narrata con i toni limpidi e accorati e la pulizia stilistica del miglior cinema civile, senza trascurare la capacità ammirevole e tutt'altro che scontata di associare l'accuratezza trasparente della forma al meccanismo ruvido e tutt'altro che indolore di un'inchiesta che scosse alle fondamenta l'establishment ecclesiastico della comunità clericale americana.

Lo hanno presentato a Roma il protagonista Michael Keaton, che nel film interpreta il premio Pulitzer Walter Robinson, membro della squadra investigativa del Boston Globe, e lo stesso Robinson, entrambi visibilmente e positivamente colpiti dall'interesse della stampa italiana verso il loro film (anche se qualcuno non ha evitato di far degenerare i toni appassionati dei quesiti nella ridicolaggine dell'esaltazione di sé, apostrofando come "collega" Robinson, con sprezzo del buon senso e di ogni realismo e senso della misura).

Michael Keaton, Il caso Spotlight celebra un giornalismo che non esiste più, schiacciato sotto il peso dell'insorgere della stampa online e delle trasformazioni frenetiche del mondo attuale e del modo di fare informazione diverso dal passato. Che rapporto ha lei con il giornalismo?

Michael Keaton: È la terza volta che interpreto un giornalista, per cui posso rivendicare una certa familiarità con la materia. Leggo molto, anche se non quanto vorrei, mi informo sui quotidiani e guardo gli show televisivi dedicati ad argomenti politici, piuttosto che seguire costantemente le news online. Il progetto mi sembrava fin da subito molto interessante, quando io sono entrato in contatto con la produzione c'era già Mark Ruffalo nel cast e poi ci siamo aggiunti io e gli altri interpreti. Lo script era anch'esso molto solido e poi amo tutti i film di Tom McCarthy, li ho visti tutti tranne uno. È stato il tema degli abusi sessuali nell'ambito della Chiesa Cattolica, così importante e delicato, a farmi scegliere definitivamente per il sì, senza alcun tipo di esitazione.

Walter Robinson, in Italia il giornalismo d'inchiesta è praticamente morto, sta succedendo la stessa cosa anche in America?

Walter Robinson: Di sicuro internet ha sottratto ai giornali cartacei i soldi che gli servono per fare giornalismo d'inchiesta e tanti posti di lavoro sono andati perduti. I direttori di giornali statunitensi, come immagino anche quelli italiani, sono però dei pazzi, perché se si chiede ai lettori il motivo per il quale acquistano un quotidiano cartaceo è proprio in virtù di quella componente giornalistica d'inchiesta che altrove è più difficile trovare. Però i direttori e gli editori continuano a tagliare i fondi a tale tipologia di giornalismo, il che è paradossale. Se c'è qualcuno che ha più potere di altri, come la Chiesa Cattolica, occorre smascherarne gli abusi, e se non facciamo determinate cose la democrazia muore perché le persone non possono prendere delle decisioni sensate senza una restituzione fedele dei fatti, che li spinga a comprendere e a muoversi nella giusta direzione. Se non siamo noi giornalisti a farlo, chi può farlo? Il giornalismo negli USA è tenuto in vita artificialmente, come fosse un malato terminale.

Michael Keaton: Un esempio perfetto di ciò viene proprio dalla mia città natale, Pittsburgh, in Pennsylvania, dove la sezione dedicata alle inchieste del giornale locale è di sole sei pagine e non c'è spazio per alcun tipo di indagine giornalistica. Nella vicina Flint, in Michigan, c'è stato un caso di inquinamento idrico che ha provocato traumi e deficit cognitivi in molti bambini, e una sola persona ha lottato per portare alla luce questa situazione drammatica, Erin Brokovich, secondo la quale le città con una situazione analoga negli Stati Uniti sono circa un centinaio, Pittsburgh compresa, molto probabilmente. Ciò dovrebbe essere compito di un buon giornalismo d'inchiesta, evitando di scomodare i privati cittadini.

Com stato prepararsi al ruolo e interpretare sul grande schermo Walter Robinson?

Michael Keaton: Forse non dovrei dirlo per fare una figura migliore come attore, ma la preparazione per il ruolo è stata facilitata dallo stesso Walter "Robby" Robinson. Ho passato molto tempo con lui, parlando non solo del team Spotlight ma dei tanti casi che lui ha seguito nel corso della sua prestigiosa carriera. Gli ho fatto molte domande, sulla sua storia personale, sulla sua famiglia, su come gioca a golf, per cercare di capire meglio la sua personalità e costruire il personaggio in maniera più sfaccettata. Ovviamente ho apportato anche qualcosa di mio, dato che, come detto all'inizio, avevo già interpretato dei giornalisti in due precedenti occasioni ( Cronisti d'assalto di Ron Howard e la miniserie Live from Baghdad di Mick Jackson, ndr) e ho una certa familiarità e un interesse personale verso la materia. Oggi negli Stati Uniti ci sono diversi programmi di approfondimento giornalistico e politico ma sono piuttosto orrendi, e di questo sono abbastanza sconfortato; oltretutto penso che la situazione sia identica anche qui in Italia. Mi piacerebbe sapere l'italiano per leggere i giornali italiani e valutare se la situazione è davvero analoga anche da voi, ma purtroppo non ne sono in grado...

