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5 donne che hanno fatto la storia dei viaggi

Creato il 08 marzo 2016 da Viaggimarilore

valigiaOggi, 8 marzo, il mio omaggio alla festa della Donna vuole essere un ricordo di alcune tra le tante viaggiatrici che hanno lasciato il segno nella storia dei viaggi. Sono donne che, spinte dalla curiosità, dall’amore per la conoscenza, dalla sete di avventura, forse, ma senza essere mai sprovvedute, hanno lasciato il segno in un ambito, quello delle esplorazioni e dei viaggi, che fino alla prima metà del 900 era totalmente appannaggio maschile. Una dimostrazione di femminismo, a loro modo, una dimostrazione di estremo adattamento alle circostanze, nel caso di una donna anche più irte di pericoli, ma sempre affrontate con estrema umiltà, mai con boria.

In cima alla lista delle mie preferite è Alexandra David-Néel. È buffo di come io ne abbia appreso l’esistenza e la storia grazie ad un… té! Un té bevuto a Parigi dedicato a questa donna esploratrice che per prima raggiunse la città proibita di Lhasa, un té fortemente speziato e forte, come il carattere di questa signora francese. Irrequieta per natura, da sempre era attratta dall’Asia più nascosta e dal Tibet, dal mondo dei monaci buddisti, dal personaggio del Dalai Lama. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per abbattere due primati: innanzitutto essere la prima donna ad affrontare un viaggio periglioso attraverso il Tibet (siamo nella prima metà del Novecento), ma soprattutto essere la prima (il primo) Occidentale a varcare la porta di Lhasa, da sempre vietata ai non buddhisti. Lo fece, nel 1924. Accompagnata da un giovane monaco tibetano che le fece da guida, la caparbia Alexandra in nessun momento del suo viaggio si lasciò scoraggiare, anche quando i viveri scarseggiavano e le condizioni meteorologiche e geografiche erano estreme con il suo scarso equipaggiamento. Del suo lungo viaggio ha lasciato testimonianza in alcuni libri. Uno di essi, “Antico Tibet nuova Cina” è sul mio comodino, in attesa di essere letto. Curiosità: è campata 100 anni: viaggiare, evidentemente, fa bene alla salute!

Una giornalista tutto pepe è Nellie Bly, giornalista statunitense la quale, a fine ‘800, incuriosita da “Il giro del mondo in 80 giorni” di Jules Verne, propose al suo capo, niente meno che Mr Pulitzer, di compiere un viaggio intorno al mondo sulle orme di Phileas Fogg, cercando di battere il suo record letterario, dando resoconto giornaliero della sua impresa. Dopo un attimo di esitazione, Pulitzer diede l’ok, l’intrepida giornalista partì e rientrò a New York dopo 72 giorni di giro intorno al mondo. Lo stesso Jules Verne la volle conoscere, anche perché quest’impresa fece non poca pubblicità al libro. La storia di Nellie Bly è raccontata molto bene in questo post del blog Viaggiare è sognare.

Amelia Aerhart è la donna che ha abbattuto le differenze tra uomo e donna nel volo. Quando nel 1920 sale per la prima volta su un aereo, è amore a prima vista. Da lì in avanti studierà volo, diventerà pilota, metterà a segno alcuni importanti record, innanzitutto perché è donna, e in secondo luogo perché li mette a segno davvero: attraversa gli Stati Uniti da costa a costa senza mai fare scalo, attraversa l’Atlantico dal Canada all’Irlanda del Nord, e infine progetta l’impresa delle imprese: compiere il giro del mondo in aeroplano. Il viaggio, pianificato a lungo, e con grossi problemi d’attuazione fin dall’inizio, le appare come una sfida tanto difficile quanto eccitante; per questo non si arrende ai primi tentativi falliti miseramente. Poi finalmente la missione parte, nel 1937, da Miami, e tocca il SudAmerica, l’Africa, l’India, l’Asia Sudorientale, la Nuova Guinea. È dopo che è ripartita da qui che, sorvolando il Pacifico, ha l’incidente fatale: rimane senza carburante, probabilmente, e non riesce a mettersi in contatto con la torre di controllo più vicina, ad Howland, per cui se ne perdono le tracce. Sulla sua scomparsa aleggia tuttora il mistero, ma la fama di cui si è ammantata questa donna, che ha osato laddove molti uomini non si erano e non si sarebbero mai spinti, rimane immortale, e lei è a tutti gli effetti un’eroina americana.

Un’altra donna che ha molto viaggiato è Agatha Christie. La scrittrice di gialli più nota di sempre fu sposata in seconde nozze con l’archeologo inglese Max Mallowan il quale dirigeva una missione archeologica in Iraq. Agatha avrebbe potuto fare come tutte le mogli del mondo: restare a Londra e scrivere periodicamente lettere al marito disperso nel deserto. Invece non si è fatta problemi ed è partita, prendendo l’Orient Express, giungendo a Istambul, poi a Damasco, fino al tell che il marito aveva deciso di scavare. Il viaggio (i viaggi, più d’uno), è faticoso, lungo, non peoprio comodo, anche se l’Orient Express è il nkn plus ultra, ma la nostra scrittrice non si perde d’animo, anzi osserva entusiasta tutto ciò che vede e annota dentro di sé alcuni elementi che potranno tornarle utili. Da buona viaggiatrice e scrittrice, ambienterà infatti alcuni suoi racconti proprio in luoghi attraversati e visitati col marito. Assassinio sull’Orient Express, per esempio, è uno di quelli. Agatha Christie ha raccontato dei suoi viaggi in “Viaggiare è il mio peccato”, vera e propria ammissione di “colpa”, se si può chiamare colpa, o debolezza la curiosità e la voglia di sapere che ci spingono a partire.

A proposito di legami con l’archeologia, la figura di Gertrude Bell mi appassiona molto. È un mix di archeologia, spionaggio, avventura, una sorta di Lawrence d’Arabia al femminile. E infatti con Lawrence d’Arabia ebbe a che fare. Per una donna di fine ‘800 viaggiare per il mondo e parlare correntemente l’arabo, il persiano e il turco, doveva essere un’idea folle, ma lei poté realizzarla perché nipote di un diplomatico in carica a Teheran. Visitando la Persia cresce in lei la passione per l’archeologia, per come poteva essere l’archeologia dei suoi tempi, fatta di grandi sterri, di grandi ritrovamenti e di romantiche rovine di città antiche (quelle che oggi una dopo l’altra cadono sotto le bombe, in Siria come in Iraq). Per la sua estrema conoscenza della topografia del territorio iracheno, derivatale dallo studio archeologico della Mesopotamia, ebbe un ruolo di rilievo durante la I Guerra Mondiale. Rimase a Baghdad fino alla sua morte. Le fu sempre riconosciuta una grande influenza politica e grazie a questo suo potere e all’estrema fiducia che in lei riponeva il re dell’Iraq Faysal, potè fondare il Museo archeologico di Baghdad, poi divenuto Museo Nazionale Iracheno.

E poi c’è lei, Angela, la mia collega. Che prende, parte da sola, e va nei posti più lontani e forse meno rassicuranti del mondo. Probabilmente non leggerà il mio post. Ma a lei va tutta la mia ammirazione, perché ha il coraggio di prendere e partire senza troppe preoccupazioni. Perché ha il coraggio di fare ciò che io (per ora) riesco solo a sognare.


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