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A proposito delle celebrazioni della grande guerra. E dell’importanza dei libri.

Creato il 31 maggio 2015 da Laotze @FrancoTorre1953

Nei giorni scorsi si è celebrato il primo centenario dell'entrata dell'Italia nella prima guerra mondiale.

A parte la singolarità di aver celebrato l'inizio di una guerra in un Paese dove non si fa altro che parlare di ripudio della guerra (in un Paese simile ci si dovrebbe aspettare la celebrazione della fine della guerra, non dell'inizio), ho notato che in tutto questo gran parlare di prima guerra mondiale non si è parlato del libro "Un anno sull'Altipiano", di Emilio Lussu (libro scritto nel 1936), né del film "Uomini contro", di Francesco Rosi (film del 1970), che a quel libro si ispirò.

Eppure si tratta di due opere che avrebbero dovuto suscitare l'interesse di chi in questo Paese parla d'informazione.

Ma, si sa, un conto è "parlare" d'informazione, un altro è "fare" informazione.

Soprattutto non ne ha parlato la Rai, vale a dire la principale fonte d'informazione pubblica di questo Paese.

Di trasmissioni televisive dedicate alla grande guerra ce ne sono state tante, ma nessuna (per quanto ne sappia) ha parlato di quello che Mario Rigoni Stern definì " il più bello dei libri sulla prima guerra mondiale ".

Strano, per chi pretende di essere considerato produttore di cultura, non cogliere la portata di libri come quello di Emilio Lussu, libri capaci di far comprendere il perché di tante cose del proprio Paese, di far riflettere su questioni importanti della vita, libri nei quali è possibile imparare quello che la scuola non insegna (come nel caso dei fatti di Bronte), libri capaci di "fare" per davvero cultura, di produrla realmente.

Come non capire, per esempio, che è proprio leggendo libri come "Un anno sull'Altipiano" che è possibile trovare risposte a tanti interrogativi sul perché di tanti comportamenti degli italiani?

Come non vedere, leggendo e riflettendo sulle parole di Emilio Lussu, che in quel che accadde nella prima guerra mondiale è possibile trovare alcune risposte al perché della distanza che gli italiani vedono tra loro e lo Stato, della profonda estraneità che molti cittadini di questo Paese sentono nei confronti delle istituzioni?

Quali sentimenti può infatti suscitare uno Stato che, consapevolmente, manda allo sbaraglio i propri soldati, che affida le loro vite a gente assolutamente incapace, impreparata, in alcuni casi da chiudere in manicomio?

Come non vedere che è in certi fatti della celebrata grande guerra che affonda le sue radici la convinzione che porta tanti italiani non solo a non sentirsi rappresentati dallo Stato (uno Stato che non sentono "loro"), ma a credere che i loro veri nemici stiano nel cuore di questo Stato, "a Roma"?

Perché questa "dimenticanza"?

Perché nascondere la propria storia?

Forse perché "Un anno sull'Altipiano" smonta la visione retorica sulla grande guerra?

Forse perché la verità spazza via, in un attimo, la retorica di cui questo Paese sembra non riuscire a fare a meno?

Come non vedere che proprio l'ostinato rifiuto della verità, la sua continua negazione, sono i principali responsabili del perché per tanto tempo in questo Paese l'idea di patria è stata messa al bando?

Come non capire che la principale funzione dei libri è quella di far circolare le idee, di veicolare la conoscenza, di consentire di approfondire le questioni, di arrivare alla verità?

Altro che la superficialità con la quale oggi si parla della lettura, altro che l'uso che oggi si fa dei libri, ridotti a banale merce da vendere (anche a peso!).

Ma quale amore per la conoscenza!

Solo un cinico interesse, ben mascherato, a vendere, a far comprare, a far consumare.

Tag: Emilio Lussu, Francesco Rosi, libri, Rigoni Stern, Un anno sull'altipiano, Uomini contro


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