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A cosa servono i poeti

Creato il 03 novembre 2012 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

A COSA SERVONO I POETI

Il Teatro Valle Occupato per Giuseppe Bertolucci

Il 26 ottobre 2012, il Teatro Valle di Roma ha accolto un’importante presenza: quella di Giuseppe Bertolucci. Non una commemorazione, ma un vivo omaggio arricchito di interventi e testimonianze di suoi amici e collaboratori artistici. Si respira qualcosa di strano nell’aria, si avverte nettamente questa presenza, come se il nostro amato autore, regista, poeta non avesse mai finito di esprimersi e raccontarci qualcosa di necessario, di nuovo. La persone si accomodano in sala, la maggior parte vestita in modo elegante, con un fare tranquillo e rilassato. Ignare, forse, che nel momento in cui si spalancheranno i tessuti del sipario si ritroveranno coinvolte in qualcosa di più grande di loro. Perchè, come molti artisti ci hanno insegnato, il teatro non è intrattenimento, non è svago per borghesi annoiati, ma è una scossa elettrica a 1000 volt, un coinvolgimento totale e assoluto con l’opera, la messa in scena, la voce e il corpo degli attori. Uno di questi maestri è proprio Giuseppe Bertolucci, conosciuto dalla massa come fratello minore di Bernardo e irriverente regista di Roberto Benigni nel famoso Berlinguer ti voglio bene. Non tutti sanno, però, della sua vita immersa nella poesia, educato dal padre Attilio fin da bambino ad osservare il mondo con occhi diversi, ovvero quelli di un poeta. Il suo percorso individuale sarà indirizzato, quindi, verso una continua ricerca finalizzata a una realizzazione originale e indipendente che lo porterà ad osare, a provocare, scandalizzare, a far innamorare attraverso i suoi scritti teatrali e, in seguito, ai suoi film. Giuseppe sembra aver individuato la sua missione: scoprire cosa si nasconde dietro e dentro l’essere umano, da dove nascono e si fondono delirio e bellezza, indagando freneticamente sulla verità. I suoi componimenti sono sempre feroci, violenti, imprevedibili. Le sue storie si muovono cambiando colore da un momento all’altro, così come accade nella vita “reale”, alle persone “vere”, senza obbligare chi guarda e ascolta, a un giudizio sui personaggi e le situazioni da lui create. Un approccio lontano dalle aspettative di critica e società, un lavoro che assume una connotazione giocosa, dinamica, preveggente. Nel 1977 nacque un interesse profondo per il monologo e ne scrisse uno per l’allora emergente Roberto Benigni (durante la serata è stato proiettato un frammento tratto da Televacca, poi rinominato Onda libera, collaborazione televisiva che intrapresero nel 1976/77 per rete quattro) intitolato Cioni Mario di Gaspare fu Giulia. Giuseppe amava lavorare con giovani attori ed è sempre stato  molto attento e curioso nel conoscerne di nuovi.

Nel 1983, in particolare, Giuseppe scrive per l’attrice Marina Confalone il monologo per teatro Raccionepeccui, ed è proprio questo il momento culminante della programmazione del Valle, inserito volutamente in primo piano, all’inizio della serata. Senza preavviso, ci si è ritrovati scaraventati nel mondo di un personaggio femminile assolutamente unico, misterioso, estremo. L’attrice ripropone, dopo quasi trent’anni, il monologo in versione integrale (negli anni passati massacrato dalla censura e nel 2005 vittima di improperi da parte del pubblico durante la rappresentazione) della durata di quasi un’ora, con una tecnica e una partecipazione straordinaria e impressionante. Marina Confalone è sola in scena, in piedi, senza nessun appiglio scenografico né musicale. Sì, perchè Giuseppe preferiva rappresentare le sue opere in modo che fossero nude ed essenziali, gestite completamente dall’attore. La voce e il corpo dell’attrice trasmette libertà e purezza, intrappolate da una trama crudele e, a tratti, grottesca. La narrazione non prevede un ordine prettamente logico, ma è un vortice di parole che lottano soffocando ed esplodendo man mano che il racconto ci viene incontro. Senza schemi prefissati, come accade, del resto, nella vita di tutti i giorni, quando ci imbattiamo, camminando per strada, in un uomo, una donna, un bambino che ci sorprendono con una vicenda a noi estranea, seppur divertente o sconcertante che sia.

