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Creato il 23 novembre 2015 da Filmedvd

Seconda giornata al Torino Film Festival aperta con il film di Jocelyn Moorhouse, con protagonista l'attrice Kate Winslet. Tratto dall'omonimo romanzo di Rosalie Ham, è la storia di Tilly Dunage, celebre stilista australiana che negli anni '50 torna nel suo paese d'origine per vendicare un torto subito tempo prima, quando era stata accusata di omicidio. Commedia nera con una grande Kate Winslet, The dressmaker appare come un western femminile in salsa grottesca; ma a parte qualche momento ironico, il film si limita a una banale storia di riscatto e ribellione femminile contro il pregiudizio e la cattiveria, concepito però come un revenge movie.

Dalla sezione "Onde", quella che propone le opere più sperimentali e fuori formato, si è visto l'interessante Stand by for tape back up, dove il regista inglese Ross Sutherland racconta parte della sua vita attraverso le registrazioni di una vecchia Vhs. Lucido saggio filmico su nostro rapporto con l'immaginario cinematografico e televisivo, su come la nostra vita possa venire riflessa o ritrasmessa tramite i programmi Tv del passato, il film di Sutherland è anche un'opera su come l'audiovisivo in tutte le sue forme, dalle più alte alle più basse, sia un indispensabile contenitore nostalgico per il recupero della memoria.

A Torino è stata anche la giornata di Sufragette, film d'apertura del Festival, diretto da Sarah Gavron: la pellicola narra le vicissitudini del movimento delle suffragette, che nei primi anni del '900 lottarono per la parità dei diritti delle donne in Inghilterra. Classico cinema di impegno civile dalle nobili intenzioni ma dagli scarsi risultati, Suffragette non rifugge una certa furbizia narrativa e il tocco lacrimevole, imbastendo una storia di consapevolezza umana che, attraverso il personaggio interpretato da Carey Muligan, diventa prima personale e poi politica. Ma lo script è da sceneggiato Tv, così come la messa in scena.

Dalla sezione "After Hours" abbiamo assistito invece al film tedesco Uns geht es gut, storia della quotidianità di cinque ragazzi che vivono come una famiglia: messa in scena asettica, freddezza chirurgica e divisione narrativa in capitoli. In Uns geht es gut si rappresenta un mondo anaffettivo e pieno di cinismo, in cui non c'è più spazio per i sentimenti. A parte che pare di assistere a un copia incolla sbiadito del cinema di Michael Haneke, non si avverte mai la necessità di quello che si sta vedendo. Ancora dalla sezione "After Hours" il film The girl in the photographs, diretto da Nick Simon e ultimo film da produttore di Wes Craven: un thriller slasher vecchio stile che omaggia il genere classico ricontestualizzandolo all'oggi. L'idea della saturazione delle immagini tramite fotografia stanca quasi subito, così come il film stesso, che rimane a secco di idee, di spunti o di semplice trovate degne del genere affrontato.

Già premiato al Sundance Film Festival, dove è stato uno dei titoli rivelazione, è stato proiettato anche per il pubblico di Torino Tangerine, opera terza del regista americano Sean Baker. Tutto girato mediante l'uso di un iPhone 5, Tangerine è il viaggio di Alexandra e Cin-Dee, due prostitute transessuali di Hollywood alla ricerca dell'ex di Cin-Dee, reo di averla tradita. Documento su un microcosmo poco esplorato? Sì ma non solo, perché a sorprendere è lo sguardo di Baker, sempre a livello umano e mai giudicante, per un'opera che unisce grande vitalità a a momenti di profonda malinconia. A suo modo entusiasmante per cosa racconta e come lo racconta, Tangerine, con la sua estetica da videoclip, appare come una delirante implosione dell'immaginario pop messo in scena.

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