Magazine Cultura

4 Marzo 2013: questa sera si canta a soggetto

Da Massimo

Ammetto che come mio solito ero partito prevenuto riguardo il concerto di stasera dedicato a Lucio Dalla, e invece devo dire che come ero partito, non sono riuscito nemmeno ad arrivare: c’era così tanta gente in quella piazza dove normalmente non si perde neanche un bambino, che i bambini per non perderli era meglio tenerseli stretti per mano.

Per arrivare in Piazza Maggiore, a Bologna, ci sono tanti modi, questa sera, ore 21, tutti umanamente bloccati. Mai visti tanti posti di blocco civili (senza uniforme) in una città, Bologna, la mia: qualunque strada decidessi di intraprendere per arrivare all’obiettivo, c’era sempre qualcuno (qualche migliaia di qualcuno) arrivato prima di me a sbarrarmi il cammino.

E allora dopo un primo momento di sconforto, passato anche il secondo e poi il terzo, prendi coraggio, guardi in faccia il tuo nemico e dici permesso, mi scusi, sono il babbo di Lucio Dalla, ho un orecchio che non ci sente tanto bene, guardi che la stanno chiamando là in fondo, vada a vedere, mi lascia passare che ho problemi di vista?

Lucio Dalla mentre canta con un orecchio candito (ph. Roberto Serra \ Iguana Press)

Lucio Dalla mentre canta con un orecchio candito (ph. Roberto Serra \ Iguana Press)

E così riesci a raggiungere una certa vicinanza col palcoscenico (artisti sul palco, in prospettiva, alti come un mignolo) più o meno senza accorgertene, quasi senza lividi, giusto il tempo per ascoltare – vado in ordine sparso perché i ricordi sono a caldo ma stasera c’è stato tanto freddo e ho problemi di memoria – Andrea Bocelli che canta “Malafemmina” e senti di fianco a te uno che dice ma dai, non sapevo che l’avesse scritta Dalla, poi trovi Pino Daniele che canta “Caruso” e al momento del “te voglio bene assaje” lascia cantare la chitarra, che uno di Bologna potrebbe pensare (e io l’ho pensato) beh, così era capace di farla anche Beppe Maniglia, poi è la volta di Gigi D’Alessio – mi chiedo ancora chi abbia mandato gli inviti per il concerto – che riflettendo su un concerto dedicato a Lucio Dalla, ragionando sulle canzoni di Lucio Dalla, sarebbe lecito chiedersi (e io me lo sono chiesto) chissà chi è che canterà “Disperato erotico stomp”. Ed eccolo lì, l’interprete: Gigi D’Alessio.

Ecco perché non ci si deve meravigliare di partire prevenuti, uno parte prevenuto mica a caso, però dai, facciamo finta che oltre a partire l’importante sia arrivare, lasciamo che arrivi, sempre in ordine sparso, Zucchero, il quale in quattro minuti netti ha cantato una specie di Ave Maria, che essendo ancora scosso per l’esibizione di Gigi D’Alessio ammetto di non avere seguito troppo, se non con la vaga sensazione di udire qualcosa di freddo, come il clima circostante, che quando cantavi le canzoni veniva fuori il fumo, e se solo avessero cantato tutti sarebbe venuta fuori una piazza fumante, e invece in piazza devo dire, a parte quelli sul palco, fumavano in pochi, con la voce.

Partita di calcio, sponsorizzata dal “Sangiovese Cesari”, insieme a Gianni Morandi ed altri cantanti

Lucio Dalla annuncia ai suoi compagni di essere incinta, Gianni Morandi ride ma non ci crede (ph. Studio FN Paolo Ferrari)

Chiaro, Lucio Dalla, fortunatamente, non si può cantare in coro come Claudio Baglioni (anche se non cantare sulle note conclusive di “Piazza Grande” sarebbe stato come chiedere a un cane di evitare di scodinzolare, così io ho cantato scodinzolando) però come dire un minimo di coinvolgimento in più da parte del pubblico sarebbe stato apprezzato. E dire che i vari artisti c’hanno pure provato a incitare questo pubblico, solo che l’hanno fatto nei modi sbagliati, che ora andrò ad elencare: 1. “Dai Bologna dai.” 2. “Forza Bologna, fatevi sentire.” 3. “Su le mani, Bologna.” 4. “Dai Bologna, tutti insieme”. È dunque comprensibile aspettarsi che al quarto Bologna consecutivo, la città di Bologna abbia perso la sua identità (quando ripeti la stessa parola tante volte poi perde di significato, avete mai provato?) oltre ad avere risposto agli appelli in modo svogliato. (Cari cantanti, evitiamo eccessivi riferimenti geografici, a meno che non sia un concerto itinerante, che al termine di ogni canzone ci si sposta di città in città coi pulmann, lo sappiamo tutti dove ci troviamo).

