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3. Racconto Concorso "Il Bene e Il Male"

Da Angivisal84
Il sole di mezzanottedi Polly Russel

Il primo segnale é l'odore di bruciato. Forte, pungente.Asilia ha cercato con lo sguardo oltre l'intricato dedalo di arbusti, senza trovare nulla. Si é sollevata allora un po' di più, sostenendosi a un ramo basso, dello stesso grigio intenso della sua pelle.«Chi c'é?» Sussurra con voce roca. Un paio di ramoscelli spezzati sono la sola risposta che la notte le concede.Sa che Miridian deve tornare, glielo ha promesso. Ha giurato che non si sarebbe fatto uccidere e che sarebbe tornato con del cibo per tutto il clan.Con un movimento ancora agile, nonostante la fame, la giovane salta sul ramo cui era appoggiata. Uno spiraglio tra le lunghe foglie aghiformi le permette la piena visuale della valle sottostante.Una figura si trascina a stento nella pianura illuminata dalla prima, pallida luna.É il suo compagno. Ma quel corpo claudicante non é il vittorioso cacciatore che si sarebbe aspettata di vedere. Zoppica in modo vistoso, le grandi ali nere ignobilmente squarciate, penzolano dalle sue spalle come un mantello stracciato.Lui si tiene stretto il braccio destro e, mano a mano che si avvicina, Asilia riesce a distinguerne la carne morsa dal fuoco. La sottile membrana che formava le sue ali, un tempo imponenti, devastata dalla macchina di morte dei loro nemici: il sole di mezzanotte.

Lei si acconcia i capelli scuri in una coda veloce, la ferma con un laccio di cuoio e si lancia giù dal ramo. Scivola tra gli alberi, leggiadra, poi dispiega le ali e con un paio di falcate lo aggiunge.L'odore di carne bruciata é sempre più forte, quasi nauseabondo adesso. «Miridian, amore mio, che cosa ti hanno fatto?»É stanco, spossato e sanguina. Non la riconosce subito, o almeno il suo sguardo assente le fa pensare questo. Lei lo abbraccia quindi e lui sembra quasi ridestarsi da un torpore innaturale.«Hanno usato la loro arma... L'hanno perfezionata. Ho visto i tre alchimisti spostare degli specchi proprio mentre sorvolavo le mura della città fortificata. Ho cercato di scivolare tra i raggi, ma mi hanno colpito. Ora riescono anche a dirigere i flussi a loro piacimento, non c'é modo di entrare.»Con un moto di sconforto si appoggia all'amata, «mi dispiace,» le sussurra mentre lei gli avvolge le spalle con le ali, in un abbraccio amorevole.«Ho fallito. Ero sicuro di riuscire ma, oltrepassare quella maledetta muraglia é impossibile.»D'un tratto le ginocchia gli cedono e rotola a terra in uno sbuffo di polvere rossastra.Ausilia gli si inginocchia accanto nell'atto di sorreggerlo, poi si sposta davanti al suo uomo. Strappa un lembo dalla propria tunica in pelle chiara e lo avvolge tra le dita. Con tocco gentile gli tampona le ferite sul braccio, lo sguardo carico di compassione.Gli avvicina le labbra morbide all'orecchio, con voce rotta dal pianto. «Non preoccuparti, in qualche modo ce la caveremo.»Sa che non é vero, sa che alcuni dei bambini più piccoli potrebbero non superare la notte senza provviste, sa bene che nessuno di loro ha la minima speranza senza più cibo, ma é anche conscia che dirlo sarebbe inutile.La seconda luna si affaccia timidamente oltre le colline a est, tingendo d'argento le foglie degli alberi che ormai, i due, hanno raggiunto.«Dobbiamo rientrare, é pericoloso rimanere allo scoperto.»Lui cerca di parlare ma già riprendere fiato si rivela faticoso, tossisce un paio di volte e un rivolo di sangue gli scivola tra le labbra carnose. «No, non sono mai usciti dalla città fortificata di notte, possiamo stare tranquilli.»É sicuro di quello che dice ma l'affermazione della sua compagna mina tutte le sue convinzioni, «certo ma, non hanno mai avuto un'arma come quella.»Lo sorregge per un fianco aiutandolo a infilarsi nella boscaglia, «le tue ali...» sussurra, mentre ne sfiora la pelle squarciata, «riesci a estenderle?»Un lungo minuto di silenzio, mentre lui si insinua tra due grandi arbusti verde scuro, «io le ali non le sento più.» Le sussurra con un filo di voce prima di sparire tra le fronde.

