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86° edizione degli Oscar®: Pronostici e speranze

Creato il 02 marzo 2014 da Masedomani @ma_se_domani
86OscarStatuette-©A.M.P.A.S.®

86OscarStatuette ©A.M.P.A.S.®

Ci siamo, ancora poche ore e sapremo chi vincerà l’86° edizione degli Oscar®.

Quest’anno la fibrillazione è molta per due motivi: ho visto il 98% delle pellicole che si contendono il riconoscimento, e ho i mie favoriti che, senza un miracolo, difficilmente trionferanno tra poche ore.

Ma procediamo con ordine. Ecco come mi piacerebbe si svolgesse la serata.

Partiamo da una categoria che suscita poco rumore anche se è vitale per qualsiasi film: la miglior sceneggiatura originale. La statuetta è contesa tra cinque nomi che fanno molto meno rumore dei titoli di riferimento (American Hustle, 
Blue Jasmine, 
Dallas Buyers Club,
 Her,
 Nebraska). Nonostante sia una carrellata di pellicole che mi sono piaciute, ammetto che la scenggiatura di HER sia quella più fuori dagli schemi; un uomo e una macchina, in un futuro dove tutto è possibile. Lui rimane fragile e solo, come molti di noi. Senza piagnistei, con poesia, questa storia di speranza, voglia di amore e straziante solitudine, è la più affascinante e meno prevedibile.

Il Palazzo di ghiaccio in Frozen - Il regno di ghiaccio

Il palazzo di ghiaccio in “Frozen Il Regno di Ghiaccio”

La maggior sofferenza è scegliere il miglior film d’animazione. Ho l’anima divisa (e indecisa) tra due lavori diversi e equamente eccellenti. Da un lato il magnifico cartone di Disney, nuova meravigliosa favola di Principesse e regni lontani, in grado di appassionare chiunque abbia tra i 2 e i 100 anni. Frozen è scoppiettante, magico, avventuroso e divertente. A darle filo da torcere c’è la più sgangherata famiglia della preistoria, i Croods, con il suo viaggio in un mondo che cambia. Innovativo, soprattutto nella velocità e nell’ironia portata ai massimi livelli (pare di assistere alla parodia animata di Fast ‘n Furious), questo cartone incarna il concetto di modernità.

E ora affrontiamo il vero dilemma: una manciata di film si contendono i premi più importanti.

Miglior attore non protagonista. Sino a ieri il mio voto era per l’irriconoscibile Jared Leto in Dallas Buyers Club ma Scorsese ha fatto il miracolo: Jonah Hill, che mi è sempre stato antipatico coi suoi ruoli sgangherati, in Wolf of Wall Street supera sé stesso e quando un attore riesce a prendere in contropiede il pubblico merita la vittoria. La statuetta di migliore attrice non protagonista se la giocano, invece, due donne al secondo giro (Jennifer Lawrence e Julia Roberts). Mi spiace, la giovane poco più che ventenne convince più oggi nei panni della moglie isterica in American Hustle che non lo scorso anno, mentre la Roberts azzerata da mostro-sacro-Streep, mi ha colpita molto meno.

Matthew McConaughey  in una scena di Dallas Buyers Club

Matthew McConaughey in una scena di “Dallas Buyers Club”

Miglior attore protagonista è Matthew McConaughey per Dallas Buyers Club e sfido chiunque a dire il contrario! L’attore è Ron e ci riporta nel Texas degli anni ‘80, facendoci dimenticare il sex symbol che è realmente. Una trasformazione rara e convincente non eguagliata dagli altri contendenti. Nella categoria miglior attrice protagonista esigo, invece, l’ex-aequo. Non premiare Merryl Streep è impensabile: una leggenda vivente che ne I Segreti di Osage County supera di una spanna  tutte le colleghe e non si discute. Le altre performance sono invece alla pari ma, avendo una predilezione per le donne che recitano nei film di Woody Allen, farei trionfare la Cate Blachett di Blue Jasmine.

Il Miglior film è 12 Anni Schiavo,  per il suo realismo, per la sua dolce narrazione, la fotografia che ti fa sudare e per quell’intenso e straziante grido di libertà non piagnone. Miglior regista è, invece, Alfonso Cuaron che in Gravity ha messo su una seggiola un’attrice, l’ha resa fragile ed è riuscito a far perdere il baricentro alle platee di mezzo mondo. L’ho visto coi miei occhi in due continenti… inutile mentire!

Steve McQueen al 57° BFI London Film Festival – Foto: Tim P. Whitby/Getty Images for BFI © 2013 Getty Images

Chiudo con un paragrafo dedicato a Steve McQueen, un regista abile, con un’attenzione alla realtà e all’essere umano che ti entra dentro, che sa rendere reali ambienti che non esistono più, grazie alla scelta di professionisti che plasma a seconda delle necessità. L’uomo è magnetico e le sue opere pure. Perché allora non dargli il premio come miglior regista? Perché ha fatto tre film e tutti e tre meritavano l’Oscar®. Per la statuetta alla persona, c’è tempo… McQueen è giovane

:-)

Vissia Menza


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