La freccia indica il punto in cui si perso più di un bambino, ieri sera, nel centro di Bologna

La freccia indica il punto in cui si perso più di un bambino, ieri sera, nel centro di Bologna

A questo proposito cito Giuliano Sangiorgi (“Dai Bologna, tutti insieme” era suo – mancava solo “e chi non alza le mani non arriva a domani“) il quale, nonostante il mio giudizio personale più o meno condivisibile (non comprerei un suo disco nemmeno sotto tortura), si è rivelato bravo. Molto bravo. Prima in duetto con la Mannoia (“Anna e Marco”, eseguita in modo direi impeccabile da parte di entrambi), poi da solo (con Paolo Fresu, sia lode alla tromba) in “Felicità”: quando Giuliano Sangiorgi non si lascia andare a strascichi vocali lunghi da Piazza Maggiore a Piazza Galvani, passando per Piazza Cavour con un richiamo in Piazza Malpighi, Giuliano Sangiorgi si è dimostrato un cantante felice.

È stata un’esibizione felice anche quella, non lo avrei mai detto infatti non lo dico più, di Marco Mengoni. Ha interpretato quell’incanto musicale di “Meri Luis” in un modo strepitoso, uno dei pochi che a cantare c’ha messo l’anima (non come Pier Davide Carone che ha cantato “Se io fossi un angelo” ingessato (bianco) di fronte al microfono come fosse a una recita scolastica lasciandosi andare solo nel finale con un urletto grintoso (yeah! – yeah, che?): tirala fuori prima la grinta, Pier Davide, lo so che trovarsi davanti a un pubblico del genere è un’emozione senza paragoni, però tu non devi fare vedere che sei emozionato, staccati dalle voci bianche, attaccati le palle) dicevo, Marco Mengoni, ha cantato bene, mi ha emozionato molto, tanto che mi sono sorpreso ad applaudirlo fino a quando non l’ho sentito parlare, allora ho smesso.

1979 Nella casa di via delle Fragole piero casadei - pronto mengoni sei tu? smettile di parlare, è meglio se canti

“Pronto Mengoni sei tu? smettile di parlare, è meglio se canti.”

Un’altra grande interpretazione è stata quella di Fiorella Mannoia, che ha cantato “Cara”, rivolgendo spesso lo sguardo al cielo con gli occhi lucidi (come a dire ehi Lucio, questa è per te) che ha fatto venire gli occhi lucidi pure a me. Poi in questa rassegna di cantanti in ordine sparso è stata la volta di Samuele Bersani, che per Lucio Dalla – lo ha ringraziato per avere cambiato la vita a lui e ad altri musicisti come lui – aveva scritto “Canzone” ed è proprio con “Canzone” che si è presentato sul palco a cantare “Canzone”, che è sempre una bella canzone tra l’altro scritta là, indica Bersani puntando in aria un dito, dove là sta per via delle Pescherie Vecchie, una via dove tuttora si può trovare del buon pesce fresco, che poi si può comodamente bollire a casa insieme alla Vanoni, quanto sia bollita Ornella Vanoni lo sa solo Ornella Vanoni e le parole che le escono dalla bocca quando non canta (stasera, con Chiara Galliazzo in “Chissà se lo sai”, sulla carta un brano struggente, sul palco un po’ deludente, forse avrebbero dovuto farle cantare separate, una sul palco, l’altro in un centro di disintossicamento, la Vanoni più passa il tempo e più diventa molesta, dimostrando di avere mantenuto soltanto la pazzia, dalla voglia, l’incoscienza e l’allegria).