Una decina di ragazzini pelle e ossa corrono loro incontro, le esili braccia protese. Allargate davanti alle piccole ali non ancora adatte al volo, ma del tutto estese, portate alte fin quasi dietro alla testa. «È tornato Miridian, evviva!»Il più piccolo del gruppo lo raggiunge e lo abbraccia poi prende a strattonarlo per la tunica lisa, non notando le sue ferite, né il suo sguardo pregno di rammarico. «Zio Miridian, che ci hai portato?»Lui si inginocchia davanti al piccolo, mentre il resto del clan si avvicina.Con un sorriso forzato stringe la braccia del nipote e gli sfiora una guancia con due dita, «mi dispiace, non ci sono riuscito.»Il ragazzino si guarda intorno in cerca di risposte che non trova, i grandi occhi viola si gonfiano di lacrime, tira su col naso poi scoppia a piangere. Due suoi coetanei lo imitano prima cha la madre, sorella di Miridian, lo abbracci, soffocandone i singhiozzi tra le pieghe della tunica avorio.Non dice nulla al fratello mentre asciuga gli occhi al figlio, con un buffetto sul sedere gli assicura che sarebbe andato tutto bene. Con un gesto automatico poi, gli accarezza le ali assicurandogli che i "grandi" avrebbero risolto ogni cosa.«Quali grandi?» Sibila tra i denti Asilia. «Siamo rimasti una quindicina in grado di volare e nemmeno tutti in grado di batterci.» Con un gesto teatrale indica lo sparuto gruppo di reietti che intanto aveva fatto capannello. «Ma guardiamoci! Eravamo i signori di queste terre neanche dieci lune fa. Era tutto nostro prima che quelle maledette scimmie glabre fortificassero le loro città. Ci hanno tolto ogni fonte di sostentamento, costringendoci a sgattaiolare oltre le loro mura come ladri di polli. Noi! I più temuti cacciatori della valle ridotti a morire di fame!»La sua voce si fa solenne, con mano ferma solleva le appendici prive di sensibilità che erano state le ali del suo uomo, esponendone i brandelli, «e ora... Questo.»Un coro inorridito segue il gesto finché Maro, il più vecchio dei superstiti, si avvicina. Le mani nodose poggiate sulle spalle di Miridian, ancora in ginocchio. «Dovremo amputarle, lo sai vero, figlio?»Non gli risponde ma in un gesto eloquente abbassa il capo. Gli stringe le mani, poi si siede su un tronco caduto.Sua sorella ha portato un impacco di erbe medicinali con cui ungergli la pelle ustionata. Con mano decisa ma delicata inizia a ricoprire le ulcere e la carne esposta. Non un lamento dalle labbra serrate del cacciatore.«Fratello mio, il piccolo Migdal é morto poco prima del tramonto e sua sorella non arriverà all'aurora. Dobbiamo trovare una soluzione. Attaccarli tutti insieme forse?»«Tu non ti rendi conto!» Con una zampata getta la ciotola a terra rovesciandone l'impiastro gelatinoso sul prato, «nessuno di voi si rende conto! Tutta la città é circondata da mura alte venti pertiche e la loro dannata macchina forma una cupola di luce impossibile da attraversare. I loro alchimisti sono riusciti a intrappolare la luce del sole e la loro arma la riutilizza sotto forma di energia. Solo pensare di avvicinarsi alla città é un suicidio.»Come se non lo avesse sentito sua sorella si china sulla brodaglia medicamentosa, la raggruppa tra le mani color madreperla e la rovescia di nuovo nella ciotola di legno. Riprende a medicare il fratello e il suo discorso esattamente da dove lo aveva lasciato, «accumula energia durante il giorno e la restituisce la notte, lo