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A quel paese il just-in-time

Da Stefanod
Ci sono le ore al lavoro, quelle in cui uno ragiona in maniera efficiente, guarda i processi aziendali e ragiona per "valore aggiunto", "massimizzazione della produttività", "gestione ottimale delle risorse". Le reminescenze del Politecnico rimandano a esami di "Ricerca Operativa", modelli matematici per trovare il cosidetto "ottimo", mentre quelle di Insead rimandano al mitico professore di POM, Process and Operations Management, che anche in coda in mensa cercava di calcolare la variazione statisctica della velocità delle code e la produttività delle cassiere.
Poi ci sono le ore a casa. Come stamattina quando entrambe le bimbe hanno chiesto di partecipare alla preparazione delle colazioni. E così va a farsi friggere ogni pensiero di processo perfetto di tazze piazzate strategicamente, stazione con pane, burro e spalmì vari e sequenza di attività fra macchina per caffé, bollitore per il te e microonde per scaldare il lattetipo sveglia di Fantozzi. Più un modo di fare le cose è inefficiente più è divertente: la lentezza con cui Sofia versa e mescola due cucchiai di zucchero e cacao fa pensare al commesso interpretato da Rowland Atkinson (Mr. Bean) in "Love Actually" come un mostro di velocità. Va a farsi friggere anche l'attenzione per il cliente: Eleonora e Sofia se ne infischiano di quale caffè io voglia davvero, loro decidono in base al colore della capsula, e se poi ce ne sono una rosa e una viola il rischio è quello di doversi bere due caffè.
L'altra sera all'IKEA abbiamo preso un divano nuovo. Le bimbe ci hanno chiestodi non montarlo io e Anette ieri sera dopo che loro erano andate a dormire, ma di farlo stasera perché vogliono partecipare al montaggio.
Tremo al pensiero :-)

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