Anche Paolo Rossi è stato deludente (perché per ogni manifestazione di questo tipo, viene chiamato a recitare Paolo Rossi?) che ha accettato di rovinare (perché spero che gliel’abbiano proposto, e non sia stata una sua iniziativa) un altro grande caposaldo tra i brani di Lucio, “Milano” quanto mi sarebbe piaciuta risentirla interpretata da un cantante, invece che recitata da un Paolo Rossi, compagno (in senso teatrale) di Marco Alemanno (compagno, in senso vitale, di Lucio, a dispetto della stampa italiana che continua a definirlo amico, confidente, attore e fotografo, tutto fuorché compagno – tra l’altro fotografo non lo so, ma come attore ha recitato tre pezzi che il mio status attuale di giornalista – dilettante, morto di sonno, disinteressato al soggetto – non mi permette di verificare, sbaragliando tra l’altro ogni tipo di regola convenzionale nei confronti dell’uso delle parentesi, me ne sono persa una da qualche parte, la chiudo qui). Non lo so cosa abbia recitato Marco Alemanno. Dei tre brani, ho riconosciuto solo lo stravolgimento di una poesia di Roberto Roversi, di recente tornato a scrivere canzoni per Lucio, da qualche parte, lassù. Quello che so su Marco Alemanno è che la timbrica di Marco Alemanno è la stessa qualunque cosa stia recitando. Mi piacerebbe farvelo sentire. Prego la regia di agevolare i filmati.

con mamma Jole Foto Walter Breveglieri lucio dalla quando era ancora un bambino, lontano dai fidanzamenti

Lucio Dalla con sua mamma Jole quando era ancora un bambino con la barba (ph. Walter Breveglieri)

Seguono gli Stadio, che ci hanno ricordato come “L’ultima luna” possa essere interpretata con impronta rock, tanto da farci sognare (per chi c’era, gli altri come me possono solo sognare su youtube) di tornare indietro nel tempo al tour  Banana Republic, per chi scrive il live più formidabile della storia della musica italiana, quando il giovane Gaetano Curreri aveva seguito i meno giovani Lucio Dalla e Francesco De Gregori (a proposito Francesco perché sei rimasto a casa? Che c’avevi da fare? Magari se venivi te potevano restare a casa Pino Daniele e/o Gigi D’Alessio, ci pensi mai a certe disgrazie?)

Concludo con tre considerazioni. La prima è che mi sono scordato tutti gli altri artisti e il conduttore della serata che non ho nominato. Conduttore: Gianni Morandi. Non era un compito facile quello di Gianni Morandi, alla fine s’è le cavata bene, nel suo stile, e nel suo stile intendo anche l’avere detto a Bocelli “Guarda, ti faccio vedere un filmato bellissimo.” Per poi, forse non appagato, ripeterlo un’altra volta. A me piace così Gianni Morandi, ragazzo genuino che non si ferma davanti alla prima avversità, ma continua anche dopo la seconda. Io comunque difendo Gianni Morandi sia perché guardare non significa solo usare gli occhi, ma anche prestare attenzione, e poi perché sono cresciuto ascoltando, tra le altre, una sua registrazione live (in cassetta, C90) dove c’era “Canzoni stonate” (Canto insieme a pochi amici, quando ci troviamo a casa, e abbiam bevuto, non pensare che, abbiam dimenticato, proprio ieri sera, parlavamo di te) e avevo undici anni ma già mi pareva di averne cinquantasette.

Artisti: Ron, con “Cosa sarà” di cui ha scritto la musica – oltre ad aver curato buona parte degli arrangiamenti – per il Banana Republic, dunque solo per questo merita rispetto. Luca Carboni, che ha cantato “Quale allegria” e infatti di allegria dopo la sua esibizione ce n’è rimasta poca. Renato Zero, non l’ho visto, è arrivato all’inizio, stavo cercando un elicottero per lanciarmi verso un ritaglio libero di suolo pubblico. Antonio Maggio, Paolo Simoni e Il Cile, ammetto di non sapere esattamente la loro provenienza, però hanno cantato “Com’è profondo il mare” e lo hanno fatto pure bene, con rispetto, senza paura di non avere un grosso nome alle spalle, a dispetto di altri grandi nomi presenti dalle spalle piccole. Mario Biondi, che ha cantato “Futura” con quel timbro di voce che usano i doppiatori per fare la voce degli orchi cattivi, non fatela ascoltare ai bambini. I culi dei giocatori del Bologna che ballano “Attenti al lupo”: non pervenuti.

