Magazine Opinioni

95. e all'improvviso ...

Creato il 04 aprile 2014 da Mavi
Solita routine, solito lavoro, qualche risata tra colleghi, qualche sorriso inaspettato, ma tutto più o meno "normale". Eppure, sono in macchina e guido verso casa dopo il lavoro, mi intravedo per un attimo nello specchietto retrovisore, poi mi guardo meglio e mi scopro sorridente. Sul mio viso un'espressione incontrollata, di inspiegabile serenità, gli angoli della labbra all'insù, sorrido, mi sento bene! Sì, perché alla fine, anche se ci sono aspetti del mio lavoro che cambierei volentieri, anche se non tutto va come vorrei che andasse, tra persone incontrate nel modo e nel momento sbagliato, tra fraintendimenti, tra impegni quotidiani e automatismi vari che sembrano occupare troppo del mio tempo senza dargli un senso. Tra osservazioni banali e discorsi ripetitivi, tra reazioni prevedibili e scontate, tra la noia e la rassegnazione, c'è la voglia di stare bene, c'è la consapevolezza che tutto questo l'ho voluto io, l'ho cercato io, era quel che desideravo. E allora mi crogiolo in questa condizione di benessere, in questo sorprendente stato di grazia. Con la mente brilla,  mi giro verso la macchia accanto e l'uomo che è alla guida, un cinquantenne dall'aspetto curato, mi sorride, come uno specchio che riflette la mia espressione. Appena me ne accorgo, mi rigiro con un lieve imbarazzo, ma soddisfatta per aver contagiato un po' anche lui. Qualcuno dice di me che sono un'idealista, che credo di poter cambiare il mondo, che sono uno spirito libero, che non amo vincoli, obblighi e costrizioni. Sì è vero, perché la libertà sta proprio nella possibilità di trasgredire e scegliere di non farlo, nell'avere a disposizione tante armi e non adoperarne neanche una, nell'avere un tesoro a portata di mano e non toccarlo. Io scelgo di essere libera di vivere come voglio, senza omologarmi ad alcuna categoria, senza appartenere ad alcun gruppo, fuori dalle sette dichiarate e non. Nel frattempo, l'uomo di prima mi affianca e mi sorride, forse ha frainteso le mie intenzioni, sfuggo allo sguardo e accelero. Torno a riflettere sulla mia condizione. Non so, forse sarà per via della mia natura partenopea, che si arrabbia, ma non troppo, che lascia correre, che tende sempre a vedere il bicchiere mezzo pieno, quasi come se questo mare che ci bagna, mitigasse anche i sentimenti oltre che il clima. Come se la città si fosse lentamente assuefatta ai soprusi, alle violenze, come se l'ira e la rabbia avessero lasciato il posto ad una latente rassegnazione.Sembra incredibile, ma ci si abitua anche all'infelicità. E quando ci si abitua all'infelicità, si vive in uno stato di torpore, in un’atmosfera ovattata, tutto giunge lentamente, in sordina, e non c'è più nulla che conti davvero. Più che all'infelicità, ci si abitua all'idea che non si possa manovrare un destino già scritto, che si sia impotenti difronte a certi eventi, a certi meccanismi oscuri e meschini che regolano le dinamiche della vita. Più facile fare del vittimismo che rimboccarsi le maniche e combattere. Io non ci sto. Io voglio vivere provando costantemente a migliorare la mia condizione, voglio essere felice, e lo posso essere solo se provo a cambiare quello che non va, agendo anche nell'interesse comune, con altruismo e generosità. Sono arrivata a casa, parcheggio ed esco dall'auto che un po' mi proteggeva, mi dava la giusta distanza dal resto del mondo, mi garantiva un po' di privacy. Adesso sono io, senza armatura, mi guardo attorno con occhi diversi e penso che c'è tanto da fare, bisogna impegnarsi, con coraggio e determinazione per cambiare il mondo, o comunque per vivere felici, inseguendo un sogno.  

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines