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80 anni per genocidio all’ ex dittatore Rios Montt, alleato degli Stati Uniti

Creato il 12 maggio 2013 da Informazionescorretta

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L’ex dittatore del Guatemala Efrain Rios Montt è stato considerato colpevole di genocidio e condannato a 80 anni di carcere, un fatto stabilito dalle Nazioni Unite nel 1997, ma spesso ignorato nella letteratura sul genocidio, che tende a concentrarsi soltanto su questioni come Ruanda e Bosnia. Questo perché la letteratura a riguardo è schierata ideologicamente ed ha creato nemici nella Serbia per esempio, gonfiando i numeri e dimenticando per esempio  il sostegno degli Stati Uniti a Rios Montt.

Ricordiamo l’incontro fra Reagan e Montt:

Il 5 dicembre 1982 Ronald Reagan ha incontrato il presidente del Guatemala, Efrain Rios Montt, in Honduras. E ‘stato un incontro utile per Reagan. ‘Beh, ho imparato molto’, ha detto ai giornalisti sull’ Air Force One.  ”Lui è un uomo di grande integrità personale . . . totalmente dedicato alla democrazia”.

 Il giorno dopo, uno dei plotoni d’elite del Guatemala entrarono in un villaggio nella giungla chiamato Las Dos Erres e uccisero 162 dei suoi abitanti, 67 dei quali bambini. I soldati afferrarono neonati e bambini piccoli per le gambe, li oscillarono in aria fracassandogli la testa contro il muro. I bambini più grandi e gli adulti sono stati costretti a inginocchiarsi sul bordo di un pozzo, dove un colpo di una mazza li gettò di sotto. Il plotone poi ha violentato  donne e ragazze facendo abortire quelle in gravidanza. Hanno gettato le donne in fosse seppellendone un paio vive. Le uniche tracce degli organismi che si sarebbero trovati  erano il sangue sulle pareti e placente e cordoni ombelicali sul terreno.

Questo hanno protetto gli Stati Uniti. Questa condanna è soprattutto per loro. 

AGI/Citta’ del Guatemala, 11 mag. – Jose’ Efrain Rios Montt, dittatore del Guatemala fra il marzo 1982 e l’agosto 1983, e’ stato oggi riconosciuto colpevole di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanita’, e condannato di conseguenza a ottant’anni di carcere: cinquanta per la prima imputazione e trenta per le altre due. E si trattava soltanto delle accuse relative all’uccisione, nel dipartimento nord-occidentale di Quiche’, di 1.771 civili appartenenti al gruppo indigeno dei Maya Ixil, quasi una goccia nel mare rispetto agli oltre 250.000 morti accertati durante la lunga guerra civile guatemalteca, dal 1960 al 1996, di cui segno’ la fase piu’ violenta e sanguinaria proprio il periodo in cui Rios Montt fu di fatto il padrone del Paese, prima di essere rovesciato con un golpe analogo a quello con cui aveva usurpato il potere. Si tratta di un verdetto clamoroso, accolto con grida di giubilo dalle centinaia di persone, per lo piu’ vittime sopravvissute o parenti di quelle decedute, assiepate nell’aula del Tribunal Primero A de Mayor Riesgo di Citta’ del Guatemala: mai era accaduto che a un ex capo di Stato una condanna per genocidio fosse inflitta da parte della magistratura nazionale, non soltanto in Centro America o in America Latina bensi’ nel mondo intero. “Giustizia!”, e’ stato il boato esploso all’esterno una volta appreso l’esito del processo contro l’ex politico democristiano e generale a riposo.
L’interessato ha ascoltato la lettura della sentenza a volto impassibile e, quando la presidente del collegio Jazmin Barros ha annunciato che gli sarebbero stati revocati gli arresti domiciliari e che sarebbe stato trasferito in carcere, si e’ limitato ad annuire. Poi pero’ ha subito preannunciato appello, definendo il giudizio “illegale” e liquidandolo come un mero “show politico internazionale”. Assolto invece il capo dei servizi segreti dell’epoca, Jose’ Rodriguez. La dittatura di Rios Mont fu contraddistinta da una brutale e sistematica applicazione della politica della terra bruciata: assassinii, torture, stupri, esecuzioni sommarie, sparizioni, interi villaggi saccheggiati e incendiati, il tutto per impedire che semplici contadini potessero prestare aiuto ai guerriglieri di sinistra che combattevano contro le Forze Armate regolari e i paramilitari filo-governativi degli ‘squadroni della morte’.

(AGI/EFE/REUTERS) -


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