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Da Miwako
Che poi, uno, non se l'aspetta nemmeno.Che l'ultima persona alla quale chiederebbe aiuto, sia quella che glielo offrirà.L'ultima non per affidabilità, tutt'altro; per pudore, limitata confidenza, conoscenza.Ed è offerto con una solerzia mista a naturalezza da rimanerci basiti.Viene anche da chiedersi perché questa persona si prenda il disturbo.Senza voler postulare inutili dietrologie, solamente per una sana curiosità.
Sediamo sui gradini di un baraccio chiuso, la schiena alle serrande e il vento in piena faccia.Strappo con cura la carta color caramello, e tiro fuori il malloppo, rilegato in un blu davvero troppo sobrio per la sottoscritta.Sbatto i piedi come Dorothy, un po' per nervosismo, più che altro per la felicità. Sfoglio le nottate in bianco, sorrido alle corse inenarrabili, impreco contro i misteri della formattazione, mi cruccio del perfezionismo linguistico mai sazio; e, alla fine, mi ritengo soddisfatta.
Gliela passo, mentre accendo la ventesima sigaretta del mattino.
La guarda, la rigira, legge a bocconi. Arriva in fondo e si beve le ultime tre pagine fitte di nomi, cose e persone. Si stupisce di essere nei ringraziamenti
Ironico che, entrambi, siamo così disinteressati ed ingenui da stupirci del reciproco gesto.
Ridiamo nel sole e nella stanchezza infinita che ci affligge da mesi. Dura quanto una folata di vento, questo tempo prepotentemente inconsistente, in cui il cuore si fa leggero e non pensa più a niente.
Te l'ho fatta ancora una volta, SignorTempo.


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