Magazine Diario personale

A te che riposi davanti al mare.

Creato il 20 settembre 2015 da Cristiana

Quel muro lì davanti mi dà un pò fastidio. Lo avrebbe dato anche a te anche perché ti separa dal mare, un pò come accadeva al liceo.

Che gli altri non ci pensano, non possono sapere, perché il mare non ce l’hanno avuto fuori dalla porta del liceo e perciò una parete non gli è mai sembrata qualcosa che li separava dal mare. A noi sì, i muri di scuola ci separavano dal mare direttamente e i muri ci davano fastidio. Fuori c’era l’immediata libertà, l’infinito. Quanto ti piaceva Leopardi. Quanto saresti arrabbiata oggi con tutti quei muri che tentano di fermare la storia.

E’ successa una cosa buffa prima che uscissimo di casa per venirti a trovare. E’ successo che mio nonno mentre eravamo sulla porta e stavamo andando via si è seduto al pianoforte e ha suonato. Non lo avevo mai sentito suonare. Stava gobbo e suonava. Ha sfoderato dolcezza come un’esplosione improvvisa e tu che lo conosci sai che significa. E’ stato come quando ti abbiamo seppellito che immediatamente dopo averti appoggiato alla terra si è messo a piovere, si è aperto un pezzo di cielo sul mare ed è apparso un arcobaleno come se ci volesse consolare per forza. Come se ci stessi dicendo: “Ahò ma che state a fà? State a piagne per me? Ma che siete scemi?” E la tua risata a seguire e quel gesto con cui ti schermivi, la testa mezza girata dall’altra parte come chi se ne sta per andare.

Insomma è la seconda volta che succede una cosa magica, senza senso razionale e allora avevo ragione che eri un pò una maga oltre che una brava dottoressa della legge.

Tuo fratello si fa la pasta al tonno dice. Come tutti i maschi abbiamo riso noi. E’ cresciuto, non in altezza certo, era già un cristone tre anni fa. Ma ha meno capelli, la ferita che gli attraversa il cranio sembra una medaglia di altri tempi, ha qualche capello bianco che tu non gli hai visto spuntare, è un pò stempiato, non ha nemmeno 35 anni e parla di dignità dell’invecchiamento, va a lavorare passando per strade che lo predispongono, in borsa aveva un libro della tua biblioteca che racconta come un tizio intelligente decide di diventare un tizio stupido ed è proprio un libro da te. Insomma è come se avesse preso cose di te per tenerle vicino, una sorta di sensibilità fraterna che si è moltiplicata nel ricordo, nei tuoi libri e nel dolore. Un Antigone al maschile del XXI secolo (questa l’avresti adorata, confessalo).

Non sono riuscita a non piangere ogni volta che si metteva di profilo era come vederti comparire nei suoi connotati e lui mi ha detto ma come mi sono messo il mio sorriso più bello per incontrarti. E poi abbiamo riso concordando che avresti detestato Renzi e io lo so che avremmo litigato su questo, che avresti compreso alcune cose ma mai, mai ti sarebbe piaciuto: troppo privo di malinconia, troppo veloce per la tua meticolosa dedizione.

Le parole sono importanti per esempio e se passasse questa legge, che tu avresti criticato sul piano del diritto, mi diresti che non posso andare da lei e dirle: vuoi sposarmi? Perche’ questa frase anche se passa questa legge non la potrò dire e tu la pensi come lei. Non ti basterebbe la sostanza, vorresti anche la formalità da bravo avvocato. E litigheremmo sull’aspetto politico di non perdere questa occasione, non lo coglieresti faresti no no no con la testa, ma mi vorresti bene lo stesso. Lo so. Tanto di notte ti darei ragione e ti direi che pero’ dobbiamo fare un passo avanti e anche tu di notte mi daresti ragione.

Ho pianto. Ho pianto perché mi manca la tua intelligenza, anche quando sembravi un’idiota. E mi manca anche quella tua gigantesca fragilità che a volte generava fughe e arresti, le cose che io non comprendevo perché non esisteva scappare, non esisteva fermarsi. E mi facevi incazzare, disperdere pazienza, detestarti. Che idiota che ero che scambiavo la prepotenza per coraggio e lo stare fermi per ozio.

Mi manca quel viaggio di ritorno da Zurigo in cui guidavo la Panda Setteecinquanta e ti dettavo pezzi di libro che parlavano di te e tu li scrivevi sul cellulare e me li mandavi per sms, una specie di circuito chiuso letterario racchiuso tra alpi, laghi e lunghissimi trafori che ti inquietavano. Quando finisce questo Gottardo, quando finisce.

Amica mia. Mi manchi. Lei ti sarebbe piaciuta tanto e la stanza che abbiamo a Napoli sarebbe stata perfetta per venirci ogni tanto a studiare. Hai visto che bel gol ha fatto Florenzi?


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