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# 2 – Speciale Ben Stiller: “Giovani, carini e disoccupati” – la recensione

Creato il 09 novembre 2011 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

# 2 – Speciale Ben Stiller: “Giovani, carini e disoccupati” – la recensione

Lelaina è la ribelle assistente di studio di un programma Tv, Vickie fa la commessa in un negozietto di vestiti, Troy è disoccupato e passa le giornate a cazzeggiare, Sammy non sa come dire ai suoi che è gay. Quattro amici, quattro storie intrecciate verso la ricerca di un’identità propria in un mondo che ti lascia a piedi subito dopo la laurea…

Film d’esordio alla regia di Ben Stiller, Giovani, carini e disoccupati (del 1994 e prodotto da Danny DeVito) è un buon film, pur con tutte le smagliature di un’opera prima che non ha il coraggio di gettare il cuore oltre l’ostacolo. La pellicola infatti si stronca in due: la prima parte originale e pimpante, la seconda banalotta e farfallona.

Pur non rinunciando ai soliti stereotipi americani (sex and drugs, il timore dell’Aids, il fast food, ecc.), Ben Stiller riesce a tracciare con mano leggera il profilo di una generazione allo sbando e senza futuro, di quelle, proprio come accade oggi, che dopo la laurea si trovano in un vicolo cieco. Un generazione che vorrebbe spaccare tutto e cambiare il mondo, ma la ricetta non è a portata di mano. E quindi ci s’arrangia con il posto da commessa o benzinaia, saltando da un licenziamento all’altro.

La regia, quanto meno nella prima parte, è ben ritmata. I movimenti della mdp creano respiro scattoso da videoclip al neon molto anni Novanta. Dominano le sequenze musicali, trascinate al guinzaglio da grandi hit come My Sharona dei The Knack, When you come back to me degli World Party e All I want is you degli U2. Il montaggio funziona, intervallando la linea narrativa con brandelli di amatoriali e traballanti riprese di un filmino girato da Lelaina e con sgranate e flashanti immagini televisive. La frammentarietà del montaggio corrisponde al caos interiore vissuto dai protagonisti.

Ma alla lunga il film s’adagia sulla love story da quattro soldi. Ben Stiller si fa melodrammatico, lasciando in secondo piano quella che invece era la vera fonte d’interesse del film: lo spaccato di una generazione divisa tra irraggiungibile sogno e triste realtà.

La prova del cast artistico è genuina, frizzante, da promuovere a pieni voti. Spicca la performance di Winona Ryder, bella, comica, peperina, acqua e sapone; al suo fianco Ethan Hawke, che non è solamente il solito bello impossibile col capello lungo, unto e bisunto.

Insomma, un film godibile, piacevole, che, pur con le sue pecche, è perfetto per una serata tra amici. Ovviamente giovani, carini e, possibilmente, non disoccupati.



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