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4 mesi, 3 settimane, 2 giorni

Creato il 29 febbraio 2016 da Jeanjacques
4 mesi, 3 settimane, 2 giorni
Ultimamente si è fatto un gran parlare di unioni civili. Matrimoni e adozioni gay, stepchild adoption, uteri in affitto. Tutte cose di cui si è discusso fino allo stremo e su cui, anche sulle pagine di questo blog, ho voluto dire la mia, quindi credo che la mia posizione in merito sia ben chiara. Senza tirare in ballo posizioni politiche, possiamo anche dire che in merito il governo ha effettuato delle 'riforme' quantomai imbarazzanti, dando come un contentino quello che dovrebbe essere un diritto universale e riconosciuto. Molti si sono indignati, me compreso, ma la mia parte più razionale mi dice che non poteva essere altrimenti dato che la nostra società tende a vedere di cattivo occhio anche i cosiddetti 'normali' che effettuano un percorso di vita che, per motivi a me ancora inspiegabili, non vengono riconosciuti come giusti. Se siete donne credo che vi sia capitato più di una volta un qualcosa di simile. Quindi, se la nostra società tende a differenziare i sessi, volete che faccia diversamente con le preferenze sessuali? Basta pensare a come l'aborto viene trattato ancora oggi e, nonostante la sua legalizzazione, a come molta gente guarda ancora questa pratica e coloro che decidono di usufruirne. Non si tratta di religione, perché io di idioti ne ho conosciuti sia fra le fila dei credenti che degli atei, ma di dare il giusto peso alla vita, azione che non sta nel rifiutarsi o meno di abortire. Io sono sempre stato convinto che non puoi giudicare le scelte altrui fino a che non le hai vissute sulla tua pelle con le medesime dinamiche e la stessa intensità. Chi abortisce o meno non fa scelte giuste o sbagliate, fa scelte. Che io, in quanto esterno, non potrò mai comprendere del tutto.

Romania, ultimi anni del regime di Ceausescu. Otilia e Gabitja sono due studentesse del policlinico di Bucarest che condividono un appartamento nella casa dello studente. Quando Gabitja rimane incinta, dovranno trovare il modo di abortire clandestinamente, dato che la pratica è illegale...

E pensare che il film nasce da un progetto comico. Cosa ironica, perché questa pellicola è un cartone ben assestato alla bocca dello stomaco, cosa che di certo ridere non fa. Il regista Cristian Mungiu infatti era coinvolto, insieme ad altri registi, in un film a episodi comico (Racconti dell'età dell'oro, uscito due anni dopo questo) che doveva raccontare della vita degli ultimi anni del regime comunista, definiti appunto come la golden age della storia rumena, e in lui era così nata la necessità di raccontare una storia analoga in un contesto serioso. E che seriosità, ragazzi. Il film lascia addosso un'angoscia terribile, motivo per cui non me la sento di consigliarlo alle persone particolarmente sensibili, perché potrebbero rimanerne traumatizzate. Non solo per quello che sembrerebbe essere il tema principale, quello dell'aborto, ma per tutta l'aura che riveste la protagonista principale e il contesto più ampio in cui va a inserirsi ogni elemento. Come succede nelle migliori narrazioni, quello che a una prima occhiata disattenta sembra il tema cardine alla fine è solo un pretesto per raccontare un'angoscia universale, senza però perdere di vista il presupposto che porta a questa riflessione. La vera protagonista non è Gabitja, la ragazza incinta, ma la sua amica Otilia, che per lei si destreggia come solo la migliore delle amiche potrebbe fare in una Romania - o un mondo intero? - che sembra aver perso se stessa in maniera irreparabile. E' un film fatto prevalentemente di interni ma anche di esterni, tutti ritraenti una desolante solitudine in cui Otilia è costretta a muoversi. Mungiu non usa la retorica, non sfocia nel pietismo e non vuole dare la moraletta pro o contro l'aborto a nessuno. La sua è una regia fatta di piani sequenza mai virtuosi o gratuiti, non cerca perfezione scenica ma utilizza la telecamera in una maniera sporca, tremolante, quasi a far sentire la fragilità delle persone che si muovono in questo girone dantesco. Non giudica nessuno, a quello ci pensano gli occhi dei passanti e certe frasi dette e non-dette, anche involontariamente, dai comprimari. E' un film dove l'umanità tutta ne esce terribilmente sconfitta e la rassegnazione a tutto questo è evidente fin dalle prime inquadrature, perché l'aria che si respira è proprio quella: una rassegnazione che non è identificabile solo al regime di Ceausescu, ma in tutta la popolazione. Si potrebbe dividere perfettamente il film in tre atti, il primo che vede la preparazione per il tutto, dove la parola aborto non viene nemmeno pronunciata (giuro, non avessi già saputo di che parlava non lo avrei capito), la seconda dove viene spiegato ed effettuato il tutto, con tanto di dovizie tecniche, e la terza, il post, forse quella che lascia il vuoto maggiore grazie anche alla ormai rinomata scena della cena. Otilia vaga sola, riflesso della disperazione che dovrebbe essere anche dell'amica, e si scopre così specchio delle medesime angosce e paure, che le faranno vedere diversamente il mondo e anche il suo paese, ormai in totale declino, ancora più piccolo di quello che è, soppesando le affermazioni della gente e persino le stesse relazioni che ha con esse. Poi avviene il ritrovo del feto estirpato, prima censurato dalla videocamera ma poi ripreso in un agghiacciante frontale, in quella che - giustamente, ma senza spettacolarizzazione - è la scena più sconvolgente di tutto il film, quella dove si avverte il peso di tutto quello che è stato fatto e la sconfitta che da esso deriva. Una vita negata così come sembrano essere negate tutte le altre vite mostrate fino a questo punto, vite fatte da controlli serratissimi anche per prenotare camere d'albergo fatiscenti, fidanzati che non riescono a capire nulla fino in fondo, familiari che parlano a sproposito e partecipanti di matrimoni rissaioli. Resta solo l'amicizia fra le due ragazze, ormai provate da tutto quello che è successo, davanti al buio dell'inevitabile ineluttabilità. Un percorso lineare e molto tortuoso, reso ancora più spoglio da una colonna sonora assente che enfatizza maggiormente la solitudine e disperazione acquisita dei personaggi.

Un film davvero coraggioso e tosto. Non per nulla, proprio in virtù di questo suo stato d'essere, la protagonista non poteva che essere una donna.Voto: 

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