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64. Festival di Berlino: “Triptyque” di Robert Lepage e Pedro Pires (Panorama Special)

Creato il 16 febbraio 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

triptych

Anno: 2013

Durata: 90′

Genere: Drammatico

Nazionalità: Canada

Regia: Robert Lepage/Pedro Pires

Robert Lepage, artista a 360 gradi, e Pedro Pires, attento agli aspetti psicologici nelle caratterizzazioni da effetti speciali, traducono Lipsynch, riflessioni teatrali-multimediali di Lepage sugli organi corporei quali mappe identitarie ed emotive, nel cinematografico Triptyque presentato dentro la sezione Panorama Special e premiato della Menzione Speciale del Jurado Ecuménico. Una pellicola composta e composita, nella quale tre esseri umani si intrecciano nei reciproci vissuti, attraverso il filo rosso organico, intellettuale ed emotivo del cervello. Perno da cui oscillano, sfiorandosi, unendosi e separandosi, malattia, creazione, sentimenti, legami di sangue, arte… la vita. Tre i capitoli falsamente separatori. I personaggi li attraversano nonostante la scissione formale, intrecciandosi in porzioni di vissuto, in scambi emotivi , in riflessioni individuali. Quebec: Michelle (la empatica Lise Castonguay) soffre di allucinazioni, sta per uscire dalla casa di cura dove è stata internata. Fragile, ancora oscillante tra due mondi, riprende con fatica la vita nella libreria antiquaria di seconda mano, dentro volumi rari e preziosi da trovare. Là avvertiamo la pienezza del suo mondo interiore, la sua conoscenza letteraria raffinata, la sua acuta sensibilità. La esterna con occhi spiritati ma calmi ad un giovane avventore universitario alla ricerca di un libro per la propria ricerca. Lo scambio è autentico, poche battute ma decisive per non dimenticarsi. Marie (la ipnotica Frédérike Bédard), sua sorella, passa a trovarla da Londra, insieme a Thomas (il  denso  Hans Piesbergen). Il trittico è composto. Tutti e tre legati dalla mente, in maniera differente ed ipnotica. Thomas un neurochirurgo affermato, sposato, potenzialmente circondato da sicurezze,  logorato da un affondo mentale medico e psicologico: il tremore ad una mano di cui soffre da un po’, placato falsamente dall’alcol di cui e ormai schiavo, e una insofferenza esistenziale che non vede, a cui riesce a dare identità soltanto grazie a Marie. Esplosiva ed intensa cantante jazz, ha un tumore al cervello. La sua eliminazione le comporterà la temporanea inabilita alla parola. E proprio Thomas a rivelarglielo, incontrandola per la prima volta nella veste di medico specialista. Marie, sconvolta soprattutto per  l´invasione del male nell’organo più importante per la sua vita esteriore ed interiore, la voce, si intreccerà alla vita di Thomas in un intervento chirurgico che li unirà indissolubilmente. Per lei, una inaspettata svolta fisica ed emotiva, e per noi che guardiamo una mirabile riflessione sul legame tra la sfera biologica, esistenziale, emozionale.

Triptyque ci conduce con una introspezione anche visiva di movimenti di macchina da presa che toccano lo spazio nel quale penetrano in una simbiosi con un invisibile, non solo emotivo. Insieme ad una fotografia di pari effetto, nel granuloso, pastoso, avvolgimento della realtà che imbriglia. L’arte, nella luce della pittura, si affaccia appena, sempre richiamando un immanente, un al- di -là dal quale i tre protagonisti, ciascuno nel proprio denso modo, viene attratto. Ed anche noi. Peccato che alcuni inserimenti strutturali spezzino l´atmosfera, rendendo retorico soprattutto formalmente il flusso visivo che abbiamo davanti. A cominciare dalla divisione in capitoli. Un rigore che forza emotivamente un punto di vista deliziosamente combinato nei simboli narrativi, sentimentali ed organici che Robert Lepage e Pedro Pires hanno scelto per la loro riflessione esistenziale.

Maria Cera


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