Si rimane col fiato sospeso per tutto il tempo dell’esecuzione, fino a liberarsi nello scrosciante applauso finale dove Marina Confalone appare commossa, provata e ringrazia il pubblico per l’apprezzamento dimostrato, voltando lo sguardo al cielo come per salutare il suo amico Giuseppe.

Sale sul palco Fabrizio Gifuni, in veste di Virgilio della serata, presentando ospiti e alternando suoi ricordi riguardanti il lavoro con Bertolucci (Gifuni è stato, infatti, protagonista di ben due suoi spettacoli, ovvero L’ingegnere Gadda  va’ alla guerra e ‘Na specie de cadavere lunghissimo, quest’ultimo dedicato a Pier Paolo Pasolini). Molto toccante la conversazione con Nicola Piovani, che racconta con voce flebile ed emozionata, il suo incontro con Giuseppe in occasione della composizione delle colonne sonore per Segreti, segreti, Strana la vita e I cammelli. Ed è proprio da quest’ultimo, che il maestro Piovani ci regala un intimo arrangiamento del tema musicale contenuto nel film: si alza dalla sedia e, prima di prendere posto sullo sgabello del pianoforte, dice: “Basta con le parole, ora. Diamo spazio alla musica. Sono sicuro che da qualche parte Giuseppe ci sta vedendo ed ascoltando. Lo sento.”

Dai palchi del teatro fanno capolino Luisa Grosso (regista e collaboratrice di Giuseppe nel documentario Cinema: istruzioni per l’uso) e Lidia Ravera (giornalista e scrittrice, collaboratrice alle sceneggiature di Oggetti smarriti e Amori in corso), che si cimentano in letture di Giuseppe Bertolucci tratte dai libri Promemoria dei due Novecento, Istruzioni per un monologo e Cosedadire, contenenti pensieri, riflessioni, argomentazioni sul cinema e sulla poesia.

Il violoncellista Luca Pincini, con le sue “incursioni musicali”, tiene tesa la tensione emotiva in sala con le corde del suo strumento, accompagnando l’attrice Sonia Bergamasco (protagonista nel 2001 de L’amore probabilmente e dello spettacolo teatrale Anna Karenina-Prove aperte d’infelicità ) nella lettura di una poesia tratta dal capitolo “Una vita in versi” di Cosedadire, che si incentra sul rapporto padre-figlio. Questa splendida poesia, infatti, (Giuseppe in Ottobre) fu dedicata da Attilio Bertolucci al piccolo Giuseppe, ritratto nei suoi giorni d’infanzia.

Conclude in bellezza, Ennio Fantastichini, interprete della lettura proveniente ancora una volta dal libro Cosedadire intitolata La prima volta che ho gridato motore. La passionalità e la spiccata  comunicatività dell’attore, contribuiscono ad immedesimarsi in ogni parola, rivivendo quell’esperienza quasi in prima persona, con gioia ed entusiasmo.

Giuseppe Bertolucci, inoltre, fu l’unica persona in grado di sostituirsi, con esemplare umiltà, a Pasolini nella direzione della rivista Nuovi argomenti: adesso, chi sostituirà Giuseppe? Chi darà voce e rabbia al teatro e al cinema del futuro? A cosa servono i poeti? E i profeti?

L’unica cosa che conta è continuare a porsi delle domande, tante domande. Sarà perché, tra tutti i segni grafici che quotidianamente usiamo nella pratica della scrittura, il punto interrogativo – quel ricciolo magico che rimane sospeso nell’aria in fondo a una frase – è il più elegante e l’unico che non chiude, ma spalanca le porte dell’ignoto e della sorpresa?” . Giuseppe Bertolucci.

Giovanna Ferrigno

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Scritto da il nov 3 2012. Registrato sotto EVENTI. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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