Di cosa parliamo quando parliamo d'amore

Di cosa parliamo quando parliamo d’amore

La seconda considerazione è che mi sono emozionato per davvero questa sera, di nascosto, lontano da sguardi indiscreti (l’ultima volta in quella stessa piazza è stata durante la proiezione all’aperto di E.T, l’Extraterrestre – la scena in cui volano sulla bicicletta con la luna sullo sfondo, e anche quella dove lui muore, però alla fine non muore, mentre la penultima volta è stata proprio in occasione dell’esibizione di Lucio, durante il Capodanno 2010, ringrazio ancora il Signore e il Comune di Bologna per averlo permesso) dicevo che mi sono emozionato, tanto, anche adesso che scrivo a (e al) caldo queste righe, perché nonostante tutto è stato un bel concerto, molto sentito, sia nel cuore che nelle orecchie delle persone, l’acustica era impeccabile, i musicisti come cantava Paolo Conte “un tutt’uno” (uniti soprattutto dal fatto – parlo dei ragazzi dai 15 ai 25 anni che formavano l’orchestra – di non avere ricevuto nessun compenso nemmeno un bacino sulla fronte) anche se, ed è qui la seconda considerazione, mi sarebbe piaciuto ascoltare altri brani oltre ai soliti evergreen, mi riferisco ad esempio a “Siamo dei” (uno dei miei brani preferiti – sono circa ventidue a pari merito – che però lo stesso Dalla non aveva mai cantato dal vivo – a parte una volta in una trasmissione in coppia con Luca Barbareschi (!) perché da lui stesso giudicata troppo difficile) oppure “Nuvolari”, oppure “Tango”, oppure “Corso Buenos Aires”, oppure “Soli”, “Camion”, “E non andar più via”, “Due ragazzi”, “Il cucciolo Alfredo”, o ancora visto che ormai si è fatto piuttosto tardi: “Notte” (sempre uguale, senza chitarra da fine carnevale, liscia come un mare d’olio, scura come la rosa di uno scoglio, bianca come il vestito di una sposa, in leggera discesa così che il corridore stanco si riposa, dura da masticare a pezzi fra i denti, notte da sputare, così noiosa che si addormenta sul divano e mi viene addosso, fredda con la mano della morte che prende il cuore mio e poi lo butta in un fosso, secca come la testa di una noce, notte senza più voce, misteriosa da capo indiano che col suo cavallo veloce mi parla da un monte lontano, fine copia e incolla.)

La terza e ultima considerazione riguarda il fatto che mi sarebbe piaciuto, in quel Capodanno 2010, in Piazza Maggiore, che a sentire Lucio Dalla ci fosse stata tutta quella gente che c’era questa sera, invece dov’era tutta quella gente che questa sera si è spalmata in Piazza Maggiore, in quel capodanno del 2010, quando io mi sono ritrovato a brindare con una coppia di giapponesi insieme ad altre eminenti personalità giunte da ogni parte del mondo Italia esclusa? O forse – e questa è una domanda lunga spero di riuscire ad arrivarci in fondo – assistere a un concerto di Lucio Dalla in piazza Maggiore a Bologna la notte di Capodanno (quando ha attaccato “L’anno che verrà”, subito dopo la mezzanotte, io gli ho lanciato sul palco le mutande) era in fin dei conti cosa trascurabile, rispetto a un bel cenone di lenticchie e zampone ricchi premi e cotillon da consumare comodamente seduti al calduccio guardando fuori dai vetri della propria finestra mentale chiusa un cantante, Lucio Dalla, che si esibiva per l’ultima volta in quella Piazza Maggiore che anche se non era Piazza Grande (pare sia Piazza Cavour) è stata comunque una grande festa, tanto che se fosse ancora lì, io continuerei a lanciargli le mutande?

In conclusione, Lucio, è giunta l’ora di dare i numeri: sono le quattro di mattina, sono settanta gli anni che avresti dovuto compiere oggi, ed è solo una la frase che voglio riportare a braccia spalancate: “…e se non ci sarà più gente come me, voglio morire in Piazza Grande…” allora magari questa notte nella tua piazza tu sei un po’ risorto. Io ti voglio bene.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :