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A cosa serve la rockstar?

Creato il 06 aprile 2011 da Duffy
La rockstar serve. E’ socialmente utile.
Dite che è una cazzata?
Può essere, ma almeno vi spiego il ragionamento che mi ha portato a questa conclusione.
Perché gruppi storici come Led Zeppelin, Guns n’ Roses, Metallica, Who, Kiss sono necessari.
Lo so ,sono diversi tra loro. Ma li accomuna l’essere grandi, potenti, e con i superpoteri.
Ma dai! Ancora a pensare a ‘ste cose a trentanni? E comunque il rock è definitivamente morto, o comunque quel modo di farlo. Non ci serve il megalomane strafatto che si crede Dio e si compra la figa un tanto al chilo.Certo, le cose sono cambiate, e penso sinceramente di vivere un’epoca potenzialmente molto brillante, una specie di NeoIlluminismo. E l’arte, con la musica come sottoinsieme, deve seguire ciò che i tempi dettano.
Quindi considero molto fuori luogo vendere l’immagine di un tizio che beve, fuma e pippa smodatamente: ormai è troppo diffusa la consapevolezza su come questo stile di vita uccida più persone di quelle che rende indistruttibili, e che il tutto si riconduce a una pochezza d’intenti, autoconsapevolezza e crescita personale.
Si può essere Dio anche senza pippare.
Quello che necessita della rockstar è altro. E’ quello che ci serve del grande artista, del compositore, scultore, cineasta…No, non ci serve che sia uno stronzo lunatico, infantile e fuori dal mondo. Quello se lo può pure tenere.
Ciò che serve alla società di lui è il genio.
Come si mostra il genio? Che differenza c’è tra un’opera d’arte e uno scarabocchio? Tra una canzonetta e uno stimolatore di potenti emozioni? Tra un prodotto di ottimo artigianato e un pezzo da museo?
Mille voci, penne e menti si sono adoperate per definire i canoni entro cui riconoscere il genio, ma è troppo difficile. Sapreste voi spiegare come riuscite a riconoscere il rosso dal giallo, senza utilizzare l’ovvia formula del perché questo è rosso e quello è giallo?
Ecco: l’essere umano riconosce le cose, a volte riesce anche a spiegarle con concetti astratti, ma spesso la cosa diventa frustrante; se no non si spiegherebbe perché l’atto dello scrivere porti così spesso all’alcolismo.
Quindi l’artista non va spiegato: lo si vede. Punto.
A volte chi troppo ha vissuto in un certo ambito, tende a fraintendere, facendo passare tutto per buono, sublime, originale, arrivando a confondere la cacca con la cioccolata, ma è problema di alcuni.
La persona che in quello che fa ci mette un quid in più si vede. Colei che riesce a far si che il suo prodotto non sia solo buono, ma ben presentato, in primo piano, che nessuno glielo rubi, che riesca a trarne il maggior profitto,e che riesce a produrre non un oggetto eccezionale, ma una serie di eccezioni, è un soggetto da ammirare, studiare e seguire. Ecco perché i libri si fanno più sugli artisti che sui semplici produttori di cose.
Ognuno ha in se il genio, ma quanti bravi musicisti non sanno proporsi, darsi una meta e raggiungerla in tempo utile? Quanti superbi scrittori tengono il libro dentro al cassetto? Quanti bravi scultori si svegliano troppo tardi la mattina, per troppe mattine, dando la colpa al destino crudele?
E’ per pochi il raggiungimento dell’obiettivo, e magari il superamento in alto di esso.
Le rockstar fanno questo, aggiungendo al tutto uno stile guascone, che, nei secoli, ha accumunato la categoria dei pirati, a quella dei compositori,e quella dei poeti, facendo si che, oltre all’ammirazione, nasca il mito.
Esponendo quest’ulteriore osservazione, vi renderete conto di come la cerchia si sia ulteriormente stretta, comprendendo sempre meno persone al suo interno.
Quindi penso che sì, la musica democratica, alla portata di tutti, con mezzi raggiungibili, che permettano di esprimerci, sia un bel passo avanti. Lo è in tutti i campi dove la tecnologia è diventata proletaria.
Ma abbiamo bisogno di esempi alti, non quanto a spirito, ma quanto a mira, obiettivo e traguardo.
La rockstar non è quella con la villa. Quella è una conseguenza che, se vi andate a leggere le varie bio, non tutti si sentono di dover mettere in atto.
La rockstar è il superamento del limite, del confine che la vita, in teoria, ti aveva posto come recinto entro cui pascolare.
Non tutte le storie dei musicisti sono strappalacrime, ma molta di questa gente viene da una formazione bassa, o da esperienze provanti. Ecco perché molti ci si riconoscono: Ozzy faceva il macellaio, Pete Townshend è stato violentato da bambino, Tony Iommi ha perso alcune falangi della mano sinistra poco prima di diventare famoso, e fa il chitarrista, per chi non lo sapesse. Gente comune, spesso sofferente, che aveva trovato nel gridare, battere e smanettare il solo modo per darsi una chance.
Non tutto oro è quello che luccica, ma l’uomo ha atavicamente bisogno di esempi irraggiungibili, che siano per la sua vita come la carota per l’asino pigro.
Perché anche noi siamo pigri. Pigri come le scimmie, come il cane che non ha nulla da fare tutto il giorno e se ne va a zonzo. E’ la nostra natura. Poi c’è la parte antagonista- che potremmo definire divina solo perché è del tutto estranea alla nostra natura- che preme, spinge, e ci fa venire voglia di alzarci in piedi, di essere diversi, unici.
E quindi siamo in continuo conflitto, presi tra il bisogno di far scorrere tutto e stare quieti, e il bisogno di sfruttare tutte le nostre risorse per un progetto ambizioso, che compia la nostra vita, che ci dìa un senso.
Così torniamo agli esempi di cui sopra.
Se è vero che personaggi come Seth Godin stimoleranno la mia vita verso mete molto più positive di quelle che avrebbe potuto indurmi a sognare Johnny Rotten, è pur vero che l’energia, l’adrenalina e la spinta primordiale che mi suscita anche la sola visione di un concerto rock; di quelli maestosi, con onde di persone che battono all’unisono, non può essere sostituito da un artigiano della musica qualunque, che è bravo, ma non speciale.
La specialità ci serve, la desideriamo; dirci tutti uguali, di pari livello, equivale a non aver capito l’amara lezione del crollo del muro di Berlino: nessuno vuole essere uguale al suo vicino, al massimo può augurargli tanta fortuna, desiderare per lui tanti successi. Ma sempre diversi dai suoi.
Penso di aver sviscerato il mio punto di vista sufficientemente. Concludo con un ringraziamento, a tutti i geni di questa terra che mi fanno venir voglia di fare qualcosa d’ inimitabile prima di morire, che risvegliano in me il desiderio che, nella quotidianità, si assopisce.

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