Pensa che il film possa avere un impatto forte anche in Italia?

Michael Keaton: Mi viene davvero difficile immaginare il contrario, un tema del genere non può che avere un'enorme risonanza. Mi torna in mente quando, a una proiezione del film, un uomo adulto mi avvicinò per ringraziarmi e dirmi che non aveva mai avuto il coraggio di confessare a nessuno di aver subito abusi da un sacerdote. Mi rattrista soprattutto la situazione di quelle che persone che a causa di episodi simili hanno perso la fede, ed è un problema che riguarda tutti i paesi del mondo, non soltanto l'Arcidiocesi di Boston. Questo nuovo Papa mi piace molto e penso stia spingendo un enorme masso per portarlo in cima alla collina facendo un ottimo lavoro, ma il vero problema è il potere esercitato in modo illecito nei confronti di chi il potere non ce l'ha. Penso anche alle forze dell'ONU, con i "Peacekeepers" impegnati ad offrire aiuti umanitari in svariate zone dell'Africa ma che talvolta non intervengono in casi di abusi a difesa di coloro che lo meriterebbero, guadagnandosi anch'essi lo status di complici. Io sono solo un attore e ho avuto la fortuna di interpretare un ruolo così importante, ma i veri eroi sono coloro che denunciano certe situazioni e i giornalisti che hanno avuto la fortuna di incappare in cose grandi e importanti e di lavorarci, ma soprattutto il coraggio di raccontarle e di sacrificare anche molto del proprio privato per una causa superiore. Nei loro confronti tutti noi dobbiamo essere assolutamente grati.

Walter Robinson, come si è sentito a vedersi trasposto sullo schermo da un attore come Michael Keaton?

Walter Robinson: Sono onorato di essere stato incarnato da uno dei più grandi attori del mondo. Proprio nel 1994, mentre io ero capo-redattore della cronaca locale al Boston Globe, lui interpretava un giornalista in Cronisti d'assalto di Ron Howard ed era perfetto in quel ruolo, in ogni minimo dettaglio. Se non l'avete visto recuperatelo o noleggiatelo, perché vale davvero la pena di vederlo o di scoprirlo, ragion per cui quando ho saputo che sarebbe stato lui a interpretarmi sono stato felicissimo. Michael ha studiato tutto per potermi incarnare al meglio: la mia voce, la mia gestualità, ha voluto che io risultassi con il massimo livello di realismo, e vale anche per gli altri attori che hanno incarnato i miei colleghi nel film.

Oggi il Cardinale Law non è più a Santa Maria Maggiore, chiesa presso la quale era stato trasferito in tutta tranquillità in una sorta di buon retiro dopo l'allontanamento dall'Arcidiocesi di Boston, ma al Palazzo della Cancelleria, sistemazione attribuitagli dopo il compimento degli 80 anni, una soluzione piuttosto morbida dettata dai sopraggiunti limiti di età. Lo intervisterebbe di nuovo?

Walter Robinson: So che si trova qui a Roma, non ha mai parlato con altri giornalisti e penso proprio che resterò l'ultimo ad averlo intervistato. Il Cardinale Law è stato rimosso da Papa Francesco appena eletto e io personalmente ho grande speranza e rispetto per quello che il pontefice sta tentando di fare. Una delle primissime cose è stata privare vescovi e cardinali della limousine e portare sotto i loro occhi un focus rivolto al concetto di povertà. Certo, non ha ancora fatto nulla di decisivo o cruciale per eliminare tali abusi e non sono il solo a pensarla così, visto che sono dello stesso avviso anche molte delle vittime, ma ha compiuto alcuni passi decisivi. Rimane ancora molto da fare, ma spero che Papa Francesco riesca a portare a compimento ciò che si è prefissato.

Michael Keaton, per tornare al cinema e al boicottaggio degli Oscar da parte di alcuni artisti per la mancanza di nomination black, com la situazione a suo avviso e secondo la sua esperienza?

Michael Keaton: Non sono in grado di dare risposte immediate su temi così importanti e sentiti, specialmente se si parla della discriminazione delle persone di colore, della quale avverto tracce fin da piccolo e che non ha mai smesso di darmi fastidio. Si tratta di un problema più grande della questione connessa agli Oscar, che ci riporta alla radice essenziale di ciò che è giusto o sbagliato. Non so quale sia la situazione in proposito in Europa, ma in America il problema sta di sicuro nel background dei votanti e nel tessuto sociale del paese intero, oltre che nel sistema di votazione, che va sicuramente rivisto. Ma è una questione di rilevanza internazionale, che nel mio paese di sicuro rappresenta un tema assai scottante e di stretta attualità per una serie di fattori, ma che riguarda tutti.

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