sappiamo certo. Ma il tempo del Buio é molto lungo, non possono immagazzinare tutta quella luce, é impossibile. Basterebbe aspettare. Mancano solo due lune.»Asilia le porge delle garze vegetali, «non arriveremo mai al tempo del Buio senza provviste, per cui é inutile parlarne e, gettare speranze infondate al vento lo é ancora meno.»Miridian ha scrollato la testa, i lunghi capelli madidi di sudore sembrano serpenti neri. Li getta indietro con un gesto, scoprendo il viso dai lineamenti duri, ma dall'espressione gentile.«L'unica possibilità é andarcene. Cerare un'altro territorio di caccia, lontano dagli uomini della città.» La sua non é un'affermazione, é una sentenza.«Noi siamo sempre stati qui, figlio. Ed é qui che moriremo.»«Il che avverrà in pochi giorni padre. Siamo allo stremo, i bambini non ce la fanno più.»Il vecchio Maro solleva le sopracciglia, la pelle grigio scuro solcata da profonde rughe, sembra quasi avvizzire nella smorfia di dolore.«Non tutti riescono a volare, tu compreso. La foresta é troppo intricata per attraversarla e non possiamo sorvolarla lasciando gli altri indietro.»«Andremo a nord verso il lago ghiacciato. Asilia viene dalle terre oltre il ghiacciaio e la sua gente ci aiuterà.»Il vecchio getta un occhiata verso il gruppo di bambini, la pelle troppo tesa sulle ossa. «E se le fortezze fossero sorte anche lì?»«Non abbiamo alternativa se non tentare.»Interno della città fortificata, poco prima del tramonto. Il corno ha suonato per tre volte e parecchie paia d'occhi si dirigono verso il cielo. I bimbi abbracciano repentini i genitori, fermenti nell'attesa.Il quarto suono sfuma nell'aria fresca e i tre alchimisti si mettono in posizione.Le braccia levate al cielo e il volto contratto nello sforzo. Anche Micael, come i suoi commilitoni, é pronto. Le mani serrate nella cornice lucida dello specchio. Un'occhiata alle altre guardie sulle mura e al cenno d'assenso del suo comandante lo sposta verso il centro della città, in direzione della macchina. Tutte le altre guardie lo imitano e il potente getto di luce vomitato dall'arma rifrange in centinaia di specchi.Il cono di luce solare pare esplodere dalla macchina circolare e i suoi bracci lignei iniziano a girare. Un solo fascio luminoso, ripetuto centinaia di volte, una per ogni specchio azionato dalle guardie e la città è protettaUn bambino strattona la madre per un lembo del grembiule, con lo sguardo eccitato indica la cupola luminosa appena formata. «Mamma guarda!»La donna perde l'equilibrio avvinta dalla foga del piccolo, con due passi all'indietro ritrova la posizione eretta e la mano corre alla spalla destra. Tasta il vuoto un istante e la sua mente vola e molte lune prima. Trattiene a stento una lacrima mentre le sembra quasi di rivedere il demone alato strapparle via il braccio a morsi.Poi sorride e sfiora la cicatrice sulla fronte di suo figlio, pensando che comunque era riuscita a salvarlo. «I masticauomini non ce la fanno più a passare, vero mamma? Ora non possono più mangiarci, vero?»«No tesoro, non ce la fanno.»Il piccolo sposta i capelli ricci con un gesto del capo, la cicatrice esposta sembra brillare al riflesso della luce artificiale.«Con il sole di mezzanotte siamo al sicuro!»Lei ha stretto gli occhi cercando di fissare la luce, un sorriso le riempie di nuovo il volto «si tesoro, ora siamo al sicuro!»



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