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A proposito di Davis – Joel e Ethan Coen

Creato il 21 febbraio 2014 da Amalia Temperini @kealia81

Sto vivendo un processo di accumulo stress senza troppo imbarazzo. Non so se capita mai anche a voi di non capire bene quello che vi gira attorno, ma avete talmente tanta fretta, da dover andare avanti a lavorare, in maniera costante, spingendo sempre un po’ troppo a limite le cose.
Vi annuncio che sto producendo numerosi scritti per una mostra le cui informazioni saranno presto disponibili su questo link: www.mutaforma.net, ma che potete seguire anche Qui, mettendo un bel mi piace sulla sua fan di facebook.

Tornando a noi. Dopo una settimana di latitanza da queste pagine, stasera racconterò dell’ultimo film visto, dei fratelli Coen, A proposito di Davis.

Non so se ho una visione lucida della lettura che merita l’intero lavoro, quel che provo a dire è che alcuni elementi mi hanno colpito parecchio e mi convincono che devo mantenere una linea basata su determinati argomenti.

Il filo conduttore di questo progetto è composto da una trama sottile sorretta dalla descrizione di un’America degli anni ’60, quando la Beat Generation iniziava ad avere un discreto successo e i quartieri più conosciuti della città di New York erano il Greenwich Village e Upper West Side.

Chiunque abbia un po’ di dimestichezza con l’argomento sa già cosa intendo dire: aree intere in cui musica e poesia, arte e contestazione, iniziavano a unirsi in un sistema d’interazione e protesta, che si concentrerà poi, con l’avvenire politico futuro della guerra in Vietnam (1965 – 1975).

Llewyin Davis – il protagonista – ha in un’identità che prende corpo in una figura che sembra mettercela tutta per affrontare cose e situazioni, recuperare una vita di successi, persa dopo scomparsa/morte del suo compagno di avventure in musica.

In realtà, non si capiscono con facilità gli intenti della sceneggiatura. Allora viene da chiedersi se si tratta dell’elaborazione di un lutto o un tentativo di rimessa in gioco, ma anche solo una descrizione di una situazione in cui Davis è accerchiato da circostanze assurde, turbolente e/o surreali, in ogni suo aspetto.

Di fatto, il lavoro presenta una circolarità chiara: inizio e fine coincidono in un gesto che inizia con un cazzotto allo stomaco dato da un personaggio tetro, e si chiude alla stessa maniera, in una lettura comica, di ritorno alla realtà, come se tutti noi ci stessimo svegliando da un sogno durato circa due ore. Un giocare sui generi cinematografici in periodi storici non troppo lontani, che sembrano, alla fine di tutto, molto vicini al nostro presente per certe loro logiche di azione.

Mi sento di suggerirvi la visione di Pull My Daisy di Robert Frank.

Consigliato!

A proposito di Davis – Joel e Ethan Coen


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